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Tennis

Highlander Mahut, tennis all’infinito?

Da Vincenzo Martucci 01/06/2019

Nicolas il maratoneta, l’ultimo dei mohicani del servizio-volée, il papà dei sogni, è finalmente un eroe.

Il tennista che visse due volte, l’Highlander della racchetta, l’ultimo dei mohicani del servizio-volée, Nicolas Mahut, per tutti, semplicemente, Nico, è finalmente diventato profeta in patria, dopo due epiche partite al Roland Garros: ahinoi, la rimonta miracolosa contro Marco Cecchinato, semifinalista-rivelazione dodici mesi fa, e tre set secchi ed ugualmente inattesi contro il solido veterano Kohlschreiber. Ovviamente, scalando la montagna della classifica, lui, targato appena numero 252 Atp, contro il numero 19 siciliano e il numero 54 tedesco.

Nico ha 37 anni e 139 giorni, sulla terra non ha brillato mai con quel suo gioco servizio-volo d’altri tempi che ha cercato di adattare al violento corri e tira di oggi da fondo campo. Prima di Parigi non vinceva un match sul “rosso” a livello ATP dal primo turno di Madrid 2017, e approda al terzo turno dello Slam di casa appena per la terza volta in carriera (2012, 2015, 2019). Peraltro grazie a ben nove wild card – anche quest’anno -, ben tredici negli Slam. Dopo un 2019 talmente disastroso che lui riassume così: “È pazzesco questo sport, perché tre settimane fa, non ero bello per niente, ho perso al primo turno di tali a Melbourne, ho giocato Challenger, ho passato due turni a Montpellier, due a Cherbourg, zero a Nizza, tre a St Brieuc, zero anche a Bordeaux, ho rinunciato a Madrid e a Roma, non sono andato a Lione e quasi senza giocare prima di Parigi, gioco il mio miglior tennis”.

“IL MATCH DELLA MIA VITA”

Questo è uno sport dove Mahut è stato un fenomeno precoce, col suo gioco scintillante, tutto frizzi e lazzi, che lo ha portato a dominare in Francia fino ai 18 anni e a salire sul trono dell’Orange Bowl 1999 e di Wimbledon juniores 2000 a spese di Mario Ancic, protagonista assoluto contro rivali che si faranno un nome da pro, Nalbandian, Roddick, Robredo, Rochus. Invece il ragazzo di Angers non è riuscito proprio ad emergere al livello che tutti si aspettavano, si è rifugiato nel doppio e sull’erba. E, fino ai 28 anni, è rimasto praticamente nell’ombra. Ne è emerso per una sconfitta per 70-68 al quinto set, contro John Isner nel match più lungo di tutti i tempi, 183 games in tre giorni, 11 ore e 6 minuti, nel primo turno di Wimbledon 2010 che si è protratto il 23, 24 e 25 giugno. Allora si è scosso, ha vinto i primi titoli di singolare (Newport e Den Bosch 2013, il torneo olandese che poi ha replicato nel 2015 e 2016, per 4 titoli totali), ha raggiunto la classifica record di 37 nel maggio 2014, s’è guadagnato un posto d titolare in coppa Davis grazie al numero 1 del mondo di doppio, con 25 titoli e anche lo Slam alla carriera (fra il 2015 e gennaio di quest’anno si è aggiudicato tutti e quattro i Majors). Quella partita è stata così indimenticabile e importante, che ci ha scritto un libro: “Il match della mia vita”.

LA MAGIA DEL ROLAND GARROS

Nel tennis, che non pensa e gioca meccanicamente, uno come Mahut che si butta a rete con la baionetta fa saltare il banco ed accende il pubblico. Anzi, lo rende folle, come i cinquemila che, contro Cecchinato, hanno dato il battesimo al campo Simonne Mathieu. “Sono riuscito a giocare completamente libero, una cosa che uno si ripete sempre ma poi non riesce mai a fare veramente. Stavolta mi sono detto: ‘Sono le ultime cartucce, giocatele!’”. Così, s’è regalato un match da favola, in cinque set, e lo ha bissato con quello in appena tre set con Kohlschreiber: “Ho trovato la chiave giusta, l’ho attaccato continuamente. Che non è così facile, sulla terra. E poi c’è la magia del Roland Garros che permette a noi francesi di andare oltre. Quando lo guardavo alla tv, da bambino, c’era sempre la sorpresa di un giocatore di casa. Io sognavo di essere io, un giorno, quello che faceva l’impresa. Ci ho impiegato vent’anni, ma oggi ne sono estremamente fiero”.

L’ASSO NELLA MANICA

Mahut è stato anche osteggiato da gravi problemi alla schiena e quindi al suo magico servizio: “Non ho mai voluto abbandonare il singolare, anche se l’obiettivo resta il doppio all’Olimpiade di Tokyo”. Ma si è meritato comunque la wild card della Federtennis francese: “Hanno preso un rischio in tanti, dal capitano, Sebastien Grosjean, al direttore tecnico Thierry Champion, anche il presidente… Grazie, non stavo giocando bene, ero infortunato, addirittura una settimana fa mi faceva talmente male la schiena che volevo rinunciare. Sono felice di poter ricambiare tanta fiducia”. Mahut ha un asso nella manica, la famiglia, la moglie Virgine (“Ogni giorno mi diceva: ‘Rilassati, non mettere tutta questa pressione‘”), e il figlioletto Natanel di  sette anni che, coi suoi occhialetti e l’aria stranita, lo raggiunge in campo per festeggiare questi miracolosi successi.
*articolo del  30 maggio 2019 ripreso da’ SuperTennis.it
Tags: #NicolasMahut, #rolandgarros

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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