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Vari

Da Tiger ad Hamilton a De Minaur-Mooh: è record dei cocktail!

Da Vincenzo Martucci 06/01/2018

La globalizzazione migliora lo sport crescendo atleti sempre più belli e bravi. Il tennis spicca con Kyrgios e Shapovalov, ma l’incrocio fra Alex e Michael è davvero straordinario

Chiamatela globalizzazione. E’ la nuova regina dello sport. Il pioniere? Ad altissimo livello, il dio del golf, Tiger Woods, figlio di Kultida (nata Punsawad), di radici thai, cinesi e danesi, ed Earl, afro americano con discendenze europee. Tanto che il Fenomeno si è sempre definito “Cablinasiatico” (Caucasico, nero, indiano americano e asiatico insieme). Mischiare la razza migliora l’altezza, la reattività, il fisico in generale. Come sbandiera al mondo il re della Formula 1 di automobilismo, il britannico Lewis Hamilton, che dai 2 ai 12 è cresciuto con la madre (inglese) e poi col padre (di Granada, Caraibi). E raffina anche la bellezza, come vediamo nel cinema, da Angiolina Jolie, frutto del delizioso cocktail indiano americano, tedesco, slovacco, e franco-canadese, all’intrigante  Cameron Diax, in parte cubana, e in parte tedesca, inglese e celtica, all’affascinante Keanu Reeves, nato in Libano, cittadino canadese, da radici cinesi hawaiane e inglesi. Rimanendo alle Hawaii, e tornando al golf, Michelle Wie non ha rispettato le enormi promesse da bambina prodigio, ma è una star del mercato giappo-coreano proprio grazie al fatto che è nata alle Hawaii da genitori coreani, che la chiamarono Wie Seong-Mi.

Anche il tennis sta sfornando nomi nuovi ed affascinanti nel nome del globalizzazione. I figli dell’immigrazione in terre lontane spiccano, soprattutto  dagli Stati Uniti all’Australia, come dicono due atleti già affermati come la statunitense Keys (papà afro-americano, mamma un po’ tedesca, un po’ irlandese) e l’australiano Nick Kyrgios (nato a Canberra, da papà Giorgos, greco, e mamma Norlaila, malese). E così il derby De Minaur-Mmoh, nei quarti di Brisbane, ha stabilito un record nella storia dei mix di etnicità dei nostri giorni. Alex l’australiano, pupillo di Llyeton Hewitt al quale somiglia per grinta, intensità e gestualità in campo, è nato a Sydney il 17 febbraio 1999, da papà spagnolo e mamma uruguaiana, a 5 anni s’è stabilito in Spagna, ad Alicante, e ha giocato sotto quel bandiera, a 13, snobbato dalla Federtennis spagnola che non sosteneva gli sforzi economici dei genitori, è tornato in Australia, che ha sposato come nuova nazione sportiva, anche se la sua residenza ufficiale resta quella iberica e la sua transizione fra i due paesi è continua. E il suo avversario, lo statunitense Michael Mmoh, chiamato così in onore al grande Jordan del basket, è nato il 10 gennaio 1998 a Riyadh, in Arabia Saudita, da papà nigeriano – Tony, già numero 105 del mondo come tennis pro che ha giocato l’Olimpiade di Seul ’88 e, emigrato in North Carolina, ha preso anche il passaporto americano – e mamma Geraldine, irlandese con anche passaporto australiano. Oggi il prospetto Usa giovane più promettente è la stella della Nick Bollettieri Academy a Bradenton, in Florida.

Un’altra stella delle NextGen, che a fine anno vanno in passerella a Milano nelle neonate Finals per under 21, è Denis Shapovalov, di bandiera canadese, che è nato a Tel Aviv, in Israele, il 15 aprile 1999 da genitori russi, mamma Tessa (ebrea) e papà Viktor (greco ortodosso), e ha residenza a Nassau, Bahamas. A Wimbledon juniores 2016, “Shapo” superò in finale De Minaur…

Vincenzo Martucci

Tags: globalizzazione, Hamilton, shapovalov, Tiger woods, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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