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La testimonianza

Quanto pesa un coach? Il 4-5% del risultato, il resto lo fa solo il giocatore, da Federer a Djokovic!

Da Sport Senators 10/09/2018

Della Vida distingue fra maestro e coach ed analizza un tema molto dibattuto nella storia dello sport. L’angolo dove migliorarsi e sfogarsi o trasforma davvero l’atleta?   

La vittoria di Djokovic a New York mi fa ripensare a quanto conta in percentuale il coach per un giocatore di tennis o per un atleta in generale. E’ una domanda che tanti mi pongono e restano spiazzati perché la mia risposta è: “Molto poco ma quel poco può valere tantissimo”.
    Provo a spiegarmi e comincio con due premesse: la prima e che questa è la mia opinione il mio personalissimo cartellino, per dirla alla Tommasi, e quindi non è detto che abbia ragione, la seconda è che bisogna distinguere tra maestro e coach, che sono lavori differenti. Non è detto che un grande coach sappia insegnare ad un bambino così come non è detto che un professore universitario sappia insegnare a scrivere a un giovanissimo scolaro.
    Il maestro è quello che dà le  basi e spesso e più importante del coach perché forma e plasma il gioco e talvolta anche il carattere del ragazzino. E, se fa bene il suo lavoro, trasmette l’amore e la passione per il tennis che tanto mancano ai giovani di oggi, compresi quelli che stanno al top e che, con l’eccezione di Dominic Thiem, solitamemente, in un torneo importante, si sciolgono come neve al sole.
    Quindi, per un qualsiasi coach prendere un giocatore ben formato è un gran vantaggio. E’ vero, esistono anche quelli che sanno fare le due cose, ma oggi sono rari come gli scienziati che suonano benissimo il pianoforte: Tony Nadal ne è un esempio, come da noi lo è Massimo Di Domenico.
    Detto questo, per me il coach non conta più del 4 o 5 per cento e forse esagero. Però questo 4 o 5 per cento può valere tantissimo.
   Facciamo un esempio, per correre la finale dei 100 metri alle Olimpiadi, devi avere 10 secondi anche meno oggi nelle gambe: se quel 4 per cento ti porta a vincere le Olimpiadi la piccola percentuale conta tantissimo. Vale anche nel tennis e in tutti gli sport di squadra e individuali.
   Mourinho strilla alla stampa che il Manchester non gli compra i giocatori perché sa che senza di loro non vincerà. I meccanici della Ferrari adoravano Schumacher perché sapevano che se risparmiavano qualcosa al cambio-gomme, lui ci vinceva i GP, mentre un pilota normale no. Spoelstra, per me, è uno dei migliori coach Nba, nei momenti decisivi diceva: “Date la palla a LeBron!”. Oggi Miami gioca anche meglio. Ma arriva a stento ai play off.
Angelo Dundee è un mito ma lo sarebbe stato ugualmente se non avesse avuto Ali?
   Il giocatore è tutto, dipende tutto da lui. Certo, deve avere un angolo dove rifugiarsi, sfogarsi. E migliore è questo angolo più risultati farà: il coach può dare il consiglio giusto ma un conto è darlo a Nadal un altro a Caciottini.
    Concludo queste considerazioni molto superficiali e brevi dicendo di essere colpito di quanta enfasi ha dato la stampa alla presenza di Ljubicic accanto a Federer.
Tenete presente che nel gioco della torre tra i due butto Federer per mostrarvi quanto stimi e voglia bene ad Ivan cui affiderei mio figlio, se giocasse. Ma via, Federer ha vinto 17 Slam, dico diciassette in lettere, prima che arrivasse Ivan, quindi tanto scarso non era. Ivan ha portato quel 4 per cento in più, tutto qui. Bravissimo ma se quei consigli li dava a uno normale pochi se ne sarebbero accorti perché, pur migliorando, non avrebbe vinto quanto Roger. Lo stesso vale per Vajda con Novak Djokovic che e tornato a vincere a livello più alto, fino a riconquistare gli ultimi due Slam. Ma Marian ha seguito per un anno sua figlia, nel tennis, che forse ha raggiunto i quarti in un torneo da 15mila dollari di premi …..
    Spero renda l’idea.
Fabio della Vida
Tags: giovani, talent scout, tennis

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