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Sport di contatto

Au revoir Domi, folletto che confondeva i giganti

Da Sport Senators 26/11/2020

La stella cadente di origini italiane Christophe Dominici entra nell'Olimpo del rugby e dello sport francesi

Sono passate circa 48 ore dalla notizia che ha sconvolto il mondo del rugby: Domi, Christophe Dominici, la formidabile ala francese (di origini italiane), uno degli artefici dell’incredibile rimonta dei galletti con gli All Blacks di Jonah Lomu (un parziale di 19-0 in poco più di 10 minuti) nella semifinale della Coppa del Mondo del 1991, ci ha lasciati all’età di 48 anni. Una morte violenta sulla quale è in corso un’indagine.

Dominici era un campione amato, rispettato e fantasioso, capace di far saltare i tifosi sul divano per i suoi improvvisi guizzi di gioco, caparbio, nonostante la natura sembrasse all’inizio non averlo favorito. “Ma mamma – le obiettò quando all’inizio della carriera lo incitava a giocare a rugby – tu mi hai fatto nano! Come puoi immaginare che giochi nella nazionale quando ci sono uomini che hanno braccia come cosce e cosce come alberi?”. Eppure, nonostante i suoi 172 centimetri, un titano: “Small in stature but a titan on the field”, così l’hanno voluto onorare proprio i neozelandesi, 21 anni dopo quella semifinale, la loro prima sconfitta europea in una coppa del mondo, il 31 Ottobre 1999 nel tempio di Twickenham. Ecco perché la sua morte lascia sgomenti.
La voce che si fa più insistente, suicidio, è legata al passato del campione “impresso” persino nel titolo della sua biografia “Bleus à l’âme”, espressione che indica uno stato di malinconia, ma nella quale è bello leggerci anche il richiamo al suo amore per la maglia della nazionale: noi abbiamo gli azzurri, i cugini d’oltralpe les bleus.
Sospeso come in una bolla, il mondo di Ovalia oltre ad esprimere unanime cordoglio si interroga: come è possibile? Aveva già affrontato e sconfitto quel male di vivere che lo aveva marchiato quando da piccolo perse Pascale, la sorella maggiore per lui una seconda madre, e poi ancora qualche anno più tardi. Eppure “Il rugby, gli uomini del rugby mi hanno permesso di ricostruirmi”, affermò in occasione dell’uscita del libro.
Un sostegno che forse avrà sentito meno chissà se anche per le restrizioni legate alla pandemia, oppure? A giugno si dimostrò caparbio e determinato a sostenere il progetto che lo aveva riportato nel mondo del rugby per rilanciare l’AS Béziers Hérault: “Des limites sont dépassées, sur un terrain de rugby on m’a appris à respecter la règle. Là c’est pareil, le combat ne fait que commencer” (“Sono stati superati dei limiti, sul campo di gioco mi hanno insegnato che si devono rispettare le regole. Qui è lo stesso, il gioco è appena cominciato”).
In lacrime Bernard Laporte, patrono del rugby francese e suo allenatore allo Stade Français Paris, il celebre club parigino in cui giocò dal 1997 al 2008, anno del ritiro, che lo inserisce nell’Olimpo sportivo francese: “Domi mon frère. Toi le génie du rugby français, toi le feu-follet qui déroutait les géants, toi l’homme passionné, tu nous a fait en ce jour funeste, un ultime cadrage débordement. Tu es mon ami et à jamais, je t’aimerai. Le monde du Rugby te pleure. Tu deviens notre légende” (“Domi, fratello. Tu, genio del rugby francese, tu il folle folletto che confondeva i giganti, tu, l’uomo appassionato, tu oggi in questo giorno funesto ci hai fatto un ultimo improvviso cambio di passo. Sarai per sempre mio amico e per sempre ti amerò. Il mondo del rugby tutto ti piange. Tu ora sei una nostra leggenda”).
“Durante gli undici anni trascorsi con i nostri colori – si legge nella nota dello Stade Français Paris- Christophe, grazie al suo incredibile talento e alla sua classe, ha contribuito a scrivere la leggendaria storia del club. Le sue imprese con la Nazionale, la cui maglia ha indossato per 65 volte, hanno segnato migliaia di giovani rugbisti e permesso alla Francia di scrivere alcune delle pagine più belle della sua storia. Genio del rugby e amico senza pari, lascia un grande vuoto”.

Tutti i ricordi e le parole spese per lui da altri campioni, semplici giocatori e tifosi ci parlano di un uomo ricco di talento e contraddizioni che dopo l’addio al gioco da professionista era riuscito a reimpostare la sua vita. Nel 2010 fonda il Gruppo Monte Bacco e produce vino; due anni dopo partecipa allo spettacolo “Ballando con le stelle” su TF1 e gira anche un film per la TV, diventa consulente su RTL. Infine il ritorno nel mondo del rugby quest’estate a Béziers, chiamato per rilanciare il club di Pro D2. Stesso impegno messo nel ricostruire la sua vita privata, dopo l’abbandono della prima moglie, con la milanese Carlotta Denaro dalla quale ha avuto due figlie ora orfane. Possibile? Un padre che lascia sole le figlie ancora bambine.

Ora, in attesa di conoscere la fine delle indagini, imprimiamoci nella mente il ricordo del suo vecchio compagno di squadra, l’ex nazionale Émile Ntamack (46 cap): “Je garderai comme souvenir de lui le joueur… son fameux essai contre la Nouvelle-Zélande en demi-finale cette année-là. À ce moment du match, on était sur une phase d’euphorie où tout nous réussissait. Il y a ce coup de pied et ce ballon qui rebondit. Lui, il fonce dessus comme un âne, il doit être le seul à croire qu’il peut l’avoir. On voit surgir cette petite tête blonde au milieu des All Blacks. Quand il attrape le ballon, je sais que c’est bon et qu’il va au bout. Sur ce match, il avait été roya” (“Voglio ricordare il giocatore… e non può che essere la sua prestazione con la Nuova Zelanda nella semifinale del 1999. In quel momento della partita, eravamo euforici, tutto era possibile ed è allora che c‘è questo colpo di piede, la palla rimbalza. Domi, testardo come un mulo, è il solo che ci crede. E così vediamo una piccola testa bionda emergere in mezzo agli All Blacks: quando afferra la palla capisco che sarà meta. Giocò una partita magistrale”).

 

Benedetta Borsani
Tags: #Rugby #Dominici #AllBlacks

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Nota sull’autore: Sport Senators

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