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Tennis

Djokovic condannato a soffrire, anche a Belgrado, contro gli incubi… “rossi”

Da Vincenzo Martucci 24/05/2021

“Essere o non essere?”. Nel mezzo del cammino di nostra madre terra, rossa, il numero 1 del mondo, Novak Djokovic, conferma nell’intervista a “Specchio” tutte le angosce della sua anima complicata. Lui che insegue l’eternità sportiva non solo tennistica è condannato a soffrire più dei mitici Roger Federer e Rafa Nadal. Cioé gli idoli più amati dal popolo che insegue dal 2008, quand’ha firmato il primo dei 18 Slam, portandosi a due sole tacche dal co-record della coppia più bella di sempre delle racchette.

Soffre, Nole I di Serbia, anche quando le cose vanno bene e, anche se minimizza, dalle sue parole trapela tanto, troppo, senso di responsabilità verso la famiglia, i figli, la patria, il tennis, i colleghi, la storia dello sport, i grandi rivali, la vita. Inutile rivangare la sua discutibile posizione sui vaccini anti-Covid, i fattacci dell’Adria Tour, la rivolta intestina nell’ATP (il sindacato dei giocatori), lo sfortunatissimo gesto di stizza per il quale, colpendo un giudice di linea, è stato espulso l’anno scorso dagli US Open quand’era favorito per un nuovo urrà Major. “Il campione di gomma”, il fantastico difensore che soffoca qualsiasi attaccante, il campione che tanti non vedono in positivo si spiega da sé, quando afferma: “Ciò che faccio e penso, le persone che mi sono vicine, tutto influenza il mio gioco e la mia felicità”. O quando ragiona: “Io credo che siamo eterni con la nostra anima, non con il corpo. Passo molto tempo a contatto con la natura, meditando e pregando, e lo faccio ogni giorno, perché mi aiuta a mantenermi in contatto con la mia anima e con l’energia cosmica”.

Un primo piano di Novak Djokovic (foto Getty Images)

“Sbagliato”, sentenzierebbe il Mefisto del tennis, al secolo Ion Tiriac, che ha creato fenomeni come Guillermo Vilas e Boris Becker, diventando milionario, il quale ripeteva sempre che un grande atleta non dev’essere stupido ma non deve di certo pensare troppo.

Mentre Djokovic deve convivere con la dolce condanna di un gran bel cervello sempre in movimento che gli sforna pensieri, interessi e problematiche a go-go. E pensa e ripensa alle cose, allo stesso modo in cui palleggia e ripalleggia sul terreno prima di eseguire il servizio che ha tanto migliorato grazie all’apporto del dio del tennis croato, Goran Ivanisevic.

Chissà quindi quanto sta rimuginando in questi giorni alla difficile campagna 2021 sulla terra rossa, la meno vincente negli Slam, considerando che al Roland Garros ha trionfato “solo” nel 2016, a fronte di 9 successi agli Australian Open, 5 a Wimbledon e 3 agli Us Open.

E quest’anno è stato battuto al secondo turno a Montecarlo, da un outsider come Evans, è stato superato in semifinale a Belgrado dal guastafeste russo Karatsev nel torneo che organizza e finanzia lui e sul campo che gli è stato intitolato, ed è stato domato in finale a Roma dal solito Rafa.

Quindi, ancora una volta, Nole si ritrova a rispondere ai soliti, strazianti, dilemmi: come abbattere il tabù rosso, senza riscontri validi, con ancora in giro quel satanasso di Nadal, e come pensare quindi ragionevolmente di poter davvero puntare al Grande Slam per entrare nell’Olimpo dello sport, sprintando sul mitico “Fedal” che gli ha rovinato fin troppi sonni?

Ci vorrebbe un amico. Questa settimana Novak ne avrà a bizzeffe nel secondo appuntamento nella sua Belgrado, davanti alla gente per cui è un eroe nazionale, un esempio, una bandiera e presto, magari, anche un leader politico. Ma, dopo il primo passo falso casalingo, sarà condannato a vincere il titolo più che mai per non rimanere schiacciato da una valanga di frustrazione, di nuovi dubbi, di inevitabili insicurezza alla vigilia del Roland Garros.

E questo aggiungerà altra benzina al suo animo già in fiamme per natura, aumenterà gli stress, moltiplicherà le aspettative, creerà una tensione minacciosa dentro e fuori del campo. Una situazione conflittuale ed esplosiva che certamente non è ottimale per un atleta che deve avere la mente sgombra.

Novak Djokovic (foto Getty Images)

Fortuna per Djokovic che il torneo, dopo le veementi vampate di Lione e Ginevra, è disertato dai soliti noti, Next Gen compresi. Ed è davvero difficile ipotizzare un avversario che possa impensierirlo davvero verso un successo annunciato nell’ATP “250”, dove il numero 2 del tabellone è il tremebondo Monfils, e il 3 e il 4 sono gli imperfetti Basilashvili e Mannarino.

E comunque basterà questa passerella a lenire le ferite del numero 1 sulla temibile terra rossa? Essere o non essere…

Foto e testa tratto da supertennis.tv

Tags: anche a Belgrado, contro gli incubi… “rossi”, Djokovic condannato a soffrire

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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