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Calcio, La cena delle beffe

Attenti, l’Argentina e le violenze di Boca-River non sono così lontane

Da Roberto Perrone 26/11/2018

Non guardiano ai reparti anti-sommossa schierati a Buenos Aires con una punta di snobismo esotico: il nostro calcio non ha risolto i problemi!

Ronaldo giganteggia, la Juventus lo segue, l’Inter risorge – discese poco ardite e risalite sono il marchio di fabbrica nerazzurro -, Dybala e Icardi scalzano Messi e Higuain in Nazionale ma stanno in panchina in Italia. Un altro argentino in evidenza, Lautaro Martinez. E quindi parliamo di Argentina, ma non di quella che gioca in Italia, parliamo della travagliata finale di Coppa Libertadores, della partita di ritorno dell’infuocato derby tra Boca Jr e River Plate rinviata a data destinarsi. Non giocata per timore di guerra civile. Tra le due squadre, i cui stadi, Bombonera e Monumental, sono separati da 15 chilometri, esiste la rivalità più cruenta al mondo. Il bus del Boca è stato attaccato e ci sono stati diversi feriti, tra cui i giocatori di Perez e Jara. E’ stato il culmine di una serie di scontri provocati dagli ultrà locali, i famigerati Barra Bravas. In cinquant’anni in Argentina sono morte 300 persone per fatti di calcio.

Da noi 22, ma non c’è da esultare. Sono 22 di troppo. Parliamo di eventi degli antipodi per ricordarci che qui inciviltà e violenza non sono state debellate, covano sottotraccia. Nell’ultimo weekend si sono materializzate con una serie di cori osceni nei confronti di Napoli che hanno unito almeno tre tifoserie (Juventus, Roma, Udinese). A tutte le latitudini, però, risiedono lestofanti e banditi, nel senso pieno del termine, come hanno dimostrato alcune inchieste della magistratura. Rare, come gli interventi nelle curve delle forze dell’ordine. E comunque, Napoli, a proposito di bus attaccati detiene il record di assalti a quello della Juventus, che arriva al San Paolo scortato come accanto ad Allegri sedesse non Fabio Paratici ma Donald Trump.

Guardiamo alle violenze di Buenos Aires, ai reparti anti-sommossa schierati per i boulevard della bellissima capitale argentina come se quello che accade con una punta di snobismo esotico. Lo stesso facciamo con le aggressioni ai giovani arbitri nelle serie minori, alle minacce, con il clima intimidatorio che si respira su tutti i campetti periferici, con gli insulti sessisti a una giocatrice della Juventus nella giornata contro la violenza sulle donne. La morale di tutto questo è che l’Italia del calcio non ha risolto i suoi problemi, non ha estirpato dagli stadi i fanatici, non ha elevato il livello di civiltà generale. Anzi. L’Argentina non è lontana e non solo per i grandi campioni che danno spettacolo qui da noi.

Piatto consigliato: Dulce de leche, una bomba glicemica per alleviare la malinconia  

 

*Articolo ripreso dalla Gazzetta di Parma

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Nota sull’autore: Roberto Perrone

Giornalista e scrittore, ha cominciato al Giornale di Indro Montanelli (1981-1989). Dal novembre 1989 al giugno 2015 è stato inviato del Corriere della Sera. Ha seguito 9 Olimpiadi, 7 Mondiali di calcio, 5 Europei di calcio, 11 finali di Champions League; inoltre, ha scritto di tennis, raccontando tutti i tornei del Grande Slam, la Coppa Davis e la Fed Cup, e di nuoto (9 Mondiali e 11 Europei). Scrive anche di enogastronomia e viaggi, il suo sito è www.perrisbite.it

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