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Tennis

Ecuador-Filippine-Canada: che mix questa stella Leylah!

Da Vincenzo Martucci 02/03/2020

A 17 anni, Leylah Fernandez ha raggiunto ad Acapulco la sua prima finale WTA. La più giovane finalista canadese dal 1986 non è riuscita a centrare il titolo. Ha vinto Heather Watson, ma Leylah ha iniziato a brillare

A come Acapulco. Heather Watson risorge sul cemento dell’Abierto Mexicano Open vincendo il quarto titolo Wta dopo quattro anni, ma fa molto più scalpore la prima finale di Leylah Annie Fernandez. Perché l’ultimo prodotto della sensazionale covata di giovanissimi talenti canadesi, l’ultima figlia del sensazionale incroci di razze nella terra promessa, alta, magra e mancina, ha appena 17 anni. E’ una brillantissima e impressionante “classe 2002”. Nata a Montreal, ma di base in Florida con papà Jorge, ex calciatore ecuadoriano che le fa da capo-allenatore e l’accompagna nel tennis insieme alla sorella minore, Bianca Jolie, la ragazza alta e asciutta dai lineamenti filippini di mamma Irene (canadese ma di genitori di Manila), si muove benissimo, è veloce di braccio e, soprattutto, di testa.
Come sottolinea proprio la sua castigatrice di Acapulco, Watson, dopo l’emblematico 6-4 6-7 (8) 6-1 con cui prende per stanchezza dopo un’ulteriore maratona di due ore mezza la giovane rivale emersa dalle qualificazioni, da 190 del mondo: “La cosa che noto di più di lei è la testa sulle spalle, è molto, molto, matura per la sua età. E’ proprio la sua forza mentale a distinguerla davvero. E perciò penso che avrà una grande carriera davanti a sé e scalerà la classifica molto rapidamente se continuerà a giocare così”.
Del resto, la bimba non arriva dal nulla a questa prima finale Wta. A maggio, dopo il successo al Roland Garros juniores (senza perdere un set) aveva già dichiarato guerra al tennis: “Voglio vincere tutti i tornei dello Slam, ma il Roland Garros è molto speciale perché è il primo che ho visto alla tv, quand’avevo 5 anni, e lo vincevano Justine Henin e Rafa Nadal”. Una motivazione in più da aggiungere contro lo scetticismo dell’ambiente. “Molti dicevano che era troppo piccola per giocare sulla terra, non aveva gambe grandi e una struttura potente per sostenere scambi lunghi e duri. La buona notizia è che non li abbiamo ascoltati e l’ho incoraggiata a non rinunciare al suo sogno”, raccontava l’ennesimo papà-coach, orgoglioso del riscatto della figlia dopo il ko nella finale degli Australian Open di gennaio (contro l’altra star della categoria, la danese Clara Tauson).

Battendo Fernandez, Heather Watson è diventata la seconda giocatrice a vincere il titolo ad Acapulco e Monterrey

Del resto, la famiglia Fernandez è totalmente dedicata alla missione tennis: si è spostata da Lavalle, in Quebec, in un piccolo appartamento di Delray Beach, in Florida, la mecca el tennis, per frequentare i campi pubblici, non potendo amare lezioni private nei club alle due figlie. Come testimoniato da un documentario di Radio Canada dal titolo: “La sfida della crescita di una stella nascente del tennis con un budget limitato”. Il capitale di partenza? ”Zero, niente risparmi, niente beni di famiglia, niente proprietà, niente fondo pensione, siamo partiti dal nulla”. Tennis Canada ha contribuito al finanziamento di Leylah, nonostante il suo sviluppo al di fuori del sistema tradizionale. Ha pagato coach Dave Rineberg e i trasferimenti nei tornei.

La delusione di Leylah Fernandez durante la cerimonia di premiazione ad Acapulco

Ma Leylah e la sua famiglia si sono autofinanziati col precoce salto nel professionismo del 2019: i 4000 dollari del successo nel torneo ITF di Gatineau, i 6500 della finale in quello di Granby, e ancora e ancora. Motivando la ragazze il suo clan, e rafforzando la sua voglia di vincere: “La cosa peggiore è la sconfitta. Perché so che ci sono così tante cose che potrei migliorare per far meglio e quindi penso subito alla successiva occasione per riuscirci e non vedo l’ora di tornare là fuori, sul campo”.

Chissà che rabbia aveva Leyla dopo lo sfortunato esordio di quest’anno ad Auckland quand’ha perso nel primo turno del qualificazioni per 7-5 7-6 contro Paula Badosa. Chissà che tensione aveva agli Australian Open dov’era condannata a superare le qualificazioni, anche se poi ha trovato semaforo rosso, e ha frenato bruscamente per 6-4 6-2 contro Lauren Davis, numero 62 del mondo.

Chissà che felicità, quand’ha esordito in nazionale di Fed Cup e ha superato subito un ostacolo ben superiore, come la svizzera Belinda Bencic, 5 della classifica. Di sicuro, dopo l’impresa di Acapulco è caricatissima: promossa nelle qualificazioni con una wild card, ha superato l’australiana Cabrera, ma soprattutto la potente statunitense, Varvara Lepchenko, quindi, una volta in tabellone, ha infilato, sempre senza cedere set Stojanovic ed Hibino, ha giocato un match magistrale contro Anastasia Potapova, e in semifinale ha stoppato la corsa della 22enne wild card locale, Renata Zarazua. Per poi arrendersi per la terza volta in tre sfide alla bestia nera Watson. Con quel servizio, quella varietà di colpi, quella tenuta di scambi e, soprattuto, di testa, Leylah, “venuta dalla notte”, come dice il suo nome, brillerà molto sotto i riflettori del tennis.
*articolo ripreso da SuperTennis.tv

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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