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Tennis

Da “Pollicino” a Copil: Grazie davis, aspettando Torino…

Da Vincenzo Martucci 21/09/2021

Intanto, grazie. Il fine settimana ha ricordato a tutti che cos’è la coppa Davis. Quando lo sport più individualista si esalta nel gruppo, in difesa della bandiera, aumentando la tensione, cambiando la posta in palio e confondendo le abitudini con la presenza del capitano non giocatore in campo. Ma, soprattutto, con la spinta della propria gente, amici, parenti, tifosi nazionalisti che spingono e soffiano a un metro di distanza.

Dopo i fuochi degli US Open, dopo le emozioni fortissime dei grandissimi ego di ATP e WTA Tour quasi quasi ci voleva un bagno in questi sentimenti diversi e tradizionali, con gli incontri di World Group I e II di Coppa Davis, lì dove devono essere e dove si trovavano alle radici della gara a squadre per nazioni più famosa dello sport tutto appena rivoluzionata dal supermanager di stampo calcistico Gerard Piqué con l’incentivo di 2.5 miliardi di euro.

L’aria di tennis a squadre soffia il prossimo week-end con la Laver Cup, la sfida Europa-Resto del mondo, a Boston, sulla falsariga della Ryder Cup di golf (che si disputa in parallelo negli States). E poi continua spingendo decisamente l’Italia al centro del mondo, il 9-13 novembre con le NextGen Finals al Palalido di Milano coi migliori 8 under 21 mondali, il 14-21 novembre con le Nitto ATP Finals coi migliori 8 della stagione al Pala Alpitour di Torino e il 25 novembre-5 dicembre con i quarti di coppa Davis, ancora nel palasport torinese, con Australia, Croazia, Ungheria, Colombia, Usa e Italia. L’Italia di Berrettini, Sinner, Sonego, Fognini e Musetti, quella dei record più insperati degli ultimi due anni, quella che a febbraio a Melbourne si è arresa solo alla portaerei russa di Medvedev e compagni.
Il tennis ha bisogno della Davis perché ha bisogno di sognare attraverso le forti emozioni della Coppa. Se infatti l’ATP Tour e gli Slam producono sorprese, sono sempre sorprese calcolabili, prevedibili, più o meno attese. Ma la Davis va oltre, la Davis produce miracoli, accende fuochi che diventano incendi, trasforma, cambia per sempre. La storia di Argentina-Bielorussia emblematica: sabato, il 18enne Daniil Ostapenkov, all’esordio assoluto sulla ribalta pro, ha dominato il numero 15 del mondo, Diego Schwartzman per 6-4 6-3. Attenzione: parliamo del numero 63 della classifica  dei giovani ITF che prende a schiaffi sulla terra rossa di Buenos Aires l’eroe di casa, il più forte dei patriottici argentini, il semifinalista al Roland Garros dell’anno scorso sulla scia della finale di Roma battendo anche Rafa Nadal, l’ex numero 8 del mondo, il miglior tennista dell’intero Sud America, il super-veterano abituato poi in qualche modo a risolvere di resilienza e mestiere le sue partite, il Pollicino più gigantesco del tennis. Sì, proprio lui, è finito al tappeto ad opera della misteriosa coppa Davis.

Di più: come avrebbe reagito ad una simile catastrofe se fosse stato da solo? Il dopo gara del piccolo Diego è stato terribile, ma insieme indimenticabile: “La coppa Davis è carica di emozioni, e certamente quel che è successo sabato è stato inatteso. Per me è stato un giorno orrendo. Oltre ai messaggi di incoraggiamento, il social mi ha trasmesso anche tante critiche e insulti”. L’hanno aiutato, come al solito “la famiglia, quelli coi quali parlo di solito” e, per una volta, “il gruppo, la squadra”. Ha reagito, ha rispettato il pronostico, ha fatto felici i 2500 connazionali, ha battuto il numero 1233 ATP Alexander Zgirovsky per 6-1 6-2, ha confezionato il decisivo terzo punto dopo che il doppio aveva avuto il suo da fare per domare i leoncini bielorussi. Anche qui: la coppia favorita, i veterani Gonzalez e Zeballos hanno faticato per sbloccare la  partita contro Arutunian-Ostapenkov. Lanciando la volata a Schwartzman e poi a Coria jr (Federico) che ha chiuso la contesa sotto gli occhi di Coria sr (Guillermo, “il mago”), proprio sul campo dove il fratello minore aveva visto debuttare in Davis nel 2005 il fratello maggiore. Mentre capitan Gaston, Gaudio che aveva già programmato di lasciare il timone in nazionale, ascoltava la dichiarazione d’amore del numero 1, Schwartzman: “Ogni volta che mi chiameranno a vestire questa maglia sarò qui per rappresentare l’Argentina, senza esitazioni”.

Ruben Bemelmans, 33enne mancino, sceso al numero 221 del mondo ha ancora poco da chiedere al tennis. Eppure, proprio grazie alla magica coppa, ha scritto la pagina più indimenticabile della carriera firmando la prima rimonta del Belgio da 0-2. Sulla terra di Asuncion, in Paraguay, ha firmato il 3-2 decisivo castigando Murkel Dellien e la Bolivia, con l’ultimo brivido della rimonta da 2-5 nel primo set.

Curiosa anche questa storia dei fratelli chiamati a raccolta dalla Davis: oltre ai due Dellien boliviani Murkel e Hugo; Petros Tsitsipas non salva la Grecia dopo la rinuncia per infortunio del più famoso Stefanos; così come Martin Cuevas non può evitare il ko interno all’Uruguay senza il più famoso fratello, Pablo.

Eppoi ci sono gli eroi. Come Marius Copil, veterano di Davis dal 2009, 30enne 248 del mondo, che, davanti alla sua gente di Cluj-Napoca, supera il gap anche mentale dei 100 posti in classifica di differenza contro Joao Sousa (n. 173) e firma il terzo punto personale condannando il Portogallo.

Chissà quante altre storie ci aspettano la prossima settima negli spareggi e, soprattutto, a Torino a fine novembre con gli azzurri che, nella rincorsa alla storia del tennis italiano, con una squadra fortissima ed omogenea, hanno nel mirino il mitico trionfo del 1976.

Tags: aspettando Torino..., Da "Pollicino" a Copil: Grazie davis

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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