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Tennis

Ma quanto sono dolorosi i “momenti no” di  Federer!

Da Luca Marianantoni 05/09/2018

Contro Millman, come cinque anni fa sempre agli Us Open contro Robredo, il Magnifico cede a sorpresa. riviviamo le altre strane partite di Roger perse in modo anche inspiegabile. Ma è ancora fra i primi del mondo: perché dovrebbe ritirarsi?

Non le ho mai contate – io che di solito conto tutto – le “breaking news” che hanno riguardato Roger Federer. Ci siamo talmente abituati, in questi ultimi 20 anni, che Roger è diventato uno di famiglia. E’ da così tanto tempo sulla breccia che il Federer tennista è più longevo di tutti i cani e i gatti che vivono nelle nostre case. Si dà per scontato che il suo nome sia associato sempre a momenti esaltanti, momenti di
successi, di vittorie e imprese spettacolari.
E invece l’ultima domenica notte newyorkese ci ha offerto un giocatore quasi normale, che sudava strangolato dall’afa e da una calura insopportabile, in balia prima di sè stesso e poi di un avversario, il carneade australiano John Millman, che ha fatto tutto con diligenza, senza strafare, convincendosi punto dopo punto che
l’impresa di eliminare il King Roger sarebbe stata alla sua portata.
Impresa, certo, perchè trattasi della più clamorosa e imprevidibile sconfitta di Federer nei tornei del Grande Slam. La memoria allora corre indietro nel tempo per trovarne altre simili, ma forse meno dolorose. Mi viene subito in mente, sempre a New York e sempre agli ottavi di finale, quella di 5 anni fa contro Tommy Robredo. Tre set a zero, senza se e senza ma, spento come ieri, incapace di portare la partita sul terreno a lui più congeniale.
Sempre in quel dannato 2013 si ricorda anche la batosta al secondo turno di Wimbledon contro l’ucraino Sergiy Stakhovsky: anche questo un carneade, ispirato da una giornata di grazia: primo set vinto da Federer al tie break, poi 7-6 7-5 7-6 per il suo avversario.
Altre sconfitte inspiegabili contro il nostro Andreas Seppi all’Open d’Australia del 2013. Qui però Seppi giocò una grandissima partita irridendo Federer che non era in giornata, come ieri sempre lento sulle palle anche più semplici, fuori misura nei colpi e sgraziato anche in fotografia, lui che è sempre così fotogenico e perfetto su ogni scatto e da ogni angolatura.
Sul Centre Court di Wimbledon, altre due sconfitte dolorose e impensabili alla vigilia. Una è recentissima, ed è la resa a Kevin Anderson meno di tre mesi fa (match point nel terzo, poi 13-11 al quinto per il sudafricano), l’altra è del 2011 contro Jo-Wilfried Tsonga (due set avanti Federer poi tre break di Tsonga, sempre a inizio dei restanti tre set). Due quarti di finale simili con Federer impotente a reagire alle prime difficoltà dopo aver avuto i rispettivi match saldamente in mano.
Ma ce ne sono tante altre, superfamoso, come le semifinali a Flushing Meadows contro Djokovic con match point a favore, o le batoste rimediate contro Rafa sul rosso di Parigi.
Lo sport vive di vittorie e sconfitte, e fini qui non c’è niente di male, soprattutto se uno dei due contendenti, a 37 anni suonati, è da tempo sul viale del tramonto. Federer quest’anno ha messo in cascina il suo 20esimo Slam vincendo una grande finale in Australia contro Marin Cilic. Lo svizzero ha perso in stagione solo 6 partite; 2 con match point a favore (Del Potro a Indian Wells e Anderson a Wimbledon), 2 dopo aver avuto la partita saldamente in pugno (Kokkinakis a Miami e Millman a Flushing Meadows) e 2 nettamente (Coric a Halle e Djolovic a Cincinnati).
Cosa si vuole di più da un giocatore come Federer? Perchè criticarlo, perchè gridare ai quattro venti “ritirati”? Ogni campione sceglie il modo che più preferisce per congedarsi dal suo mondo e non credo che nessuno abbia il diritto di insegnare o suggerire a Federer come farlo. Come diceva Raz Degan nella storica pubblicità: “Sono solo fatti miei”. Sono sotto fatti di Roger e di Mirka.
Bisogna partire dal presupposto che Federer può tutto. Avrebbe potuto ritirarsi come Sampras, da campione Slam in carica; poteva prendere il microfono e dire la mia carriera finisce qui lo scorso anno dopo aver battuto Nadal a Melbourne in una finale epica, o a Wimbledon 2017 o quest’anno in Australia dopo il pianto durante la premiazione.
Poteva ritirarsi a fine 2017, dopo i 6 mesi di stop per il problema al ginocchio. Sarebbe bastata una laconica conferenza stampa e dire che il problema fisico gli impediva di giocare come avrebbe voluto. Si potrebbe ritirare ora, intendo a fine anno, al termine di una stagione che comunque lo vedrà ancora tra i primi al mondo. Oppure a fine 2019 dopo l’ultimo giro di tornei.
La verità non la sa nessuno e non la sa nemmeno Federer. Il “clic”, nella sua testa, non è ancora scattato, come non era staccato tutte le volte che è stato scritto “è finito”. Fino a prova contraria, dal gennaio del 2016 ad ora, nessuno ha vinto più Slam di Roger Federer da Basilea.

Luca Marianantoni

(Foto Luigi Serra)

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Nota sull’autore: Luca Marianantoni

Una vita tra numeri, statistiche, campioni e imprese memorabili. L'amore più grande il tennis con cui ha collezionato la presenza in 53 tornei del Grande Slam a partire del Roland Garros 1989. Ha collaborato a pubblicazioni e libri di tennis.

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