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Tennis

La vera sconfitta non è perdere dalla Francia di Noah, ma rinunciare ai sogni Davis…

Da Vincenzo Martucci 09/04/2018

Il web s’è scatenato contro gli azzurri, chiedendo un nuovo ct e il lancio dei giovani accanto a Fognini, ma la realtà sostiene gli attuali titolari, in attesa di risultati convincenti di chi oggi svolge un’attività non di primissimo piano. Ma sia questa rinnovata attenzione sull’Italia del tennis che l’epilogo di Spagna-Germania rilanciano la formula di Davis che il n. 1 Itf, Haggerty, vuole cambiare!

 Il weekend di coppa Davis ha ufficializzato i responsi annunciati, promuovendo le semifinali del gruppo mondiale del 14-16 settembre Francia-Spagna e Croazia-Stati Uniti. La battaglia di Valencia, coi padroni di casa che perdono il doppio contro il Carneade Tim Puetz e la spuntano solo alla quinta partita, e solo col 7-5 al quinto set di Ferrer su Kohlschreiber, dovrebbe confermare, da sola, al di là delle dichiarazione d’intenti di molti protagonisti Vip, da Lleyton Hewitt a Yannick Noah a Corrado Barazzutti, che cambiare il prossim’anno la riuscitissima formula della gara a squadre più famosa dello sport sarebbe una follia.

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Vedremo se ad agosto l’assemblea dell’Itf si opporrà ancora al presidente David Haggerty, ai dollari e alla rivoluzione della mitica competizione nata nel 1900, con tutte le gare in una sola settimana e in un’unica sede, con 16 nazioni più 2 wild card, cancellando il fattore campo, i 3 set su 5, i tre week-end stagionali dedicati alla Davis. Cambiare per cambiare sarebbe davvero un peccato. Al di là della tradizione, perché la formula attuale è sempre spettacolare. E lascia sempre strascichi sui media e nell’ambiente. Perché, a prescindere dalle classifiche, e dei risultati sul circuito Atp, esalta le sorprese, e quindi accende le speranze.
   Anche a Genova dove, le assenze dei “nuovi Moschettieri”, Tsonga, Monfils, Gasquet e Simon, il pubblico e l’ambiente si erano illusi che il n. 1 ospite, Luca Pouille, appena uscito dai “top ten” (è 11) fosse alla portata dei due singolaristi azzurri. Sorvolando sul fatto che la Francia fosse campione uscente, e schierasse altri giocatori qualificati, incluso Chardy che, dopo sei sconfitte consecutiva a Indian Wells ha appena battuto Fognini. La tesi ha preso ancor più corpo sull’onda della prima giornata, dopo il successo del beniamino di capitan Noah sul redivivo Andreas Seppi, ottenuta però solo al quinto set, dopo essersi fatto recuperare due parziali dal veterano italiano, reduce dai problemi all’anca. C’era anche l’idea, in base al favorevole confronto diretto nella storica finale degli Australian Open 2015 – prima affermazione Slam di un binomio italiano 56 anni dopo Pietrangeli-Sirola al Roland Garros del ’59 —, che Fognini e Bolelli potessero superare ancora gli specialisti Herbert e Mahut, campioni di Wimbledon 2016 e 11 della classifica mondiale. Invece, il doppio azzurro, in cattiva giornata, ma anche seriamente impegnato dagli schemi e dai oliatissimi sincronismi dei francesi, non è mai entrato in partita, facendo riemergere le solite critiche sul “body language” dei nostri giocatori quando le cose vanno male. Che, in realtà, conoscendo Fabio e Simone, non significa cattiva volontà o scarsa attitudine alla battaglia, quanto frustrazione e incapacità di esprimersi davanti al pubblico di casa, per la squadra, per la bandiera. Il web si è quindi scatenato, seguendo le cattive abitudini del calcio, contro il ct Corrado Barazzutti – poco appariscente nelle sue reazioni, a confronto col collega Noah – e contro Bolelli e Seppi, proponendo il più vivace Potito Storace sulla sedia di capitano e una rivoluzione, con tutti giovani in squadra, insieme alla chioccia Fognini. Una soluzione che non si è dissolta 24 ore dopo, quando Fabio ha perso in quattro set, nello scontro diretto contro Pouille, cedendo il terzo e decisivo punto, perché ha prevalso la tesi che “Fogna” – eroe di altri miracoli in passato –  non possa sopportare i tre giorni di gare consecutive e andrebbe risparmiato per i singolari.
   Ma dove sono le alternative? Anche “Barazza”, nella tradizionale conferenza stampa post-partite, si è detto propenso ad allargare ai giovani, così come, a Genova, ha aggregato alla squadra Matteo Berrettini, mettendo però giustamente le mani verso pericolosi salti nel vuoto di giocatori ancora acerbi che potrebbero bruciarsi all’impatto con la Coppa. Personalmente, ricordiamo benissimo l’amara esperienza eel 1990 a Vienna di Diego Nargiso, che capitan Panatta azzardò in Austria contro Skoff – avversario appena battuto in torneo dal mancino di Napoli sulla stessa superficie in terra rossa, imponendo il suo gioco brillante al solido regolarista -, vedendolo però crollare sotto un micidiale 6-0 6-0 6-2.
   I migliori under 25, Lorenzo Sonego (n. 158 Atp), Stefano Napolitano (176), Matteo Donati (262) e Gianluigi Quinzi (285), ma anche i più anziani Marco Cecchinato, Stefano Travaglia e Salvatore Caruso, svolgono principalmente un’attività di secondo livello Atp, e fanno qualche volta capolino nei primi turni degli Slam. E, senza ombra di dubbio, non hanno l’esperienza e anche la caratura tecnico-tattico-fisica di Fognini, Seppi, Bolelli e Lorenzi, che sono i legittimi titolari, i migliori a disposizione di capitan Barazzutti, soprattutto in una gara come la Davis, e al meglio di 3 set su 5. In attesa di un domani migliore.
Guarda la gallery fotografica dei tre giorni di Coppa Davis a Genova
VINCENZO MARTUCCI
vincenzomartucci57@gmail.com
(Foto francesco cardinali)
Tags: analisi, italia francia, tennis coppa davis, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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