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Pallacanestro

Perché non si può non amare Trento (anche se Milano rimonta)

Da Luca Chiabotti 29/05/2017

Non è sorprendente come sembra che la Dolomiti Energia sia 2-0 nella semifinale scudetto contro la favorita Milano: gioca molto meglio a basket nonostante spesso faccia una grande fatica a fare canestro. Anche Avellino ha fatto saltare il fattore-campo di Venezia grazie a tre uomini nati per i playoff

 

Impossibile non innamorarsi di Trento. Lo so, è troppo facile sostenerlo sul 2-0 in semifinale dopo due vittorie a Milano. Ma è di gran lunga la squadra che gioca meglio in serie A, dove per giocare meglio si intente la preparazione e la cura nell’esecuzione del gioco individuale e collettivo, in attacco e in difesa, addirittura strepitosa. Purtroppo, fatto grave per una squadra di basket, ci sono momenti in cui non fa canestro neanche a piangere, che non è cosa da poco. La fotografia dell’Aquila è Aaron Craft, uno dei pochi giocatori in serie A ad avere qualità e mentalità da Eurolega, ma che privo di un tiro da tre da rispettare da parte di chi lo marca, ha forse raggiunto l’apice della sua carriera. Forse, perché a Trento tutti migliorano, basta volerlo.

Trento ha una società solida e ragionevole, senza per questo non essere ambiziosa per davvero e non solo a parole. Ha puntato forte sulla grande novità in panchina delle ultime stagioni di serie A, Maurizio Buscaglia, che dopo 11 anni alla guida della squadra, ha deciso di restarci ancora, per le prossime tre stagioni, nonostante il mercato lo volesse altrove. Il tutto in un ambiente dove è un piacere andare a godersi una partita di basket. Una freschezza di buone sensazioni che spesso accompagna le neopromosse, ma che svanisce nel becerume appena la squadra si consolida. A Trento non è ancora successo, come bisogna ammettere non è accaduto a Sassari. Il paragone non è casuale: non c’è nulla che possa impedire all’Aquila di raggiungere gli stessi risultati della Dinamo. L’unico ostacolo, oggi, è che trovandosi davanti a qualcosa da perdere e non solo da guadagnare, non riesca a reagire adeguatamente alla pressione. Che per una squadra che non arriva al 50% da due e ferma al 33% da tre potrebbe avere risultati devastanti. Ma ha una strepitosa polizza di assicurazione: una difesa abituata a raddrizzare le cose che in attacco non hanno funzionato. Certo, il dispendio di energie per una squadra accorciata dagli infortuni di Baldi Rossi e Moraschini potrebbe diventare insopportabile.
Considerato che Trento è stata l’unica squadra ad aver vinto a Milano durante la stagione regolare, risultando prima in classifica con distacco nel girone di ritorno, tutta questa sorpresa per la partenza a razzo in semifinale contro i campioni d’Italia non dovrebbe esserci. Ma il bello dello sport è che si può vincere in tanti modi diversi ed anche avere individualità capaci di segnare di puro talento in un contesto di gioco collettivo non esaltante, come accade a Milano, può portare allo scudetto. L’EA7 ha almeno 5 giocatori che possono vincere una partita da soli, prendendo la palla da fermi e trovando il modo di fare canestro. E degli italiani capaci di creare la base necessaria per poter permettere ai compagni più talentuosi, come Sanders, Simon, Hickman, Macvan di essere decisivi col loro tiro. Il nuovo infortunio di Kruno Simon è ovviamente preoccupante soprattutto perché assottiglia un reparto già ridotto dall’infortunio di Dragic e la cessione di Gentile creando un ingorgo nel settore lunghi. Ma ci sono pur sempre Abass e Fontecchio. (E qui bisognerebbe aprire una parentesi su quanto sanno essere strani gli allenatori: Abass non entrato in gara-1 è stato probabilmente il migliore, e tatticamente il giocatore più importante, in gara-2. Così come Venezia ha rinunciato a Batista, mandato in tribuna nella prima sfida persa con Avellino, risultato poi fondamentale per ottenere l’1-1. Boh…).
Dunque, che Trento giochi un basket superiore a quello espresso da Milano non è in discussione neppure se l’EA7 rimontasse e si qualificasse per la finale, cosa ancora plausibile sulle 7 partite. Sarebbe lecito almeno aspettarsi un guizzo di orgoglio ed attenzione dai campioni d’Italia. Basterebbe poco, ad esempio non perdere 44 palloni come nelle prime due gare, a fronte delle 15 recuperate. Con un numero più elevato di possessi offensivi, le possibilità di Milano aumentano, sempre che le facce non siano quelle delle prime due sfide. Sono curioso di vedere se la Dolomiti Energia riuscirà a mantenere compostezza tecnica e fiducia mentale visti per 80’ filati al Forum anche nelle due partite di Trento dove, vincendone anche solo una, si troverebbe con un match ball storico alla sua portata. In realtà, i playoff sono tutto qui: giocatori capaci di essere performanti sotto pressione. Che è un po’ la storia anche dell’altra semifinale dove Avellino, che ha giocato e perso male in gara-2 a Venezia, ha confermato di avere giocatori in grado di ribaltare anche dei vantaggi considerevoli in pochissimi minuti: contro Ragland, Green e Logan una partita non è mai chiusa. Certo, se poi concedi 15 rimbalzi offensivi come in gara-2, bisogna saper rimontare due o tre volte per vincere, e fuori casa, con l’equilibrio di valori presente in campo, è un po’ troppo. Ma mi sembra di poter dire che la Sidigas è “più da playoff” dell’Umana che pure è da considerare “più forte come organico”. La risposta a questa sensazione arriverà dopo aver visto come se la caverà la Reyer in trasferta, non proprio la specialità della casa considerando le gare più importanti giocate nella stagione lontano dal Taliercio anche in Champions. Ma Venezia è andata a vincere proprio ad Avellino la gara decisiva per qualificarsi alle Final Four. Vedremo… Per il momento, Trento è stata la migliore di tutte, pur tirando solo col 42% complessivo nei playoff ed è favorita per andare in finale. Poi esistono il talento, la bravura individuale, la fisicità, il carattere, la fortuna degli avversari e la paura di arrivare davvero a un grande risultato per cambiare un pronostico che sul 2-0 sembra già scolpito nel destino.

Luca Chiabotti

Tags: Perché non si può non amare Trento (anche se Milano rimonta)

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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