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Golf, La testimonianza

Golf, serve un talento da triathlon. Gioco lungo, corto e sul green: sono tre sport differenti!

Da Vincenzo Martucci 21/03/2017

Donato Di Ponziano analizza le caratteristiche di un gioco difficilissimo dove solo pochissimi hanno qualità per eccellere in tutti i comparti nello sport che, come diceva John Jacobs, il padre ed il maestro di tutti i professionisti europei: “Si gioca nello spazio esistente tra le due orecchie…”

Il talento è l’inclinazione di una persona a far bene una certa attività. Il talento è quella dote che permette a qualcuno di eseguire un gesto, affrontare una performance e confrontarsi con altri, riuscendo a fare il tutto con maggiore facilità e quasi sempre con migliore risultato. 

Il talento nello sport permette al dotato di prevalere su chi, pur allenandosi magari il doppio, non possiede la stessa disinvoltura naturale nel fare certe cose.

Anche nel golf, come in tutte le discipline sportive,  per eccellere ci vuole talento; ma non basta la capacità di saper fare con facilità un movimento efficace e ripetitivo, serve anche essere in grado di tenere sotto controllo la pressione della gara, l’adrenalina, tutto il sistema nervoso e ancora non basta.

Il mondo è pieno di gente che pagherebbe per avere il talento nell’attività o nello sport preferito, gente capace di impegnarsi oltre misura per raggiungere un certo risultato, ma che vede magari passarsi davanti colui o colei che pur lavorando meno, possiede quella dote innata di rendere più facile ciò che è impegnativo e complicato. Nessuno sa perché, non ci sono stati studi che abbiano portato a risposte definitive.

Un esempio: Emanuele Canonica, ex giocatore del tour europeo, aveva sicuramente il talento di colpire la palla con maggiore velocità della testa del bastone e tirarla più lunga rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi sul tour. Vi garantisco che suo padre Dino aveva la stessa identica caratteristica.

Ero un giovane dilettante a Sanremo e lo ricordo cimentarsi contro i più forti colpitori di quel periodo: non c’era storia per nessuno. Il figlio Peppo nasce con le stesse caratteristiche e chissà per quale motivo!  Dall’altra parte ci sono giovani campioni di oggi, come Matteo Manassero, che debbono lavorare come pazzi per allungare il loro drive, per fare qualche metro in più, magari mettendo in discussione tutto il loro swing e quelle poche certezze che il golf ti consente di conquistare.

Una verità è che pur non essendo vero sempre, il talento risiede in  quelle caratteristiche genetiche che racchiude il polimero più famoso che conosciamo: il DNA. Quella specie di struttura simile a quelle costruzioni con cui si giocava da piccoli, noi oggi sappiamo che governa la nostra esistenza e quindi anche quelle capacità innate di cui possiamo essere dotati.

Un’altra cosa è certa e diciamolo pure: puoi lavorare sin che vuoi e dotarti della migliore attrezzatura, puoi presentarti fisicamente in forma smagliante, ma se non hai il talento troverai sempre qualcuno che arriva con minor fatica prima di te.

Nel golf le cose, se possibile, sono ancora più complicate: si dice che per vincere ci vuole anche la testa. Il grande John Jacobs, il padre ed il maestro di tutti i professionisti europei, ebbe modo di dire che il vero golf lo si gioca nello spazio esistente tra le due orecchie…. In pratica, è la capacità di tenere sotto controllo il sistema nervoso nel momento di maggiore pressione psicologica, significa riuscire a guardare con chiarezza la realtà di gioco, proprio quando avere e mantenere le idee chiare, può significare il successo o la débacle anche più totale del risultato.

Ma ho scritto prima che neanche quella basta e vi spiego perché: il golf si divide in 3 settori diversi di gioco, è di fatto un triathlon le cui discipline sono il gioco lungo, dove appunto bisogna essere in grado di tirare la palla alla massima distanza possibile, ma nello stesso tempo dritta verso il bersaglio che si vuole raggiungere, il gioco corto dove è necessario avere l’abilità di calibrare il colpo per piazzarla il più vicino alla buca attraverso la giusta tecnica, una perfezione di giudizio riguardante la forza da imprimere al colpo ed una sensibilità che di cui solo il buon Dio ti può dotare, e poi c’è il gioco sul green che serve per mandare la palla in buca.

Su quella piazzola di arrivo dove è piazzata la buca, in quel colpo che molti, non conoscendo il golf, ritengono a torto cosa semplice, si sono giocati i drammi più famosi della storia delle gare perse per un putt di 30 centimetri! In pratica è anche possibile che un grande campione, riesca a tirare la palla a 300 metri nello spazio di un fazzoletto, come un cecchino con in mano una carabina, poi essere abile a metterla a poca distanza dalla buca, ed infine farsela addosso quando è il momento di portare a casa la vittoria, per quel stupido colpo di qualche  decina di millimetri.

Io li considero 3 giochi distinti, diversi, dove servono 3 diverse capacità tecniche e mentali.

Il mondo dei professionisti di golf è pieno di giocatori mediocri in ognuno di queste 3 branche del gioco; pochissimi sono quelli forti e rari sono i fenomeni nelle 3 discipline. Chi lo è stato veramente non ha avuto difficoltà ad imporsi, anche per periodi molto lunghi, a iniziare da Ben Hogan, per passare ad Arnold Palmer e Jack Nicklaus, a Tom Watson, Severiano Ballesteros, Bernard Langer, Tiger Woods ed oggi i più giovani Rory McIlroy, Jason Day, Dustin Johnson.

Si può dire allora che il talento nel golf difficilmente può essere battuto se è espresso in tutte le abilità. Le eccellenze esistono anche tra i nostri giovani e meno giovani. I tecnici hanno poi il compito di riconoscere queste diversità interpretandole per quello che effettivamente sono, ma soprattutto non confondendo mai l’entità delle forze che sono espresse. In pratica, possiamo essere in grado di aiutare tutti ad essere migliori e a divertirsi, stando bene attenti però a non far credere ciò che non è, perché nulla esiste di peggio per uno sportivo che deve sviluppare al massimo le proprie doti di non comprendere con esattezza il significato di ciò che necessita per raggiungere il miglior risultato. Per capire quanto sei forte, bisogna comprendere dove sono arrivati coloro che hanno vinto prima di te.

DONATO DI PONZIANO

www.donatodiponziano.net

* Sanremese, professionista di golf, oggi Direttore tecnico del Performance Center del Royal Park G.C. e Talent di Sky Sport. Già direttore tecnico della Scuola Nazionale Professionisti FIG dal 1982 al 2012. Membro del board della Ryder Cup per 5 edizioni. Già presidente PGA Europea. “Hall of Fame”PGA Italiana.

(foto tratta da sanremonews.it)

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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