Giorgio Di Centa, campione olimpico a Torino 2006 nella leggendaria 50 km e in staffetta, ha annunciato il ritiro dalle gare a quasi 45 anni. Una carriera vissuta prima a inseguire la sorella mito Manuela e da potagonista assoluto dello sci di fondo mondiale con la semplicità di sempre tipica delle gente di montagna.
Qual è l’esempio più grande che ti ha dato tua sorella Manuela? “E’ stata indispensabile per la mia formazione di uomo, di atleta e di campione. Mi ha aiutato a capire i meccanismi dello sci di fondo, a perseverare continuamente nella ricerca del miglior risultato possibile, a credere nel lavoro, nella dedizione e in tutto quello che ho fattto da atleta negli ultimi 35-40 anni della mia vita”.
Quali sono le difficoltà e la bellezza di una disciplina come lo sci di fondo? “Il difficile è tutto ciò che ruota intorno ai materiali. E’ un po’ come un pilota di Formula 1 o un ciclista. Se non hai il mezzo che ti supporta, puoi fare gli sforzi che vuoi, ma non arrivi da nessuna parte. Lo sci deve essere il più scorrevole possibile. Personalmente però la difficoltà più grande che ho avuto è stata convivere con l’asma. Ho sempre sofferto, e soffro tutt’ora, di asma allergica, per fortuna non da sforzo. Mi devo curare sempre e nel mio caso fare sport, anche ad alti livelli, mi ha aiutato a stare meglio. La bellezza di questo sport è invece la natura che lo circonda”.
Quali sono stati i momenti indimenticabili che vedi passare davanti ai tuoi occhi quando vai a letto la sera? “L’argento vinto con la staffetta ai Giochi di Salt Lake City mi ha realizzato in pieno. E’ stato l’attimo che mi ha fatto sentire parte di questo sport. Solo in quel preciso momento ho realizzato di essere un atleta in grado di competere per traguardi sempre più grandi. Le medaglie, anche quelle vinte ai Mondiali, servono per darti quella sicurezza che ti permette di andare avanti. L’apice di tutto però è stato il successo nella 50 km a Torino. Sognavo quell’oro e nei giorni che precedevano la gara continuavo a ripetermi che dovevo stare calmo, che dovevo arrivare preparato, ma soprattutto tranquillo. Però il momento più importante, che è all’origine di tutto quello che ho fatto come atleta, è stato quando a 17 anni sono entrato nel gruppo sportivo dell’Arma dei Carabinieri. La sicurezza di avere uno stipendio garantito, mi ha consentito di concentrarmi sullo sport e su quello che era il mio sogno”.
Qual è il tuo futuro, quello dello sci di fondo e dei giovani che sognano di diventare Giorgio Di Centa? “Potevo tranquillamente rimanere in ufficio, dietro una scrivania a fare il mio lavoro, invece ho deciso di fare il tecnico dei materiali per il centro sportivo dell’Arma dei Carabinieri. Il futuro dello sci di fondo è buio. Oggi i ragazzi hanno tante possibilità e una vasta gamma di scelta. Ma i soldi che girano in questo mondo sono pochi. E se non si aiutano le famiglie dei ragazzi che cercano di diventare dei campioni, questi non nasceranno. Credo che alla base di tutto ci sia il reclutamento. Nel mio gruppo sportivo una volta gli arruolamente avvenivano dai 17 anni in su, adesso viene fatto solo per chi dimostra di andare fortissimo. Credo sia sbagliato; bisognerebbe allargare il bacino d’utenza, rastrellare bene, reclutare tante giovani promesse, aiutare le loro famiglie con sostegni economici. Poi se non diventano dei campioni, saranno pur sempre uomini migliori. Ecco quello che mi piace fare la mattina quando mi alzo è incontrare i giovani e dagli consigli su come crescere e come cercare la strada giusta per diventare dei campioni dello sport”.
Giorgio Di Centa: “Il futuro? Reclutare i giovani e aiutare le famiglie”
Il campione Olimpico di Torino 2006 si rimette in gioco. Da tecnico dei materiali, aiuta e consiglia le giovani promesse del gruppo sportivo dell'Arma dei Carabinieri.