Torna a settembre. No, non è Rock Hudson nel famoso film con Gina Lollobrigida, ma la Nazionale italiana che riprende il suo cammino, impegnata nelle qualificazioni all’Europeo itinerante del 2020. Per tradizione, in questo periodo, facciamo sempre un po’ fatica. La ripresa, per noi, non è mai facile. Si è visto a Yerevan, in Armenia, dove, in undici contro dieci, abbiamo trovato difficoltà inaudite. Ma non è di questo che vogliamo parlare, quanto della difficoltà a ricostruire un tessuto vincente di giocatori italiani. Ogni anno si ripropone il problema, sempre lo stesso. Nella formazione schierata contro l’Armenia due giocatori, come Barella e Bernardeschi non erano titolari nelle loro squadre nell’ultima partita di campionato, Lasagna, entrato nel secondo tempo, gioca nell’Udinese, non certo una squadra di vertice. Non esistono più i blocchi, come un tempo. In campo c’erano due “oriundi”, Emerson Palmieri e Jorginho. Insomma Mancini, come Ventura, deve pescare dove può, come può. Lo so, è sempre lo stesso discorso. Però bisogna farlo. I nostri club rinunciano sempre di più ai giovani, specialmente in attacco. Due dei ragazzi più promettenti, Cutrone e Kean sono finiti in Inghilterra dove faticano a trovare spazio. Ma anche in difesa abbondano gli stranieri. Qualcosa di nuovo lo vediamo a centrocampo. Già sentito tutto questo? Eh, ma lo sentirete ancora perché, malgrado le cinque vittorie su cinque di Mancini, che lanciano gli azzurri verso una comoda qualificazione, non ci stiamo tanto dall’orlo del baratro, quello da cui ci stiamo tirando faticosamente fuori dopo lo sprofondo del 2017, la sconfitta con la Svezia, l’eliminazione dal Mondiale russo.
E cioè dal fatto che anche con qualche risultato positivo, la salute del nostro calcio, il livello tecnico dei nostri giocatori non aumenta. E non aumentano i giocatori. Sono sempre gli stessi. Il tasso di proposizione di nuovi talenti del nostro campionato è bassissimo. Anche la Juventus, un tempo fedele a un blocco italiano, ha cambiato linea. Contro il Napoli gli italiani erano due su undici. Quindi, meglio meditare ora, dopo una vittoria confortante (almeno per il risultato) e ricordarci sempre che non siamo guariti. Ci stiamo solo, faticosamente, curando.
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