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Tennis

“Foki” studia da Rafa per allenare i colpi da… bum bum!

Da Vincenzo Martucci 07/11/2019

Il 20enne di Malaga ha "rubato" segreti e verità da Federer, Djokovic e Nadal ma quello che sente insieme più vicino e più lontano è proprio il mancino di Maiorca

Come il suo primo idolo, Roger Federer, ama il bel colpo, la palla corta, la soluzione di fantasia. Come il giocatore cui è stato affiancato, Boris Becker, “una leggenda”, ha soluzioni perentorie, di potenza impressionante. Come il giocatore cui si vede più vicino, come caratteristiche, Novak Djokovic, ha “un gioco più pensato, da dietro”. Ma il punto di riferimento vero di Alejandro Davidovich Fokina resta “Rafa, che vince all’80% di testa, realizzando la maggior parte delle palle decisive con una determinazione e una lucidità impressionanti, senza mai aver fretta”. Già, la fretta, l’impazienza, sono il vero limite del 20enne di Malaga di genitori russi che fa passerella alle Next Gen al Palalido di Milano coi migliori 8 under 21 del mondo. Non è un problema di pressione, è un problema di esperienza che limerà anche nella preparazione invernale, allenandosi insieme a colleghi come Marco Cecchinato: “E’ una questione soprattutto mentale, i colpi sono lì, ma devo abituarli a dosare, a gestire, devo fare  tanta esperienza contro professionisti già affermati”.

Fra un palleggio e l’altro, seduto negli spogliatoi o in qualche players lounge, “Foki” ha rubato segreti e verità da tutti i “Big 3” ma, al di là della lingua, quello che sente insieme più vicino e più lontano è proprio il mancino di Maiorca: “Tutti e due amiamo la nostra isola e tifiamo Real Madrid”. Perché il biondino che sta migliorando l’inglese, ma in realtà parla ancora molto meglio spagnolo – “Al di là dell’aspetto nordico e dei genitori sono spagnolo al 100%, mi sento spagnolo e non vedo l’ora di giocare la coppia Davis” – e russo, non si staccherebbe mai dalla sua Malaga: “Mi piacciono anche Brisbane e New York, ma è sempre lì dove voglio tornare, perché la qualità della vita è straordinaria”.

E le radici per lui sono importanti, da papà Eduard Mark, ex pugile, che gli ha messo la racchetta in mano quand’aveva due anni e mezzo a Jorge Aguirre che l’allena dagli 11. Così come le convinzioni, maturate dopo il successo a Wimbledon junior del 2017: “Adoro l’erba e quando sogno di vincere uno Slam mi vedo sempre alzare il trofeo a Wimbledon”. Anche se, dopo aver vinto due Challenger, sulla terra di Siviglia e sul cemento di Liuzhou, azzarda: “Magari, invece, succederà al Roland Garros”. Sempre che si alleni bene alla pazienza per quella superficie e che abbia la tranquillità di crescere in un momento di passaggio generazionale del tennis spagnolo: “Ci sono i veterani che pian piano stanno lasciando e ci siamo noi giovani, Carbelles, Munar ed io. Ma Rafa è sempre al vertice”.

Quand’è a casa si mette ai fornelli e cucina un ottimo cheesecake, che ha imparato da solo, da seguace del “Fai da te”. Ben protetto dalla TopSeed, la sua agenzia di management sportivo, “più una boutique, una famiglia”, come suggerisce Stefan Leiner, braccio destro di Corrado Tschaubuschnig nella multinazionale delle racchette, dagli italiani Berrettini, Sonego, Bolelli e Caruana al georgiano Basilashvili, dal russo/kazako Bublik al serbo Troicki, al redivivo ucraino Dolgopolov (dopo due interventi al polso destro), dal tedesco Struff allo spagnolo Granollers al russo Kuztnetsov al sudafricano Polmans all’altra ucraina Tsurenko. Una fotografia del tennis cosmopolita moderno, dove un figlio di russi dai capelli biondi e dall’aspetto nordico, fiero di essere spagnolo, con tanta potenza ancora da gestire guardando all’esempio Rafa, ci sta benissimo.

*articolo ripreso da SuperTennis.tv

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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