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Calcio

Zaniolo, un futuro da stella. Pecci: “Oggi è un po’ Stoichkov, può diventare un Kempes”

Da Enzo D'Orsi 30/07/2020

Non è un centrocampista e non è una punta epperò è un attaccante: li giocatore della Roma dà spettacolo e stimola paragoni con grandi protagonisti del passato

“Non centrocampista, né punta. La sua collocazione è alle spalle di un centravanti”, sostiene il grande regista. Per Capello “è il miglior giovane del calcio italiano”. Qui si parla solo di calcio, non di comportamenti, e neppure di mercato: il romanista è un campione potenziale.

C’è un giovane calciatore, un potenziale campione, del quale molto si parla con la speranza di aver trovato un leader per l’Italia di Mancini, attesa tra pochi mesi dall’Europeo rinviato e subito dopo dal mondiale qatariota, nel tardo autunno del 2022. Per Nicolò Zaniolo si scomodano paragoni impegnativi, forse esagerati. A qualcuno il suo gol contro la Spal – il gol del 6-1 – ha ricordato un memorabile coast-to-coast di Ruud Gullit, nientemeno. L’olandese era di una potenza atletica straordinaria. Zaniolo no. Ma siccome il tema è intrigante e riguarda il ruolo nel quale il talento del giocatore può esprimersi meglio, convoco anche stavolta Eraldo Pecci, grande regista dello scudetto torinista, acuto osservatore del football senza limiti territoriali.

“Ho letto di Zaniolo accostato a Gullit – dice – e non trovo che abbiano molto in comune. Quel gol segnato a Ferrara può rimandare ad un gol del fuoriclasse del Milan. Il resto no. Gullit non aveva una tecnica raffinatissima, ma tanta velocità e tanta forza, fermarlo era quasi impossibile. Non vorrei fare una lettura superficiale di questo ragazzo che oltretutto sta recuperando dopo un gravissimo infortunio. Bisogna dargli il tempo di crescere, di imparare, di migliorare. A me sembra un piccolo Stoichkov, forse meno sgusciante ma dotato di più fisico rispetto al bulgaro, però con il passare degli anni non mi meraviglierei che diventasse il Kempes italiano”.

Non è un centrocampista, non è una punta. E’ però un attaccante. “Per me, la sua posizione è alle spalle del centravanti, con il quale può dialogare e poi arrivare alla conclusione. Ha un bel tiro, facilità di inserimenti, piedi ottimi. Nell’Argentina del 1978 – io ero lì nell’unico mondiale per il quale sono stato convocato da Bearzot – Kempes fece la differenza partendo dietro Luque, che era il centravanti. Le sue accelerazioni furono decisive in molte partite, soprattutto nella finale contro l’Olanda. Ecco, io vedo Zaniolo con quei compiti. Ma è un giocatore in formazione, la prossima stagione sarà fondamentale per il suo futuro”.

Dunque, in un teorico quattro-due-tre-uno, sarebbe il centrale dei fantasisti dietro la prima punta? “Per carità, mettiamo da parte questi numeri, c’è gia’ troppa gente che da’ i numeri… Il calcio è un gioco dinamico, bisogna adattarsi alle esigenze della squadra. Però è chiaro che la collocazione migliore per Zaniolo è quella. Non lo vedrei all’esterno, perché l’istinto lo porta in mezzo, lo porta al tiro, allo scambio rapido, non al cross”.

Secondo Fabio Capello, regista anche lui, nazionale negli anni delle illusioni azzurre finite a Stoccarda nel 1974 contro la Polonia, “Zaniolo è sicuramente il più dotati dei giovani calciatori italiani”. Nelle ultime settimane, tra i sussurri del mercato – lo vuole la Juve, ma il Tottenham non scherza, e l’Inter pensa di riportarlo a Milano dopo averlo improvvidamente ceduto nell’operazione Nainggolan – e le censure per una sigaretta di troppo, Zaniolo è spesso in prima pagina, al di là dei suoi gol. Ma qui Pecci non si pronuncia: “Lo dico a tutti quelli che mi chiedono consigli: dovunque tu vada a giocare, se ti piace giocare, trasmetterai dell’entusiasmo, e ci sarà sempre qualcuno che si ricorderà di te. Non ricorderà quanti soldi guadagnavi, né quante medaglie hai vinto. Ricorderà la cosa più importante: come sapevi giocare a pallone”. E sul fatto che Zaniolo sappia giocare molto bene, non ci sono dubbi.

 

*foto ripresa da www.repubblica.it

Tags: #Eraldo Pecci, #Nicolò Zaniolo

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Nota sull’autore: Enzo D'Orsi

Classe 1953, per ventun anni al Corriere dello Sport, capo della redazione torinese e inviato. Quattro Mondiali, cinque Europei, migliaia di partite di tutte le competizioni, dai dilettanti alla Champions league. Ha lavorato anche a Paese Sera e Leggo, nonché al settimanale Rigore. Ha collaborato con numerose pubblicazioni, anche straniere: in particolare, l'Equipe e France football. Dai tempi di Bobby Charlton, simpatizza per il Manchester United. E' convinto che il più grande calciatore di ogni epoca sia stato Alfredo Di Stefano, non Maradona e forse neppure Pelé. Adora il calcio inglese, l'Umbria e Parigi, non sempre in questo ordine. Sposato con Maria Paola, medico, ha tre figli e cinque nipoti. Si considera per questo molto fortunato. Fin da ragazzino, sognava solo di fare il giornalista. Tre libri per Edizioni InContropiede: “Gli undici giorni del Trap” (2018), “Non era champagne” (2019) e “Michel et Zibi” (2020). Non ama i social, ad eccezione di Twitter: @Edorsi53.

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