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Tennis

Ma quali sono i segreti di Federer il Magnifico?

Da Vincenzo Martucci 18/07/2017

Proviamo ad elencarli insieme, ci mettiamo anche la moglie, Mirka, ma non al primo posto. E se ce ne siamo dimenticato qualcuno, ditecelo….

Come si fa a quasi 36 anni a rivincere Wimbledon a cinque anni dall’ultimo urrà (e a quattordici dal primo), a firmare nuovi record (ottavo titolo ai Championships, il primo senza perdere set, diciannovesimo Slam), a sbaragliare la concorrenza di atleti sempre più alti, forti e giovani? Come si fa a trovare ancora motivazioni per l’allenamento con 300 milioni di dollari in tasca? Come si fa a governare ancora il proprio sport e ad essere una superstar capace di catalizzare l’attenzione del mondo intero? Quali sono i segreti di Roger Federer, il campione che va oltre una classifica mondiale, anche se è stuzzicato dall’idea “di tornare numero 1 per almeno una settimana”? Proviamo ad elencarli.

  1. E’ un fenomeno naturale. Colpo d’occhio straordinario, piedi dolci e forti che garantiscono velocità ed equilibrio sempre e comunque, fisico elastico e resistente, metabolismo invidiabile, salute di ferro sono qualità straordinarie per un tennista, come per qualsiasi atleta, qualità che non s’insegnano, le regala Qualcuno, alla nascita. Ma, facendo una vita regolare, senza eccessi, Roger ha preservato i preziosi regali di Madre natura, esaltandoli nel tempo e schiaffandoli in faccia ad altri grandi talenti, però dissipati, delle racchette.
  2. L’educazione, la coscienza dei valori umani, a cominciare dal senso della famiglia, l’amore e l’orgoglio per quello che fai gliel’hanno inculcata i genitori: una madre forte, la sudafricana Lynette, e un papà dolce, lo svizzero Robert, due persone per bene, istruite, lavoratrici, semplici e concrete, della media borghesia, serie, amanti del bello (come l’Italia) e del tennis, inteso come gioco e anche come tradizione. Che, però, quando il giovanissimo Roger dava in escandescenze in campo, sparivano dalla circolazione, vergognandosi di lui, e disertavano le sue partite. Era un modo per allevarlo all’umiltà, al rispetto del prossimo: “Quand’ho battuto per la prima volta Pete (Sampras) non pensavo di vincere tanto a Wimbledon, magari una volta, sì, ma così tanto…. Se ce la fai è perché hai uno scopo preciso, hai davvero tanto talento e genitori ed allenatori che ti spingono da quando hai tre anni e ti seguono come un progetto. Io non ero un bambino così, ero un normale ragazzo di Basilea, che sperava di fare un carriera sul Tour dei tennisti professionisti. Ringrazio i miei genitori che mi hanno sempre tenuto coi piedi per terra, e mi hanno fatto la persona che sono ancora oggi. Amo sempre tantissimo il tennis, e per questo amo anche viaggiare, allenarmi, tutto quello che è legato al gioco”.
  3. La squadra. Le batoste da junior e nei primi anni da pro, quell’atteggiamento un po’ guascone comune a molti campioni dal braccio d’oro, le delusioni contro avversari più tattici (Nalbandian) e più preparati fisicamente ed agonisticamente (Hewitt), l’attesa dell’esplosione, insomma, l’hanno aiutato a crescere, senza illuderlo a livello più alto. “Il talento da solo non ti porta molto lontano. Occorre anche tanto lavoro”. Rafa Nadal è maturato molto prima e, “di testa” e di tattica, resta comunque più forte. Roger è andato per gradi, allargando via via anche lo staff, a cominciare dall’insostituibile Pierre Paganini, il mago della “macchina”. Passando per gli allenatori più disparati, da Seppli Kacovsky a Peter Carter, da Peter Lundgren a Tony Roche, da José Higueras a Paul Annacone, da Stefan Edberg a Ivan Ljubicic. Con la immancabile, presenza di Severin Luhti, amico, palleggiatore, capitano di Davis, angelo custode. Gente diversa, capace di apportargli sempre qualcosa di positivo. Gente per bene, corretta, come il manager Tony Godsick (il marito della collega tennista Mary Jo Fernandez), che Roger ha strappato all’Img per creare una compagnia insieme, Team8, con clienti Del Potro e Dimitrov. Gente che non ha mai sparlato, mai svelato scandali, mai raccontato chissà che. Gente Federer.
  4. Il desiderio di migliorarsi continuamente. A quasi 36 anni, Roger riesce ad essere ancora estremamente moderno. Non vince col servizio-volée alla Gilles Muller, non vince perché è il più bravo nel palleggio da fondo, ma perché è il più completo, con un bagaglio tecnico che sembra un coltellino svizzero, dalle mille opzioni, dall’apriscatole al cacciavite, dal coltello al punteruolo. “Al mio primo Wimbledon, andavo continuamente a rete, poi ho vinto tanto da fondo, adesso mischio molto, mi adeguo alla situazione”. Così serve agli avversari un cocktail talmente inebriante, e sempre nuovo, da produrre effetti devastanti. Scardinando, di là del nette, persino le certezze Rafa Nadal che mai aveva incocciato contro un tanto solido rovescio in top del nemico-amico numero 1. L’ultima arma che quel cervello fino di coach Ljubicic ha aggiunto al super servizio-dritto e al già formidabile arsenale del Magnifico. “Molto è cambiato con la nuova racchetta che ho adottato nel 2013 e mi dà altre possibilità, molto ho cambiato e cambio anche in corsa”.
  5. La continuità. “Da ragazzo sognavo sempre in grande, ho creduto in cose che altri non avrebbero mai pensato possibili. E questo mi ha aiutato. Perché se davvero vuoi raggiungere un obiettivo, se insisti, alla fine le raggiungi”. Volersi misurare coi grandi non è sinonimo di presunzione: “Penso che l’autentica chiave del mio successo sia la continuità di rendimento ad alto livello. Sono sempre stato un giocatore d’alti livelli, ho sempre giocato al meglio sui campi più grandi. A essere onesto, io soffro sul campo 18, non so perché, ma non sento che colpisco la palla così bene come sul Centre Court. E questa è sempre stata una bella cosa, mi è stata utile giocando contro i più forti, nei match più importanti”.
  6. La moglie. Mira Vavrinec, l’ex tennista professionista slovacca che si è fidanzata con Roger all’Olimpiade di Sydney 2000, l’ha sposato e ha avuto da lui due coppie di gemelli, due femmine e due maschi, ci scuserà se non l’abbiamo messa al primo posto nella scala dei segreti del Magnifico. “Mia moglie è totalmente d’accordo che io giochi ancora, è la mia tifosa numero 1, è fantastica”. Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, d’accordo, ma nel suo caso, ci sono elementi secondo noi più importanti. Comunque, proprio come la signora Murray, pubblicamente elogiata da Novak Djokovic dopo l’epilogo del Masters di Londra 2016 che ha segnato il sorpasso di Andy su Nole al numero 1 del mondo, per un atleta professionista è sicuramente auspicabile avere accanto una collega. O almeno un’altra atleta, che capisca davvero i propri problemi. Mirka sgrava Roger di tutte le preoccupazioni extra tennistiche e gli consente di esaltare la sua arte? Viva Mirka.
  7. Il primo infortunio. La scivolata casalinga a Melbourne, mentre faceva il bagnetto alle gemelline e il conseguente intervento chirurgico al ginocchio hanno costretto Federer a un rientro affrettato, a sforzi insoliti e quindi al primo forzato stop delle gare della carriera: sei mesi – inclusa l’Olimpiade di Rio -, all’indomani delle amare semifinali di Wimbledon perse contro Raonic (del quale si è “vendicato” quest’anno). Roger, come tutti gli atleti, giocherebbe sempre, e comunque: “Il problema quando non giochi è che proteggi la salute, ma non hai riscontri agonistici reali: la pressione, i nervi lo stomaco che ti si stringe, come accade solo per i match, anche se ti alleni da morire. Solo in partita capisci come reagisce il fisico. Per cui devi trovare un giusto equilibrio fra allenamento, partite e vacanze”. Lo stop forzato gli ha insegnato a fermarsi anche per ricaricare le batterie e preservare il fisico. E questo, dopo il trittico miracoloso d’inizio stagione al rientro, Melbourne-Indian Wells-Miami, gli ha dato la forza di saltare tutti i tornei sulla terra battuta, puntando grosso su Wimbledon. “Sono state decisioni dure, non avevo la certezza che avrei vinto il torneo, ma ora so che ho fatto bene. Anzi, ora che gioco un po’ di meno e mi prendo più tempo prima di tornare ai tornei, mi sembra di giocare part-time, e ne ricavo una gran bella sensazione. La prima cosa è la salute, se sono al 100%, riesco ad essere concentrato sempre, coma a Wimbledon. Che è stato il fattore più importante”.

Vincenzo Martucci (Foto by Ray Giubilo)

Tags: Ma quali sono i segreti di Federer il Magnifico?, tennis, Wimbledon

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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