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Pugilato

Londra 2012-Londra 2017: “Lui fa il mondiale dei massimi, ma io ero più forte di Joshua. Mi fecero un torto”

Da Vincenzo Martucci 27/04/2017

Roberto Cammarelle rivive la finale beffa dell’Olimpiade di Londra quando la giuria favorì l’inglese, impegnato domani nel mondiale dei massimi dei professionisti contro Wladimir Klitschko. “La giuria si fece influenzare dal pubblico, non avrei perso tutti quei punti nel terzo round nemmeno m’avesse messo a terra”

Che cosa c’entra Roberto Cammarelle, bronzo all’Olimpiade di Atene 2004, oro a quella di Pechino 2008 e argento a quella di Londra 2012, col campionato mondiale dei massimi dei professionisti di domani a Londra fra Anthony Joshua e Wladimir Klitschko? C’entra perché il 12 agosto 2012 i giudici aiutavano il pugile inglese nell’ultimo round, promuovendolo sul gradino più alto del podio, proprio a svantaggio dell’azzurro. Per molti fu addirittura uno scandalo. Per l’olimpionico dal cuore gentile che cosa fu esattamente quel verdetto?

“Sapevo che non ero molto amato e che avrei dovuto fare di più molto di più del normale per convincere i giudici: eravamo a Londra, all’Olimpiade degli inglesi, in casa di Joshua, e io dovevo convincere due volte tutti. Sì, mi hanno fatto un torto. E, a distanza di tempo, ho analizzato anche come. Perché un punto solo di vantaggio per me dopo il primo round era poco, coi tre dopo il secondo round stavo tranquillo, e nel terzo ho perso troppo nettamente per giustificare quel verdetto: neanche se fossi andato giù avrei potuto subire gli otto punti che gli ha dato la giuria”.

Com’è possibile che i giudici abbiano preso un simile abbaglio?

“Il pubblico, che urlò e incitò qualsiasi colpo di Joshua come se avesse fatto chissà cosa, influenzò tutti, anche me. Infatti, subito dopo il match, volli rivedermi tutto, per capire dove e se avevo sbagliato e come avevo fatto a perdere un simile vantaggi. Ma, rivedendo a freddo ogni azione, mi convinsi che non avevo colpa: la cosa fu sistematica. Anche perché Joshua aveva annunciato che, subito dopo l’Olimpiade, avrebbe disputato le World Series, mentre io no. E quindi l’AIBA lo protesse, così come fece con Clemente Russo: aveva bisogno di un campione olimpico che facesse cassetta”.

Ricorda che successe subito dopo il match?

“Joshua mi chiese di scambiarci la canotta, la sua è esposta al museo della boxe di Assisi, qui dove vivo. Tempo dopo fui contattato proprio dall’AIBA per un incontro misto in cui c’eravamo tutti e due, ma ero interessato solo a una vera e propria rivincita fra noi due: ero convinto di poter arrivare in finale, ma non ero certo che ce l’avrebbe fatta lui, e così la cosa saltò”.

Ha risognato mai quella finale olimpica così sfortunata?

“Avevo sognato il match il giorno prima, e vincevo, si vince spesso, in sogno, poi bisogna trasformare il sogno in realtà… Il giorno dopo non ho chiuso occhio ripensando a quello che avrei dovuto e potuto fare, ma poi ho smesso perché era inutile rovinarmi la vita. In fondo, avevo già un bronzo e un oro olimpici, se non li avessi avuti mi sarei sentito ancor più defraudato, ma così, in fondo, le mie soddisfazioni me le ero prese e la mia carriera resta comunque grandissima. A prescindere dalla malafede che ci fu nei miei confronti quella volta, come purtroppo è già successo molte volte nella boxe”.

Però Joshua, sullo slancio di quella finale di Londra, ora combatte per una borsa di 10 milioni di dollari, ed è ricco e famoso. Prova un po’ di invidia?

“In realtà, io ci persi subito i 70mila euro di differenza del premio Coni fra la medaglia d’oro e quella d’argento, e poi quello che avrei potuto monetizzare come indotto, anche se io non sono mai stato un personaggio e feci solo Ballando sotto le stelle, e solo perché era a metà stagione e io ancora combattevo. Ma, per natura, non sono invidioso”.

Quindi tiferà per Joshua?

“Tiferò, come sempre per il pugilato, e quindi per un campione dei massimi che traini il movimento come è successo a me quando c’era Tyson. Tecnicamente, penso che vincerà Klitschko perché Joshua non è ancora pronto, ma per il movimento sarebbe meglio se vincesse l’inglese, anche per evitare che, dopo questo match, ci siano altri 5-6 match che facciamo scadere l’interesse, ora altissimo. Perché lo sport vive di grandi gare, di rivalità. E penso che Joshua richiami più di Klitschko, in generale, come personaggio”.

Vedrà il match?

“Penso di sì, perché ce l’ho nel pacchetto Fox e perché comunque sono di fronte due campioni olimpici. E perché sarà comunque un grande successo per il movimento, allo stadio di Wembley, davanti a novantamila spettatori. No, non tiferò, sarò uno spettatore imparziale”.

Penserà, ha mai pensato: “Io ero più forte di Joshua?”.

“Beh, allora lo ero, e non sono mai stato presuntuoso. Oggi, lui né migliorato molto: fisicamente, è più veloce, più fluido, allora non era straordinario”.

Intanto Roberto Cammarelle, è felice fuori dal quadrato che ha lasciato nel 2016?

“Ho moglie e tre figli che mi riempiono la vita. Lavoro alle Fiamme Oro, dò anche un occhio ai ragazzi, ai tecnici, da maggio entro nella Giunta del Coni e quindi rioccuperò di tutto lo sport, come non potevo quand’ero pugile a tempo pieno. Ho sempre amato il calcio (è tifoso Juventus), basket, pallavolo, atletica, qualsiasi gara dell’Olimpiade”.

E se uno dei suoi figli volesse fare pugilato?

“Per ora il maggiore, di 7 anni, fa nuoto. Vedremo, la pre-pugilistica farebbe bene a tutti, l’agonistica dipende. La fortuna è che sono anche bravo a capire chi è bravo, e così lo indirizzerei nella giusta direzione. Perché il pugilato è uno sport duro, inutile negarlo”.

Vincenzo Martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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