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“Qua la mano”? Valentino gela Marquez. Non può perdere anche il numero 1 mediatico, figurarsi i suoi tifosi…. 

Da Vincenzo Martucci 07/09/2018

Rossi rifiuta l’ennesima offerta di pace dello spagnolo, alla conferenza stampa di Misano. Vuole mantenere l’aurea di superiorità almeno fuori dal campo. E quell’intervista tv di Marc lo minaccia troppo! 

Sdegnato, lo sguardo fisso nel vuoto, la mascella stretta, le braccia incrociate: il body language del re, è inequivocabile. Il “Dottore” punta i piedi, “è giocato” come si direbbe a poker, non può fare altrimenti, per ribadire ulteriormente chi comanda. Al di là dei risultati, della realtà agonistica e tecnica accertata, dell’ineluttabile passare degli anni e anche di quella espressione ancora adorante dell’allievo che ha superato il maestro. Del resto, Valentino Rossi è la dinamo di tutta la motoGP, a prescindere dal confronto con l’erede Marc Marquez. La realtà è cruda, il re è nudo. Eppure il “povero” Marquez – lasciateci passare il povero, almeno stavolta -, allevato alla scuola-Rossi, e quindi anche di sorpassi azzardati, staccate in extremis, prepotenti assalti corpo a corpo, va a Canossa, cioé a Misano, e chiede a sua maestà di stringergli la mano e di chiudere la questione come si fa fra uomini. Di più si prostra, sorride amabile e pubblicamente, davanti ai microfoni e, con lo sguardo contrito e sperante, annuncia solenne: “Voglio far pace con Rossi. Ho fatto un errore, sono stato penalizzato, sfortunatamente l’incidente è avvenuto proprio con Valentino, ma ho capito e sono andato ai box a chiedere scusa”.
    Neppure Shakespeare avrebbe potuto creare un silenzio più silenzio di quello che si è creato dopo quella frase nel teatro, attentissimo, delle MotoGP. Neppure il più famoso drammaturgo avrebbe trovato forse una risposta più raggelante, anche per i giornalisti con la scorza più dura: “Niente da chiarire”. E quindi, niente mano, niente pace, niente conclusione con l’ultima puntata – al GP di Thermas, in Argentina – dell’infinita Odissea di sgarbi e contro-sgarbi fra i due galli del pollaio.
   Valentino non si fida di Marquez, e teme questo attacco mediatico che minaccia di minare anche la premiership su telecamere e microfoni: dal suo punto di vista, stendendo quella mano non dimostrerebbe magnanimità, non ci guadagnerebbe alcunché, anzi, rischierebbe di spostare l’equilibrio decisamente dalla parte del spagnolo muovendo decisamente dall’altra parte della bilancia anche il peso della personalità. Che, per ora, è ancora a suo favore. Peggio ancora sarebbe far pace adesso, alla vigilia della gara di San Marino, dopo che il campione del mondo aveva anticipato la mossa alla tv di casa. Una mossa teatrale, “alla Rossi”. Così il Dottore si è chiuso a riccio: “Ho sentito la sua intervista, mi è sembrato un po’ strano. Non ho problemi con Marc, non ci sono motivi per i quali fare pace”. Da cui, quando un giornalista ha proposto di chiuderla lì, con una bella stretta di mano durante la conferenza stampa di prammatica, il re delle moto ha sdegnosamente confermato la sua posizione, tenendo le braccia abbracciate attorno alla tuta. Con Marquez che ha alzato bandiera bianca: “Cosa posso farci se rimane così? E’ già la seconda volta che ci provo”.
   Ora, la stretta di mano, nello sport e anche nella vita, è quanto di più puro ci sia fra due combattenti. Si compie questo gesto sempre, nel tennis, anche dopo mille piccole-grandi cattiverie, in campo, per raggiungere il risultato e battere l’avversario. Quest’atto cavalleresco non si nega persino all’arbitro più incapace e fallace, e pure al capo più pusillanime (salvo poi lavarsi subito dopo la mano e digliene di tutti i colori in separata sede). Perché in fondo, come insegnano i gladiatori del rugby e del pugilato, la tenzone, fra uomini, dovrebbe finire proprio con quel gesto, e stemperarsi definitivamente dopo una bella doccia, un dolce massaggio e una super-sbronza. Magari tutti insieme, vincitori e vinti, leccandosi le reciproche ferite.
   Peccato proprio che Valentino non abbia teso quello mano: l’immagine dei samurai motociclisti, corazzati come i guerrieri antichi, rumorosi come quelli, coi cigolii delle moto che somigliano a quelle di spade, elmi e corazze, che si stringono la mano, prima di gettarsi nella nuova battaglia di Misano, sarebbe stata sublime. Anche se avrebbe intagliato nel momento stesso del gesto l’aurea del primo condottiero, sciogliendo forse un sortilegio. O, magari, allentando quella tensione che Rossi vuole tenere altissima, davanti al suo pubblico, e che magari invece Marquez avverte molto. Come ha sottolineato nell’intervista a Tv8: “I fischi sul podio non mi piacciono, ma non mi danno fastidio”. Peccato che poi abbia commesso un paio di fatali errori tattici. Ha espresso una singolare proposta: “In pista, a 300 orari, rischiamo la vita, e a chi piacciono le moto e i sorpassi non deve interessare il colore della moto. Io, come appassionato di calcio, tifo Barcellona, ma se il Real Madrid gioca meglio lo applaudo. Sai come sarebbe bello se una volta corressimo tutti vestiti di bianco, piloti e moto, sarebbe molto curioso”. E ha anche lanciato uno slogan: “Se mi piacerebbe che un italiano chiedesse ai tifosi di smettere di fischiare? Non lo posso chiedere io. A quelli del mio fan club spiego sempre che siamo tutti piloti e uguali, ma resta sempre una gara, e poi, subito dopo, la vita continua”.
   Povero Marc, il Dottore ha spiegato che ha ascoltato ben bene le sue parole, le ha analizzate e le ha trovate “strane”. No, proprio non può cedere lo scettro della creatività mediatica. Nè oggi né mai. Perciò, niente stretta di mano, appuntamento in pista, con Valentino armato di tutti i tifosi giù agguerriti. “A’ la guerre come à la guerre”.
Tags: marquez, misano, moto gp, Rossi, stretta di mano

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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