Mamma che batosta. Si possono raccontare trionfi e vittorie, sconfitte così laceranti sono fatte per passare direttamente al dopo, e dunque di Psg-Inter basta già l’implacabile tabellino e l’imbarazzante referto arbitrale (5-0!), tanto va come un dente che fa un male cane cavato dal dentista.
L’anestesia abbassa il dolore e intontisce, di consolante c’è che non c’è stata agonia, dopo venti minuti si sapeva come sarebbe finita perché il Psg ha anestetizzato l’Inter con due cazzotti al mento, destro e sinistro (Hakimi e Douè), ai nerazzurri non ha permesso manco di metter il naso fuori da centrocampo, e amen. Per poi chiudere l’operazione con l’anestetizzato e intontito avversario, nel secondo tempo ancora con Doué, Kvaratskhelia e Mayulu. Mai prima un 5-0 così netto nella storia delle finali di Champions League. Eccheccz!
Ecco che di una partita così il protagonista fosse Doué mai me lo sarei aspettato, ma il calcio è fatto per sorprenderci. E pensare che ero convinto che l’Inter stavolta ce l’avrebbe fatta davvero… Invece niente batosta addirittura poco dignitosa.
Due anni fa contro il Manchester City l’Inter illuse i suoi tifosi di poter davvero sovvertire una storia già scritta. A Monaco l’Inter è andata per suonare ed è finita per essere suonata. E di brutto.
Vince la Champions League strameritatamente un meraviglioso Paris Saint Germain di Luis Enrique, una persona che noi italiani conosciamo bene, e che meritava questo successo.
Perché è uno che ha una marcia in più, tecnicamente e umanamente. Perché porta con sé la tragedia della piccola figlia scomparsa e che ce la farà simbolicamente abbracciare per sempre. La prima Champions League col Barcellona (2015) la festeggiò portandosi Xana sulle spalle. E ora Xana è un tenero omaggio sulla sua maglietta.
E se la merita questa Champions League Luis perché la mentalità della scuola barcellonista anche dieci o vent’anni dopo ancora produce grandi effetti. Oh yes!
Il Psg vince la prima Champions League della sua storia subito dopo essersi liberato delle sue superstar. Niente Neymar, niente Messi, niente Mbappé. Segno che mettere in piedi un collettivo ha ancora un senso anche per chi di miliardi ha da buttarne dalla finestra.
Una squadra che per buon metà è passata dall’Italia, da Hakimi a Kvaratskhelia, ma soprattutto con quel fenomeno di Gigi Donnarumma in porta. Che nella sua personale bacheca adesso all’Europeo vinto con l’Italia può aggiungere questa Champions League di cui è stato protagonista. Complimenti: oggi Donnarumma è davvero un asso nella manica. Anzi un superasso.
L’Inter umiliata dal Psg passa dal sogno del Triplete a uno Zero Tituli – lo cito giusto per puro paradosso e solo perché stiamo parlando di Inter – che lascia parecchio attoniti. L’esserci purtroppo comporta la sciagurata eventualità. Le finali perdute ti fanno pensare a una maledizione, a una Coppa stregata…
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*foto ripresa da www.repubblica.it