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Irlanda-All Blacks: quando il campo batte l’algoritmo….

Da Marco Pastonesi 23/11/2018

Lo scontro diretto vinto sabato scorso dai britannici dice che oggi come oggi i verdi sono più forti nei neri neozelandesi. Che rilanciano la sfida alla coppa del mondo, fra dieci mesi in Giappone e fanno passerella contro l’Italia all’Olimpico di Roma

Due verdetti. Il primo è quello emesso da un algoritmo che, in base a una serie di variabili, valutate nel corso di un anno, stabilisce il primato nella classifica mondiale. Il secondo è quello dettato dal campo che, uno contro uno, in ottanta minuti effettivi di gioco, determina vincitori e vinti. Secondo l’algoritmo, i più forti sono gli All Blacks. Secondo il campo, l’Irlanda. Secondo l’algoritmo, gli All Blacks superano l’Irlanda 92,54 a 91,17. Secondo il campo, l’Irlanda batte gli All Blacks 16-9. Qual è la verità vera?

    Chi ha visto, all’Aviva Stadium di Dublino o in tv, il match di sabato scorso fra i verdi d’Irlanda e i neri di Nuova Zelanda non ha dubbi: una meta (trasformata) a zero, tre calci a tre calci (di cui un drop), cifre simili nelle statistiche su placcaggi, passaggi, raggruppamenti e rimesse, un’evidente differenza solo nel numero dei falli, cinque commessi dagli irlandesi, 11 dai neozelandesi. Ma quello che le cifre non dicono è la padronanza irlandese del gioco: la conoscenza dei propri schemi, la coscienza della propria forza, la determinazione – estrema – su ogni pallone. Si dice che, a questi livelli, eccelsi, siano i dettagli, anche quelli apparentemente casuali come i rimbalzi dell’ovale, a decidere la sorte di un incontro. E allora scorrete al minuto 60’40”, quando la terza ala irlandese Peter O’Mahony, 1,91 per 107, capitano del Leinster eletto “man of the match”, si avventa su un pallone vagante, lo scippa dalle mani di Ben Smith, ala neozelandese campione del mondo, e salva la propria area di meta. In quel gesto c’è tutto: conoscenza, coscienza, determinazione. Alla fine del match, Joe Schmidt, c.t. dell’Irlanda: “Avevo preparato alcuni schemi, ma mi sembravano mediocri”. Steve Hansen, c.t. degli All Blacks: “Era una partita fra i numeri 1 e 2 del mondo. Hanno vinto loro, sono loro i più forti. Vedremo come se la caveranno da favoriti”. Il riferimento è alla Coppa del mondo 2019, fra 10 mesi, in Giappone.

    E’ stata la seconda vittoria (la prima in casa) dell’Irlanda sugli All Blacks in 31 incontri e in 113 anni. Il primo match nel 1905: gli All Blacks si imposero al Lansdowne Road di Dublino 15-0. L’unico pareggio al sesto match, sempre al Lansdowne Road: 10-10, nel 1973. Poi una striscia nera di vittorie (la più rotonda 59-6 nel 1992 all’Athletic Park di Wellington, in Nuova Zelanda, anzi, 60-0 nel 2012 al Waikato Stadium di Hamilton, in Nuova Zelanda, e questa rimane la più grave sconfitta mai subita nella storia della nazionale irlandese) fino alla prima vittoria dell’Irlanda, un anno fa al Soldier Field di Chicago, Stati Uniti, 40-29. L’immediata rivincita degli All Blacks, 21-9, due settimane dopo, all’Aviva Stadium, sembrava concedere le attenuanti della giornataccia. E invece no. Perché da allora la nazionale del trifoglio non ha più perso un confronto e ha conquistato il Sei Nazioni con un grande slam: cinque vittorie su cinque incontri, l’ultimo contro l’Inghilterra a Twickenham.

   Invece gli All Blacks, nonostante il primato planetario, qualche battuta a vuoto ogni tanto la subiscono. E’ capitato, durante il Four Nations, o Rugby Championship, contro gli Springboks in casa, a Wellington: 34-36. E non è tutto. Anche nella partita di ritorno, a Pretoria, gli All Blacks hanno rischiato grosso: vittoria soffertissima 32-30. Eccesso di sicurezza, si criticò. Concessione allo spettacolo, si disse. L’impressione non è che gli All Blacks siano calati, ma che l’Irlanda sia cresciuta. Come sistema, come organizzazione, come convinzione. “Noi giocavamo in casa – ha spiegato Schmidt -, loro sono al termine di un lungo tour”. Vero. Ed è anche vero che l’Irlanda ha fatto la partita della vita. Ma non è soltanto questo.

Sabato gli All Blacks giocheranno all’Olimpico di Roma contro l’Italia, l’Irlanda all’Aviva Stadium contro gli Stati Uniti. Due passerelle. L’algoritmo neanche se ne accorgerà.

Tags: #irlanda, #olimpico, giappone, rugby

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Nota sull’autore: Marco Pastonesi

Genovese, ha seguito 15 Giri d'Italia, 10 Tour de France, 4 Coppe del mondo e 18 Sei Nazioni di rugby. Ha scritto, fra l’altro: Pantani era un dio, L'Uragano nero, Gli angeli di Coppi e I diavoli di Bartali, Ovalia - il dizionario erotico del rugby.

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