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Pallacanestro

Belinelli e la nazionale italiana di basket, un amore difficile che poi è sbocciato

Da Luca Chiabotti 06/09/2017

La Nazionale di basket si è qualificata agli ottavi dell'Europeo dove incontrerà da favorita la Finlandia. Molto si deve all'impatto del giocatore bolognese che, all'inizio della sua carriera Nba, aveva snobbato la maglia azzurra.

Soffrendo, alternando disastri a eroismi sportivi, momenti convincenti ad altri in cui non funziona niente, l’Italia del basket si è qualificata agli ottavi di finale dell’Europeo. Non ci sono stati grandi cambiamenti rispetto a quanto già scritto su Sportsenators alla vigilia: la nostra squadra ha dei problemi, ma è stata brava a stroncare le squadre più deboli (Israele e Ucraina), ha perso abbastanza nettamente, anche se il risultato è stato più che onorevole, con quelle più forti (Lituania) o che si sono dimostrate tali a Tel Aviv (Germania), salvando con una stoppata di Datome la vittoria sulla Georgia contro la quale eravamo a +15 a 7’11” dalla fine prima di subire un 19-3 per il sorpasso georgiano con 59” sul cronometro. Un canestro meraviglioso di Daniel Hackett, i liberi di Pietro Aradori e la stoppata finale di Gigi Datome su Shermadini ci mandano a Istanbul, dove torneremo in campo sabato, da terzi nel girone davanti a una possibilità meravigliosa: incontreremo la Finlandia invece che Slovenia o Francia, contro le quali, soprattutto la prima, non me la sarei sentita di puntare sull’Italia.

La Finlandia è una squadra meravigliosa per grinta e dedizione, ma è meno completa e meno forte fisicamente di noi (abbiamo vinto gli ultimi 7 scontri, due proprio in preparazione ad agosto, dei quali tre in competizioni ufficiali: ultima, e sola sconfitta nelle ultime 11 sfide, nel 2009 quando però eravamo già eliminati dalle qualificazioni all’Europeo). In altre parole, arriviamo agli ottavi di finale da favoriti, col peso psicologico di non poter mancare la grande occasione ma, anche, con l’oggettiva superiorità tecnica e fisica. Insomma, se non ce la facciamo sotto siamo ai quarti. E anche lì, tutto per ora indica che dovremmo affrontare la Russia invece della Serbia o della altre big europee. Se non proprio una autostrada verso la gloria, si è dischiusa davanti alla nostra squadra una superstrada nella quale l’Italia è completamente padrona del proprio destino, sempre opposta a sfide che si possono vincere per tornare in zona medaglia dopo 14 anni. Ma è meglio non sognare troppo, stare calmi e vedere quello che succederà.

Finora, di questo Europeo, la nota forse più bella quanto inattesa, per la personalità e la leadership dimostrata da un debuttante in azzurro, è Ariel Filloy, play neo campione d’Italia e passato ad Avellino, e non solo perché ha prodotto 11,6 punti in 20’ in campo, ed è il miglior realizzatore azzurro minuto per minuto, più di Marco Belinelli. La storia più curiosa è invece quella di Marco Cusin, tagliato da Ettore Messina, richiamato pochi giorni dopo alla vigilia dell’Europeo, un autentico totem difensivo che nelle statistiche, quasi, non compare nemmeno. La personalità di Filloy, la solidità di Cusin, il solito feeling con canestro di Pietro Aradori e le qualità di lottatore mostrate dal nostro minipivot Paul Biligha, fanno anche intravedere un futuro meno opaco quando, da novembre, cominceranno le qualificazioni mondiali alle quali non parteciperanno i giocatori Nba e di Eurolega. Nella speranza che Alessandro Gentile sia pronto a riprendere il suo posto e giocatori un po’ persi a questo livello, come Amedeo Della Valle o Achille Polonara, vogliano fortemente tornare protagonisti. Ma di questo, e del bilancio dell’Europeo, si parlerà più avanti, a bocce ferme.

Sarebbe stato facile innalzare cori di lode per Marco Belinelli dopo le prime due gare in cui il suo tiro da tre ha schiantato Israele e Ucraina dando la possibilità ad una squadra dubbiosa di trovare certezze. Poi sono venute serate difficili come contro la Germania, ma il discorso che voglio fare non cambia. Marco, come Andrea Bargnani, i primi due azzurri approdati alla Nba, non hanno avuto vita facile tornati in Italia. Mi accuso di aver “trattato male” Beli quando, dopo l’ottimo Mondiale del 2006, rinunciò alla Nazionale nel 2007 preferendo la summer league di Golden State o quando si presentò ad un raduno visibilmente sovrappeso (per poi infortunarsi subito…). Come certamente non sono stato tenero col Mago Bargnani quando rifiutò la convocazione nel 2006, fresco di prima scelta Nba, con l’unica preoccupazione mediatica di far passare la sua rinuncia come concordata con lo staff azzurro (e non era vero). Era molto difficile accettare che proprio nel momento in cui anche noi potevamo vantare dei giocatori Nba, ci “tradissero”, cosa che non è mai passata nella testa, se non in casi di emergenza, di meravigliosi e immortali campioni come Pau Gasol, Tony Parker, Dirk Nowitzki. Non è stato così con Danilo Gallinari, mai criticato davvero, per i numerosi infortuni (e perché Gallo è stato sempre molto più “diplomatico” dichiarando sempre che la Nazionale era la sua priorità assoluta, anche se poi non ci veniva… Beli ma soprattutto il Mago, lo sono stati molto di meno) ma anche perché i tempi sono cambiati, ci siamo tutti abituati a considerare maggiormente le esigenze dei nostri “americani” dopo un inizio di rapporti complicati che finì per minare i risultati azzurri negli ultimi anni di Carlo Recalcati.

E adesso che Marco ha annunciato che potrebbe essere il suo ultimo Europeo, guardate le presenze e le cifre, è giusto ricordare che dal 2009 in poi, dopo un 2008 in cui tutti i nostri Nba lasciarono la Nazionale in braghe di tela, non è più mancato una volta collezionando 139 partite, oltre 2000 punti, diventando il settimo realizzatore ogni epoca con il sesto, Walter Magnifico, a 10 punti davanti. E considerando la media di chi ha più di 100 presenze, Beli con 14.6 punti è dietro solo ad Antonello Riva (18.3 punti) e Andrea Bargnani (15.4), davanti perfino a Carlton Myers (14) e di pochi centesimi a Gallinari (14.3). Il nostro “traditore” ha disputato una carriera lunga e importante in azzurro, s’è sbattuto per il proprio Paese e ha soprattutto sofferto. Perché la nostra Generazione d’oro, arrivata ad avere ben 4 rappresentati nella Nba, non ha mai conquistato un traguardo importante. Ecco perché sarei doppiamente felice che ci riuscisse proprio all’ultima occasione assieme a chi ha dato sempre l’anima per l’azzurro come capitan Datome e i suoi compagni.

Luca Chiabotti

Tags: Basket, Belinelli e la nazionale italiana di basket, Pallacanestro, un amore difficile che poi è sbocciato

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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