Un sovraccarico di emozioni, la gioia per medaglie sperate ma non facili, la conferma della disorganizzazione generale e dell’incompetenza di molti responsabili dell’Olimpiade parigina, ed eccolo il frullato di una giornata indimenticabile per tanti motivi. In particolare, le due medaglie per le squadre femminili: l’oro della spada nella scherma e l’argento nella ginnastica, fra feste e ricordi speciali.
SANTUCCIO 14 ANNI DOPO
Tutte le ragazze della spada meritano gli onori, Giulia Rizzi, Rossella Fiamingo, Mara Navarria, ma un motivo stuzzicante in più per fare festa ce l’ha Alberta Santuccio, che firma l’ultima stoccata nel “minuto supplementare” contro la Francia nella bolgia del Grand Palais per dimostrare che nella patria dei mitici racconti di Alexandre Dumas dimostrano le vere “moschettiere” sono loro. Ma quel colpo finale per la Santuccio ha un precedente triste, che risale a 14 anni fa. Nel 2010 si svolge a Singapore la prima edizione delle Olimpiadi giovanili. Le gare di scherma sono riservate alla categoria Allievi. Il 17 agosto c’è quella della spada femminile. Santuccio ha davanti a sé avversarie molto forti, ma va avanti battendole: 13-7 alla russa Yulia Bakhareva, n.2 del tabellone, poi 9-8 in semifinale alla n.3, la statunitense Katharine Holmes. In finale affronta la n.1, la cinese Lin Sheng. Dà la sensazione di poterla battere, ma si arriva all’8-8 quando mancano pochi secondi alla fine. Santuccio si lascia prendere dalla foga, tenta un attacco impossibile e Lin Sheng la punisce. L’oro se ne va. Santuccio passa dalla zona mista dove ci sono i soli due giornalisti italiani inviati a Singapore e con le lacrime agli occhi ha soltanto la forza di dire: “Ho fatto una cazzata”. E la sincerità di una ragazza di 15 anni, al suo primo incontro con la stampa, dopo una bruciante sconfitta, rende innocente anche una parola poco elegante. Dopo 14 anni, in un’altra Olimpiade, quella più importante, Santuccio si ritrova nella stessa situazione, ma sul 28-28 con il peso della responsabilità di una intera squadra. Anche stavolta prova un attacco difficile e subisce la stoccata della francese Auriane Mallo-Breton: 29-28 con pochi secondi per rimediare. Ne mancano solo 13 alla fine quando Santuccio trova il coraggio e l’ispirazione per colpire, portare l’Italia sul 29-29 e andare al minuto supplementare per chiudere 30-29 e prendersi l’oro più importante della vita. No, Alberta Santuccio, questa volta, 14 anni dopo, non hai fatto una cazzata. Nel momento più importante, hai creato una meraviglia.
RAI, IL GRANDE RADDOPPIO INUTILE
Proprio l’impresa delle schermitrici azzurre mette in risalto un aspetto insensato della narrazione che le Tv fanno di questa Olimpiade. E non stiamo parlando dei telecronisti e dei commentatori che, in questo caso, non hanno alcuna responsabilità di quello che è accaduto, ma di chi decide cosa va in onda e quando. Mentre si sta svolgendo la finale della spada a squadre femminile, che viene trasmessa su Raidue, c’è in acqua nella finale degli 800 maschili, Gregorio Paltrinieri, che lotta per una medaglia, e questa gara va in diretta su Raisport. Perfetto, due gare in diretta su due canali, ogni spettatore sceglie cosa vedere o passa da una gara all’altra come gli pare. Gli 800 del nuoto finiscono quando la finale della spada è a metà circa del suo svolgimento, Paltrinieri prende il bronzo e tutto questo va su Raisport. Ma qui arriva la grande sorpresa. Dopo una decina di minuti dalla fine degli 800 del nuoto, su Raidue lo schermo viene diviso fra la finale di scherma e… la finale degli 800, che si è già conclusa! Fra l’altro, lo schermo viene diviso in modo tale che ogni ripresa delle due gare non ne prende la metà, ma un quarto, tanto che non si riescono a distinguere bene il punteggio della scherma e il cronometro del nuoto. Ma non basta! Quando la gara degli 800 (che, ripetiamo, è finita da quasi un quarto d’ora a questo punto) è alle ultime vasche, viene abbandonato il collegamento in diretta con la scherma nel momento più delicato, con l’Italia in rimonta sulla Francia, e lo schermo intero con relativa telecronaca viene dato al nuoto, facendo intendere che si sta trasmettendo in diretta quella gara (che si è già conclusa da quasi venti minuti, lo ripetiamo a scanso di equivoci, trasmessa in diretta su Raisport). Così, per vedere qualcosa già trasmesso su un canale, si abbandona una gara emozionante come la finale della spada. Poi, come se tutto fosse normale, si torna alla gara di scherma, che per fortuna non è ancora finita. Qualche dirigente Rai è in grado di spiegare questa assurdità?
GINNASTICA FRA RIVINCITA E RICORDI
L’argento della squadra femminile di ginnastica, grazie alla bravura di Angela Andreoli, Alice D’Amato, Manila Esposito, Elisa Iorio e Giorgia Villa, riporta alla mente due momenti importanti, di delusione e di gioia. La delusione è quella dell’Olimpiade di Tokyo, tre anni fa, quando le ragazze guidate dal c.t. Enrico Casella all’inizio della quarta e conclusiva rotazione della finale a squadre sembravano in grado di prendersi la medaglia di bronzo dietro Russia (oro) e Usa (argento), ma la Gran Bretagna, con una bella prova alle parallele asimmetriche, le beffò per meno di mezzo punto (0,458). Stavolta, col podio ormai sicuro alle spalle degli Usa, la Gran Bretagna rischiava di superarle di nuovo per l’argento, ma il colpo non è riuscito, anzi, con l’Italia seconda, a essere beffate sono state proprio le britanniche, superate in volata dal Brasile.
L’argento a squadre, come è stato fatto notare, ha un altro valore particolare: arriva dopo un’attesa di 96 anni. Nel 1928, all’Olimpiade di Amsterdam, l’Italia fu seconda dietro l’Olanda con una squadra di ragazze dagli 11 ai 17 anni, soprannominate “Le piccole ginnaste di Pavia”: Bianca Ambrosetti, Lavinia Gianoni, Luigina Giavotti, Virginia Giorgi, Germana Malabarba, Clara Marangoni, Luigina Perversi, Diana Pizzavini, Anna Tanzini, Carolina Tronconi, Ines Vercesi, Rita Vittadini. Luigina Giavotti, di appena 11 anni e 301 giorni, è la più giovane atleta donna medagliata nella storia delle Olimpiadi e anche la più giovane italiana partecipante. Un ricordo speciale per la coraggiosa Bianca Ambrosetti, che gareggia nonostante sia malata di tubercolosi. Muore pochi mesi dopo l’Olimpiade, a 14 anni.
TRIBUNA STAMPA “CIECA”
La medaglia nella ginnastica offre lo spunto per un’altra perla degli organizzatori francesi. Si parla della tribuna stampa del palasport di Bercy, dove si svolgono le gare di questo sport. I francesi si sono già distinti per alcune prodezze, come il rinvio della gara di Triathlon, che si dovrebbe svolgere nelle acque della Senna, inquinate dall’escherichia coli (e chi ha avuto la sventura di esserne stato infettato sa cosa significhi), e come il tentativo di normalizzazione fatto dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, che ci ha nuotato, protetta da una tuta, e visto che c’era poteva anche indossare uno scafandro da palombaro! Ma la sistemazione dei posti per i giornalisti a Bercy spalanca nuovi orizzonti.
Nella foto pubblicata in questa pagina è possibile avere un’idea di cosa vede un giornalista dalla tribuna riservata alla stampa scritta. Quella per le Tv è un salotto con ampi spazi e vista panoramica sulle pedane. Questa nella foto, invece, mostra cosa non si vede. L’unico attrezzo visibile interamente è quello del volteggio, in alto nella foto. Poi, ci sono le parallele asimmetriche a sinistra, di cui si nota solo la parte superiore di uno staggio; al centro, metà del tappeto del corpo libero; a destra, metà della trave. Anche stando in piedi non si riescono a vedere completamente gli attrezzi, bisogna mettersi sulla punta dei piedi per avere una visione completa! Il peggio è che a Tokyo nel 2021 la visibilità della ginnastica era di poco migliore e a Rio nel 2016 era praticamente la stessa della foto.
Il difetto più grande è voler piazzare tavoli molto profondi, che tengono i giornalisti lontano dalla balaustra e limitano la visione. Inoltre, stando spostati all’indietro più del normale, a causa della profondità dei tavoli, finiscono con l’ostruire la visione della fila dietro, come si può notare nella foto con la teste dei giornalisti della fila davanti che coprono anche quel poco di pedane che si potrebbero vedere. Si pone una domanda basilare: ma chi costruisce questa tribuna stampa si è mai seduto per provare se si vede bene? Magari, sarebbe interessante invitare il presidente del Cio, Bach, a sedersi a questi tavoli, e non nelle poltrone della tribuna Vip, e poi chiedergli: “Beh, ci dica come è andata la gara, ammesso che sia riuscito a vederla”. E infine: ma i rappresentanti dei giornalisti vanno mai a controllare le tribune stampa? O vanno anche loro nelle tribune Vip?
Dal nostro inviato a Parigi Gennaro Bozza