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Tennis

Benvenuto Daniil la piovra, primo degnissimo re slam della next gen

Da Vincenzo Martucci 13/09/2021

La piovra è al potere. Daniil Medvedev è il primo degli ex Next Gen che conquista uno Slam, in nome dei coetanei Zverev, Tsitsipas, Rublev e Berrettini. E’ anche il primo dei ragazzi di 24-25 anni che ha fatto piangere re Nole I di Serbia, l’uomo che voleva farsi più che re, GOAT del tennis, superando i 20 Majors-record di Roger Federer e Rafa Nadal e chiudere il leggendario Grande Slam, aggiudicarsi cioé i quattro massimi trofei in un’unica stagione, sotto gli occhi di Rod Laver che c’è riuscito per ultimo, nel ’69, peraltro per la seconda volta.

La piovra, il pivot che sfiora i due metri, l’erede degli eleganti principini russi Evgeny Kafelnikov e Marat Safin che avviluppa la palla nelle sue spire e la riespelle in poco ortodosso ma sicuramente efficace, s’è enormemente migliorato tecnicamente ma, soprattutto, nelle condizioni più estreme, ha superato i propri limiti caratteriali, la sua innata impazienza, la presunzione, la voglia di strafare e il vizietto di irridere l’avversario.

Nella indimenticabile notte di New York ha dimostrato di poter eseguire al meglio e con continuità da campione servizi e colpi da fondocampo, fino ad inchiodare definitivamente le gambe di Djokovic che Berrettini e Zverev avevano stancato in un gioco di squadra da video game.

Non solo: dopo aver vinto la partita di tennis, dopo aver asfissiato il re con la battuta a mille, rischiandola seconda come fosse la prima, e con palleggi ficcanti al centro del campo per non aprigli gli angoli sui quali Novak si esalta, Medvedev ha vinto la sua battaglia contro il facinoroso e incontrollabile pubblico di New York.

Una battaglia nata due anni fa, quando la gente lo fischiava per quella sua attitudine un po’ scanzonata, un po’ distratta e un po’ strafottente, e lui, al microfono la ringraziò pubblicamente, spiegando che senza il tifo contro non sarebbe mai riuscito a superare gli ostacoli della gara, l’avversario, le proprie titubanze. E, ravvivato proprio da quel sentimento contrario, arrivò alla finale contro Nadal, che perse di un soffio.

Due anni dopo ha avvertito quell’avversione ancor più forte e cattiva e violenta e scorretta. La gente di questo torneo paga molto il suo biglietto e pretende lo spettacolo che vuole lei o, quantomeno, si vuole scegliere il vincitore. E stavolta, non s’è schierata contro Novak l’antipatico che a qualcuno non suona sempre sincero nelle sue esternazioni, ma a favore del campione che non riesce a realizzare il proprio sogno.

Perciò, dopo una partita senza storia, come ne succedono a Fushing Meadows, dopo una stagione sfibrante e due settimane di micidiale caldo-umido e un tennis sempre molto equilibrato, sull’impensabile 6-4 6-4 5-2 per il 25enne moscovita, il pubblico ha cominciato rumoreggiare scomposto e scorretto durante il servizio di Daniil.

Un servizio-mostre, senza esitazioni e senza crepe per due ore magiche. E Medvedev, fino quel punto impeccabile e sempre più padrone del campo, ha tremato, s’è scomposto, s’è irrigidito, ha avvertito anche i crampi mentre la rabbia gli saliva sopra dall’anima, e lo portava a suicidio, a due doppi falli, a concedere un primo break del 5-3, e a riaccendere le speranze degli spettatori della sua prova sublime, incluso l’impotente Djokovic. Che strappava di puro orgoglio il 4-5.
In quei momenti, in quella bolgia incontrollabile da qualsiasi arbitro o essere umano, il numero 2 del mondo, che aveva perso 5 volte su 8 contro il serbo ma l’aveva battuto tre volte su quattro nelle ultime sfide, si è comunque portato sul 40-15, ha fatto un altro doppio fallo su un altro match point, ma ha saputo superare l’ultimo, imprevedibile, ed impressionante ostacolo.

Facendo un ulteriore e decisivo passo avanti nella, sua crescita umana. ”E’ stata dura, l’unica cosa che potessi fare era concentrarmi, non so che cosa sarebbe potuto succedere sul 5-5, se sarei impazzito o chissà. Non è successo e quindi non possiamo parlarne, sapevo che dovevo ritrovare il focus dentro me stesso su quello che dovevo fare per vincere la partita”.

Del resto, se Djokovic era in fortissima, galvanizzato dalle 27 partite consecutive firmate negli Slam, fra Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open, su tre superfici differenti, e caricato dalla sfida con la storia, Medvedev, campione al Masters 1000 di Toronto, s’era aggiudicato 15 delle ultime 16 partite, e ha ribadito la sua superiorità dal 2018 sull’amato cemento con 12 titoli in 17 finali, con 147 match vinti.

E’ cresciuto tantissimo al servizio, come testimonia il 100% sulle prime e i soli tre punti persi nei cinque turni di battuta del primo set, con 8 ace, numeri coi quali ha dato una impronta decisiva al match. Ha messo giù proiettili micidiali anche con la seconda, tanto che alla fine il numero 2 del mondo è andato pari col numero 1 nelle statistiche con la prima di servizio ottenendo l’80% di punti, ma l’ha nettamente superato con la seconda: il 58% contro il 40% dei punti.

Soprattutto, Danill il geniale che ha preparato anche questa indimenticabile partita come se giocasse con gli amatissimi scacchi, è stato capace di eseguire al meglio il suo piano per un lungo periodo di tempo, resistendo alla situazione esterna, alla tensione per l’enorme premio sul piatto della bilancia – per lui e per l’avversario – e ha saputo resistere alla violenta e ingiusta intromissione del pubblico.

Ma è anche rimasto se stesso e ha festeggiato come nel suo gioco preferito FIFA, con “il pesce morto”, steso in terra, con la lingua di fuori: “Solo le leggende possono capirlo, sono felice di essermi reso leggendario”.

Ci ha pensato nella sua comprensibilissima notte insonne della vigilia, quando pensava a come avrebbe mai potuto festeggiare se avesse vinto la finale e ha architettato questa sceneggiata. Così come aveva pensato di fare un regalo alla moglie per l’anniversario di matrimonio del 12 settembre, non aveva trovato niente e le ha dedicato il trionfo Slam. Che permette di accompagnarsi preso con altri, soprattutto sui campi duri. Anche se magari, sulla quinta Avenue, coi 2.5 milioni di dollari di primo premio, potrà aggiungerci un’attenzione ancor più tangibile.

Insieme al souvenir del video della partita che forse manderà a Marat Safin, uno dei suoi idoli, moscovita come lui, che, nel 2000, a New York, fece uno scherzetto simile a uno degli idoli di casa, Pete Sampras, con un 6-4 6-3 6-3 che somiglia molto al 6-4 6-4 6-4 che Medvedev ha rifilato a Djokovic. Sempre in una finale-sprint dagli uno-due micidiali, servizi al fulmicotone e primi colpi dello scambio violenti e perentori. Alla russa: o la va o la spacca.

Vincenzo Martucci (tratto da supertennis.tv)

Tags: Benvenuto Daniil la piovra, primo degnissimo re slam della next gen

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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