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Motori

Perché la scelta della Ferrari è caduta alla fine su Mattia Binotto

Da Vincenzo Martucci 08/01/2019

Emigrante come lo sponsor Sergio Marchionne, qualità tecniche e conoscenze di Maranello: ecco il nuovo n. 1 della scuderia che vuole e deve tornare davanti alla Mercedes.

Mattia Binotto, il nuovo Team Principal Ferrari al posto di Maurizio Arrivabene è l’uomo che il compianto Sergio Marchionne aveva messo al centro del progetto tecnico di rilancio della Ferrari già tre anni fa. Il quarantanovenne ha seguito tutta la trafila interna in Ferrari fin dal 1995, quand’è entrato a Maranello come ingegnere motorista prima alla squadra test e poi di quella corse. Dal 2004, ha accelerato: da ingegnere dei motori di gara è passato capo ingegnere corse (2007), quindi responsabile delle operazioni motore (2009), poi vice direttore motori (2013) e, a seguire, direttore motori (2014) e direttore tecnico (2016), quando sostituì James Allison con la qualifica di Chief Tchnical Officer, la figura che coordina le varie sezioni di Maranello (telaisti, aerodinamici, motoristi) e quindi ha un peso decisivo anche nello sviluppo della monoposto del 2017 e del 2018. Che hanno fallito. Evidentemente, però, non per responsabilità sue. E, comunque, con quel decisivo imprimatur del capo scomparso che doveva per forza avere un seguito.

Perché, al di là delle specifiche conoscenze tecniche dell’ingegnere meccanico, la natura dell’uomo piaceva molto all’emigrato Sergio Marchionne: nato il 3 novembre 1969, col Cavallino nel sangue, per via di nonno Gianfranco e di papà Luigi (tassista emigrato a Losanna con mamma Maria) entrambe tifosissimi delle Rosse, laureato in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Losanna nel 1994, dopo il Master a Modena in ingegneria dell’automobile, ha acquisito ed affinato grandi capacità tecniche e gestionali, arricchendole con la lunga militanza a Maranello e la conoscenza di tutte le situazioni e le persone.

Garantendosi molti meriti, sotto la gestione Jean Todt, che lo promosse responsabile motori in pista nella stagione del quinto titolo di Michel Schumacher, e poi ancora, muovendosi fra vari ruoli, diversi ma complementari, come quello di Capo Ingegnere, quindi di responsabile operativo non solo del reparto motori ma anche del Kers (Kinetic Energy Recovery System), il “Sistema di recupero dell’energia cinetica”, e poi come responsabile dell’evoluzione dell’elettronica nelle monoposto, fino ad assumere, nel dicembre 2014, la delicatissima nomina di di Chief Operating Officer per la Power Unit. Il cuore delle Ferrari.

Tutto ciò ha pesato moltissimo nelle polemiche interne sull’ultimo Mondiale 2018 Ferrari, cominciato benissimo, ma poi naufragato malamente: colpa del mezzo, come sosteneva Arrivabene, o colpa dei piloti e della gestione del team, come propendeva Binotto e, evidentemente, il povero Marchionne? “Binotto è un ragazzo timido ma molto preciso, è un grande ingegnere e ha fatto un lavoro straordinario sulla Power Unit. È l’uomo giusto”, l’aveva lanciato Marchionne. Riconoscendogli l’esperienza tecnica specifica ed avviando con lui una organizzazione “orizzontale” tesa a valorizzare gli ingegneri di seconda fascia, soprattutto italiani, a cominciare da Enrico Cardile e Corrado Iotti (promossi dalla produzione alla direzione del settore aerodinamico e dei motori di F.1, e il varo di macchine vincenti come la SF70H e la SF71H).

*articolo ripreso da agi.it
Tags: #Mattia Binotto, ferrari

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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