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Calcio

Da genovese (di anagrafe e residenza) e genoano (di sofferenza e appartenenza), molto devo al mio Genoa!

Da Marco Pastonesi 15/09/2018

Il Genoa sta al calcio (1893) come Cristoforo Colombo (un genovese) sta all’America (1492): una scoperta, una rivelazione, una rivoluzione. La festa del 7 settembre rinviata per lutto dopo il crollo del ponte Morandi..

Genova. E il Genoa. Domenica 16 settembre, alle 15, nello stadio Luigi Ferraris (un genoano), Genoa-Bologna. Quarta giornata di campionato di Serie A, calcio, terza partita per il Genoa, e festa di compleanno, 125 anni compiuti il 7 settembre (il rinvio per lutto dopo il crollo del ponte Morandi), con una maglia speciale per celebrare l’occasione, per ricordare la storia, per ribadire il senso del club rossoblù, nel senso del Grifone.
    In Italia il Genoa sta al calcio (1893) come Cristoforo Colombo (un genovese) sta all’America (1492). Una scoperta, una rivelazione, una rivoluzione. Un nuovo mondo, un mondo nuovo, rotondo, planetario. Anche una mappa, anche una grammatica, anche una scienza. E un segno, un simbolo, un codice di appartenenza. Chi per nascita, chi per scelta, chi per eredità familiare, chi per testimonianza diretta. Con il Genoa, è successo più per nascita che per scelta, a meno che a scegliere siano masochisti, calvinisti, ascetici, fachiri, gente irresistibilmente attratta dalla sofferenza.
    Data la sua veneranda età, il Genoa ha collezionato una lunga serie di primati, alcuni sociali (la prima squadra ad avere istituito il settore giovanile, sotto i 16 anni, nel 1902), altri turistici (la prima squadra ad avere organizzato trasferte per i propri sostenitori in pullman, nel 1906 a Milano per una soffertissima Genoa-Juventus 0-2, e in nave, per un viaggio non indimenticabile da Genova a Savona nel 1922), altri ancora sportivi (la prima squadra ad avere vinto lo scudetto nel 1898, ma anche la Coppa delle Alpi nel 1962), sempre con una vocazione internazionale forse per la sua natura marinara e mercantile (la prima squadra ad assumere un allenatore professionista, l’inglese William Garbutt nel 1912, e un giocatore professionista, l’inglese John Grant).
    Il Genoa ha regalato anche imprese al di là dell’immaginazione, della fantasia, perfino della fede: i tre gol di Gennaro Ruotolo segnati a Wembley (finale del Torneo anglo-italiano nel 1996, nel 5-2 al non blasonatissimo Port Vale) sembrarono fin troppo, fin troppi, tant’è vero che poco tempo dopo il grandioso stadio londinese fu abbattuto e ricostruito.
Centoventicinque anni sono un’enormità, ed è bello ritrovarsi, rivedersi, riconoscersi in nomi e cognomi, in giorni e stadi, anche in rimpianti e mugugni. Tutto ha un significato, un valore, una memoria: il ginocchio disastrato di Duccio Mascheroni e il guizzo anarchico di Nippo Nappi, la coppia di terzini Panara e Vanara e il portiere Emmerich Tarabocchia, “Freccia” (l’ala Giovanni Bolzoni) e “Trattore” (il centrocampista Carlo Odorizzi), “Ruspa” (il difensore Claudio Testoni) e i “lenti a contatto” (Collovati e Signorini), nonché un ricco elenco di bidoni.
    Modestamente, da genovese (di anagrafe e residenza) e genoano (di sofferenza e appartenenza), molto devo al mio antico club, e non mi riferisco soltanto a quell’elettrocardiogramma sotto sforzo cui volontariamente e inevitabilmente mi sottopongo, più o meno una volta la settimana, via radio o via tv, via stadio o via col vento. Devo attacchi gastrointestinali e difese autoimmunitarie, ferite gestionali e cicatrici sentimentali, adozioni a distanza e compromessi di circostanza, ma anche la straordinaria capacità di saper trasformare una piccola gioia in una eterna soddisfazione, e comunque essere riuscito a irrobustire  e allo stesso tempo elasticizzare il mio carattere. Brutto, sempre, per carità. Ma estremamente, definitivamente, orgogliosamente rossoblù. Anche miracolosamente rossoblù. Per esempio: il bisillabo Piatek – chi lo avrebbe mai detto?, suona come un detersivo da discount – ha il dono di regalarci il sorriso.
Marco Pastonesi
Tags: emozioni, genoa calcio, ricordi

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Nota sull’autore: Marco Pastonesi

Genovese, ha seguito 15 Giri d'Italia, 10 Tour de France, 4 Coppe del mondo e 18 Sei Nazioni di rugby. Ha scritto, fra l’altro: Pantani era un dio, L'Uragano nero, Gli angeli di Coppi e I diavoli di Bartali, Ovalia - il dizionario erotico del rugby.

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