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Tennis

Cold case: Borg, sull’erba, era diventato un attaccante. E il dritto in top spin era figlio del… pingpong

Da Sport Senators 20/07/2018

Analizzando con più attenzione e metodicità i dati della mitica finale di Wimbledon 1980 contro McEnroe scopriamo verità nascoste…

Domenica scorsa, giorno della finale maschile di Wimbledon, è andato in onda su Sky il film che racconta, sia pure romanzata, la storia dell’epica finale del 1980 fra lo svedese Bjorn Borg e lo statunitense John McEnroe. Le recensioni e le critiche all’opera del regista Janus Metz, in questa sede, non interessano, hanno già avuto ampio spazio altrove. Ma dal film è utile trarre lo spunto per smentire alcune convinzioni popolari che hanno “inquadrato” in maniera non reale soprattutto Borg, definito prevalentemente come tennista “da fondo campo”, contrapposto a McEnroe, “attaccante puro”, in modo da acuire ancor più questa sfida, caratterizzandola in modo esasperato e non nel verso giusto. Nel film, come in tante altre rievocazioni, si sostiene infatti che Borg è un giocatore che sta lì, piantato sulla linea di fondo campo. E se questo è prevalentemente vero su altre superfici, in particolare sulla terra, non lo è sull’erba di Wimbledon, tant’è che il comportamento del campione svedese in questo torneo è opposto a quello che gli è servito per vincere al Roland Garros e in tanti altri tornei. E vediamo perché affidandoci non ai ricordi e alle sensazioni, ma ai filmati originali (sul canale tv Supertennis è stata trasmessa quella finale, integrale, proprio nei giorni scorsi, così ognuno può verificare e farsi un’idea più precisa) e ai dati.
    Andiamo con ordine, partendo però a una piccola mancanza del film, nel quale si racconta che il rovescio a due mani di Borg scaturiva dal fatto che da ragazzo aveva praticato l’hockey su ghiaccio. Non ci si sofferma, invece, sul fatto che il suo movimento di topspin del diritto, così particolare e poco conforme alla tecnica del tennis fino ad allora prevalente, deriva dal tennistavolo, sport cui Borg si era dedicato prima ancora di appassionarsi al tennis. Lui trasferì nel tennis sia la tecnica di caricamento del colpo, sia il movimento di braccio e polso usati nel tennistavolo. Detto questo, passiamo al nocciolo della questione, con una importante precisazione. Lo scopo di questa analisi è dimostrare che, a Wimbledon, Borg non era il “pallettaro”, sia pure potente e di pressione da fondo campo, ma un vero giocatore che preferiva una tattica di attacco. Perciò, i dati di riferimento non sono quelli dei punti vinti (che è possibile trovare dovunque in internet, anche molto precisi e dettagliati per singole voci), ma quelli delle discese a rete. Al di là dell’effettiva efficacia dell’azione d’attacco, che pure è notevole, come vedremo, interessa stabilire se quel match sia stato una battaglia fra un McEnroe che attaccava col serve and volley o con qualsiasi altra soluzione offensiva e un Borg che si difendeva con i passanti e i potenti topspin da fondo campo.
    La risposta è chiara e va contro i cattivi ricordi o i pregiudizi. In quella finale sono stati giocati 376 punti, distribuiti nei 5 set (1-6, 7-5, 6-3, 6-7, 8-6 per Borg): 196 sul servizio di Borg, 180 su quello di McEnroe. Per ciascun giocatore, il dato delle discese a rete l’ho basato sull’effettiva azione d’attacco. In particolare, sul serve and volley, ho considerato discesa a rete di chi serve, oltre a quella in cui la volée viene effettuata, anche quella in cui il ribattitore cerca il passante ma sbaglia, mandandola fuori o in rete, perché condizionato dall’attacco di chi ha servito o dalla sua presenza a rete. Non inserisco nei dati la discesa a rete quando, sul servizio, il ribattitore stecca la palla o comunque non riesce a mandarla avanti anche di poco, perché in questi casi considero l’azione come un servizio vincente o “ace sporco”. Ovviamente, nei dati non sono inseriti gli ace e i doppi errori, che qui ricordo come riportati dagli statistici: 8 ace di Borg (ma io ne vedo un nono che probabilmente mi appare tale perché il video non è chiarissimo, magari McEnroe sfiora la palla) e 8 suoi doppi falli; 12 ace di McEnroe (di cui uno su seconda palla di servizio) e 4 doppi falli.
   Ulteriore precisazione, nelle statistiche ufficiali si indica il numero di colpi a rete, che differiscono dalle discese a rete, perché un giocatore, nel corso di uno scambio, può colpire più volte, finché l’avversario riesce a ribattere. Io considero solo la discesa a rete perché, ripeto, mi interessa il significato tattico dell’azione, quindi i dati che vado a presentare sono inferiori a quelli dei “tocchi” effettivi, ma questo non cambia la sostanza del discorso, teso a capire se un giocatore costruisce un gioco a rete o no. E allora, partendo da McEnroe, togliendo ace e doppi errori, viene fuori che è sceso a rete 173 volte, chiudendo il punto 120 volte e perdendolo in 53 occasioni. Non è strano che McEnroe abbia 173 discese a rete su 180 servizi da lui effettuati, visto che, considerando le 16 azioni mancanti (12 ace e 4 doppi falli) si potrebbe pensare che debba averne di meno. Il punto è che McEnroe è sceso a rete quasi sempre sul suo servizio ma anche sui punti avviati dal servizio di Borg. Al contrario, Borg ha la quasi totalità dei suoi attacchi a rete sul suo servizio, non tanto perché abbia preferito questo approccio, ma perché gli è stato praticamente impossibile attaccare sul servizio di McEnroe che partiva sempre col serve and volley. Passando proprio a Borg, il suo dato è di 134 discese a rete, di cui 100 vincenti e 34 negative. Considerato che dai suoi 196 servizi bisogna togliere 16 colpi (8 ace e 8 doppi falli) e considerato che, sia pure poche volte, è andato a rete sugli sviluppi del servizio di McEnroe, viene fuori che solo 40 volte all’incirca è rimasto a fondo campo, in pratica 8 volte per set, meno di una volta per game.
   E la differenza con McEnroe, l’attaccante più puro che ci sia mai stato nel tennis, è di sole 39 discese a rete, differenza che scende a sole 20 quando si considera l’efficacia dell’azione, visto che McEnroe chiude il punto 120 volte su 173 e Borg 100 su 134, segno non solo di un’efficacia offensiva degna di un giocatore d’attacco, ma anche di quella difensiva (che ovviamente resta la sua specialità) con la capacità di effettuare passanti vincenti meglio di quanto sia in grado di fare McEnroe (e chiunque altro, bisognerebbe dire).
   Ma c’è ancora un dato che può descrivere la trasformazione di Borg sull’erba di Wimbledon ed è l’aumento delle discese a rete man mano che la partita va avanti: 16 nel primo set, 30 nel secondo (più lungo, 7-5), 24 nel terzo, 37 nel quarto (col mostruoso tie-break), 28 nel quinto, che può apparire un dato inferiore a quello del secondo, ma si deve tener conto che si sono giocati meno punti (76 contro 83). E infine, l’aumento delle discese a rete nei momenti psicologicamente più duri, come l’inizio del quinto set. Dopo aver perso il tie-break e non approfittato di 7 match point (2 sul 6-5 e 5 nel tie-break), Borg potrebbe crollare mentalmente, ma proprio in quel momento si inventa ancor più giocatore d’attacco di quanto sia stato mai. Va lui al servizio nel primo game del quinto set, lo vince a 30 e in tutti e 6 i punti giocati lui va a rete direttamente sul servizio (come farà poi nel resto del set), perde 2 punti e ne vince 4, tutti a rete. Fino alla fine del set accumula altre 22 discese a rete, di cui 21 che si concludono col punto a suo favore e solo una con punto per McEnroe.
   E’ la conclusione di quella partita, la conclusione del film e anche la conclusione della carriera di Borg, anche se vincerà il Masters in quello stesso anno e l’ultimo sul Slam, nel 1981 al Roland Garros. Ma è comunque un gran finale, in cui lui mostra di essere non solo un giocatore da fondo campo, ma anche un campione completo, che ha trasformato il tennis e che, sull’erba di Wimbledon, ha superato i più forti giocatori d’attacco di quel tempo e, nel caso di McEnroe, di tutti i tempi. Andando all’attacco e col serve and volley, nel rispetto della tradizione del tennis. Ci potranno essere tanti altri più forti di lui, ma nessuno grande come lui.
GENNARO BOZZA
Tags: borg, McEnroe, rivalità storiche, tennis

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Nota sull’autore: Sport Senators

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