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Motori

Un computer schietto, spartano, senza amici, forse Niki Lauda è stato il più grande pilota di F1 di sempre

Da Vincenzo Martucci 27/05/2019

Niki Lauda non è stato solo il tre volte campione mondiale di Formula 1, uno dei più grandi se non proprio il più grande pilota di sempre, ma molto, molto di più.

 

LA FUGA

Era nato il 22 febbraio 1949 a Vienna, da una famiglia dell’alta borghesia che ostacolò talmente la sua passione per le corse su pista che luitagliò i ponti coi familiari.

 

LO SPONSOR

Il Cavalier Enzo Ferrari si fidava moltissimo dei suggerimenti di Clay Regazzoni, e quando il pilota  svizzero, che era entrato in squadra nel 1974, gli parlò benissimo di Lauda, lo ingaggiò. Saldando tutti i debiti che aveva contratto per finanziarsi l’attività in Formula 2, con risultati certamente non brillantissimi. Niki ha poi ringraziato più volte Regazzoni: “Mi ha insegnato ad amare la vita, dopo l’incidente il suo insegnamento è stato ancora più prezioso, se c’era un talento di Clay superiore agli altri era il suo pensare positivo”.

 

IL BUONGIORNO

La scommessa di Enzo Ferrari si dimostrò subito giusta: al debutto, nel GP d’Argentina a Buenos Aires, Lauda fu subito secondo e nella quarta tappa a Jarama, in Spagna, si aggiudicò la gara, la prima delle Rosse dal 1972.

 

IL RECORD

E’ stato l’unico pilota a vincere il Mondiale con le due case costruttori più famose, Ferrari (’75 e ’77) e McLaren (’84). Ha firmato complessivamente 25 Gran Premi (24 pole position) su 171 disputati.

 

ZARATHUSTRA

Una settimana prima del Nurburgring, Lauda, malgrado fosse il pilota più veloce, invitò i colleghi a boicottare la prova perché pericolosa e con scarsi sistemi di sicurezza. Ma le votazioni gli furono contrarie, come il destino.

 

L’INCIDENTE

L’1 agosto 1976, al secondo giro del Grand Premio di Nurburgring, in Germania, dopo aver urtato un dosso all’uscita della “Bergwerk”, la sua Rossa fu centrata in pieno dalla Surteesdi Brett Lunger che sopraggiungeva. Dopo il violentissimo impatto fra le due vetture, il pilota austriaco fu estratto vivo dall’auto in fiamme dal collega Arturo Merzario. Era cosciente, ma subito dopo entrò in coma e ne uscì dopo quattro giorni: aveva inalato sostanze tossiche e, al momento dell’incendio, il casco si era spaccato, per cui Lauda riportò danni permanenti al viso, soprattutto nella parte destra, perdendo quasi completamente l’orecchio.

 

IL MIRACOLO

Appena sei settimane dopo il drammatico incidente, il 12 settembre ‘76, dopo aver saltato appena due gare, Niki, che aveva dominato l’inizio di stagione con quattro successo nelle prime sei gare e il secondo posto nelle altre due prove, e puntava al favoloso bis consecutivo, si ripresentò già in pista nel Mondiale di F1 con la sua Ferrari nel GP di Monza. E concluse con un miracoloso quarto posto.

 

LA FRATTURA

Per la prima volta,Maranello in quel GP schierò tre vetture, con anche Regazzoni e Reutemann. E Lauda non gradì. A fine stagione, perse di un punto solo il titolo piloti (a favore del rivale James Hunt), ma la Ferrari vinse quello dei costruttori. Niki ci rimase male doppiamente male perché l’anno dopo il ritiro, la Ferrari promosse Reutmannprimo pilota con lui secondo. Minacciò di passare alla McLaren, Enzo Ferrari gli restituì la prima guida, ma lui decise comunque di chiudere il favoloso matrimonio con le Rosse, indispettendo il Cavaliere. Anche se poi anni dopo, Niki ammise: “Forse sbagliai ad andarmene”.

 

CORAGGIO

“Non ho voluto smettere come pilota di Formula 1 perché volevo dimostrare a me stesso che potevo superare tutto quello che mi era successo”.

 

IMPRENDITORE

Dopo l’esperienza Brabham, Niki sembrava deciso ad abbandonare definitivamente la Formula1. Comunicò a Bernie Ecclestone, allora patron della scuderia, di non aver più voglia “di girare in circolo”, e fondò la Lauda Air, una linea aerea charter, di cui sembrava volersi occupare a tempo pieno, in Austria. Nel’99 cedette la maggioranza delle azioni alla compagnia aerea nazionale, Austrian Airways.

 

COMPUTER

Lo chiamavano “SuperRat” e “KingRat”, per via dei denti sporgenti, da topo, ma gli è stato più consono il nomignolo di Computer perché era capace di individuare i più piccoli difetti della vettura ed era meticoloso nel metterla a punto. Era freddo, sempre estremamente determinato nei modi, essenziale in tutto, anche nella guida, certamente non spettacolare, ma estremamente efficace. “Io un computer? Mi sembra esagerato non sono gelido,  sono un uomo preciso, controllato, che fa un mestiere preciso e pericoloso, un mestiere che non consente errori, se mi distraggo rischio la vita». In realtà era cordiale, parlava con tutti, magari duro, ma chiaro e schietto.

 

IL RITORNO

Dopo due anni alla Brabham, e altri due di esilio, Lauda firmò per la McLaren per un ingaggio-record di 3 milioni di dollari, dove rimase quattro anni, portandola al titolo mondiale nel 1984, superando allo sprint il compagno di squadra Prost di appena mezzo punto.

 

SPARTANO

Avrebbe potuto risistemarsi completamente i lineamenti chirurgicamente, ma accettò solo la ricostruzione delle palpebre bruciate nell’incidente: “Dovevo migliorare la vista, e fino a quando tutto funzionerà, non ci penserò. La chirurgia estetica è noiosa e costosa e l’unica cosa che potrebbe darmi è un’altra faccia. La cosa importante di un intervento è che non si deve notare. Devi avere abbastanza personalità da superare la questione-bellezza e trovare la forza di volerti bene per come sei. Sinceramente, preferisco avere il mio piede destro che un bel viso”. In realtà la fronte e parte della cute gli sono stati trapiantati.

 

IL VERO RITIRO

La stagione 1985 fu un disastro per Lauda con undici ritiri su quattrodici corse. A Zandvoort si aggiudicò l’ultimo Gran Premio della sua straordinaria carriera e anche d’Olanda, e quindi chiuse definitivamente ad Adelaide, nel primo GP d’Australia.

 

SCRITTORE

Insieme al giornalista Herbert Volker, Niki Lauda ha firmato ben cinque libri: L’arte e la scienza della guida nei Gran Premi, nel 1975; I miei anni con la Ferrari, nel 1978; La nuova Formula 1, l’età del turbo, nel 1984; Dall’inferno e ritorno, nel 1986; la Terza vita, nel 1996.

 

AFFARI

Niki ha lucrato sulla sua immagine, tanto da confessare che uno sponsor gli aveva pagato 1.2 milioni di dollari per sponsorizzare il suo famoso, immancabile, cappellino rosso, che copriva i segno del famoso incidente. “E’ una protezione per gli stupidi che vogliono guardare che segni mi ha lasciato l’incidente

 

MANAGER

 Nel 1993, Luca Montezemolo, col quale Lauda aveva avuto un idilliaco rapporto alla Ferrari, lo chiamò come consulente a Maranello. Nel 2001 è stato il team manager alla Jaguar di F1, con deludenti risultati. Finché, nel 2012, è entrato nel management della Mercedes, ed ha contribuito all’ingaggio di Lewis Hamilton. A scapito di Shumacher che tergiversava, ma col quale ha sempre avuto un rapparto molto saldo.

 

SECONDA PASSIONE

La velocità era nel sangue di Niki, in pista come in cielo. Nel 2003, creò una nuova compagnia aerea, Niki, per fondersi poi con la Air Berlin ed allargare l’attività con innesto della Amira Air, fondando la definitiva LaudaMotion, e guidando qualche volta personalmente i suoi aerei.

 

GUAI FISICI

Ha sposato Marlene Knausnell’anno dell’incidente. Ha subito due trapianti di rene prima di quello di polmone, per una polmonite trascurata nell’agosto scorso, che l’ha costretto a lungo in ospedale e lo ha poi portato alla morte, a 70 anni nella notte fra il 20e il 21 maggio in una clinica svizzera dopo quasi un anno di degenza. A donargli i reni sono stati il fratello Florian e la seconda moglie BirgitWetzinger.

 

LE MASSIME

Niki non aveva peli sulla lingua ed andava dritto al problema. Cinico ed ironico, intelligentissimo, sempre attento a ogni minimo particolare. Diceva: “La cosa più importante per capire come va una macchina è il culo”. Puntualizzava: “Mollare è qualcosa che un Lauda non fa”. Sottolineava: “Quando ce la fai sono tutti con te, quando perdi li hai tutti contro. In mezzo non c’è niente”. Specificava: “Tutti i piloti hanno una consapevolezza: quando si vince, il 30 per cento di merito va alla macchina, il 40 al pilota, il restante 30 alla fortuna”. Sospirava: “Avrei preferito correre in F1 adesso che ai miei tempi: mi sarei tenuto le orecchie e avrei guadagnato molto di più”. Ribadiva: “Io non ho amici, ho protetto me stesso dagli attacchi di chi mi ha avvicinato perché sono una persona nota. Un vero amico è una persona con cui parli di tutto ventiquattro ore al giorno”.

 

 

*articolo ripreso da agi notiziario

Tags: #formula1, #NikiLauda

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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