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Calcio

Dybala non è il nuovo Messi, che è un gigante dai piedi d’argilla. Camp Nou, giudica tu!

Da Claudio Gregori 19/04/2017

La Joya contro la Pulga: sono simili, sono tutti e due argentini, mancini, amano partire dalla fascia destra e hanno l’arte del gol: che esame per gli assi di Barcellona e Juventus

Dybala, dopo i due gol nel match d’andata Juventus-Barcellona, è stato definito “il nuovo Messi”. Una definizione, che è uno sproposito se si analizza l’aritmetica della carriera dei due giocatori. 

Messi, infatti, è il goleador più prolifico della storia del Barcellona: il 16 marzo 2014 ha superato il mitico Paulino Alcàntara, un filippino naturalizzato spagnolo, che, agli inizi del Novecento, era arrivato a 369 gol. È anche il miglior uomo-gol dell’Argentina (58 reti), avendo superato Batistuta (54) e, naturalmente, anche Maradona (34). Ha già vinto quattro Champions League. Dybala, invece, è un talento che sboccia. Con la maglia della nazionale non ha mai segnato in sei partite.

Il Camp Nou sarà la prova della verità. La Joya, Il Gioiello, contro La Pulga, La Pulce. I due sono simili. Entrambi sono argentini, ma hanno un filo di sangue italiano nelle vene. Sono mancini e amano partire dalla fascia destra. La loro arte è il gol. Solo che Messi ne ha segnati dieci volte di più.

Messi, però, non è quel dio invincibile che qualcuno ha descritto. Non è “il più forte giocatore della storia”. Lo hanno premiato cinque volte col Pallone d’oro, ma questo, oltre a documentare la sua forza, è anche la prova della povertà di fantasia e di analisi di quei giurati. Ci sono giocatori che hanno fatto la storia e quel premio non l’hanno mai avuto. Uno è davanti a noi: Buffon.

Messi è un gigante dai piedi d’argilla. Non è un trascinatore come Pelè, Di Stefano, Maradona, Meazza o Puskas. Troppe volte ha tremato nei momenti che contano. Non ha saputo portare l’Argentina al titolo mondiale e aveva compagni certamente più forti di quelli che erano al fianco di Maradona nel 1986, quando vinse il Mondiale in Messico. Ha fallito questo bersaglio per tre volte e anche in maniera clamorosa, come in Sud-Africa. Per tre volte non è riuscito a dare al suo paese nemmeno la Copa America, che è il corrispondente dell’Europeo in quel continente. Sì, ha vinto il Mondiale under-20 e l’oro olimpico a Pechino 2008 contro la Nigeria, ma è mancato nelle sei più grandi competizioni della sua vita.

Negli ottavi di Champions il Barcellona ha recuperato il 4-0 subìto all’andata col Paris Saint Germain con un rocambolesco 6-1. Con lo stesso punteggio, del resto, aveva liquidato la Roma 17 mesi fa. Dunque bisogna scendere in campo bene armati, ma con fiducia.

La Juventus parte dal 3-0, un vantaggio solido per una squadra esperta e, per di più, allertata da quei precedenti. Certo non sarà un viaggio di piacere. Ma non c’è da tremare al Camp Nou.

Allegri, allenatore intelligente, non sottovaluta i pericoli del ritorno e, conoscendo la potenza di fuoco dei catalani, giustamente dichiara che la Juve non deve solo difendersi, ma pungere in contrattacco e arrivare al gol con Higuain o Dybala.

Ecco, è qui, in uno stadio leggendario, trasformato nella bocca di un vulcano, che aspettiamo Dybala. Questa è per lui la prova del fuoco. Soprattutto ora, che ha rinnovato il contratto con la Juve fino al 2022, passando da 3 a 7 milioni di euro all’anno, deve essere pari all’ingaggio e alle attese. Vediamo se è davvero il nuovo Messi.

Claudio Gregori

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Nota sull’autore: Claudio Gregori

Inviato in 12 Olimpiadi, 27 Giri d'Italia e 3 Tour, più svariati campionati del mondo: 5 di calcio, 4 di atletica, 10 di nuoto, 11 di sci, 9 di ciclismo, 2 di scherma, 1 di ginnastica. È stato testimone anche della Caduta del Muro.

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