Il museo più famoso del mondo, il Louvre, rende omaggio all’Olimpiade con una iniziativa particolare che accosta l’arte allo sport e non nel modo più scontato, con il semplice accostamento fra l’armonia dei movimenti degli atleti e la bellezza di opere famose, ma con una varietà di significati più profondi.
Il compito di celebrare i Giochi e l’arte è affidato a campioni francesi che sono saliti sui podi olimpici e mondiali, e commentano alcune opere mettendo in risalto sì il valore culturale, ma anche il parallelo fra epoche diverse, l’interpretazione di miti e leggende, l’evoluzione del pensiero e la necessità di lottare per giustizia e diritti umani.
La forma di questa “collaborazione” fra artisti e sportivi è, accanto ad alcune opere del Louvre, una serie di pannelli su cui ci sono le parole con cui i campioni esprimono le sensazioni che quelle opere hanno suscitato in loro. Si va dal confronto delle tecniche di esecuzione di gesti sportivi o che hanno riferimenti allo sport, pur avendo come fine il racconto di miti e leggende, rappresentati in vasi, sculture e quadri, al più profondo rapporto fra sensibilità di grandi artisti e la realtà del mondo attuale.
Quest’ultimo caso è probabilmente il più denso di significato ed è affidato al commento di Lilian Thuram, calciatore campione del mondo nel 1998 e d’Europa nel 2000, che si è sempre distinto per il suo impegno civile e sociale, che continua ancora oggi presidente della Fondazione “Educazione contro il razzismo, per l’uguaglianza”.
SAN SEBASTIANO DI ANDREA MANTEGNA
Il quadro è il “San Sebastiano” di Andrea Mantegna. Thuram, nel rivelare le emozioni che gli vengono ispirate da questa opera, ricorda uno dei più grandi campioni dello sport, Muhammad Ali e la foto in cui venne rappresentato come moderno San Sebastiano, pubblicata sulla copertina del magazine Esquire con il titolo “La passione di Muhammad Ali”.
“Il 4 aprile 1968, il giorno in cui venne assassinato Martin Luther King, su una rivista americana venne pubblicata una foto intitolata “La passione di Muhammad Ali”: è quella del campione di boxe con le mani legate dietro la schiena, il corpo trafitto da frecce. Come il centurione romano Sebastiano, martire della sua fede, Mohamed Ali vuol dire con questa immagine che anche lui è un martire. In nome della sua religione rifiuta di arruolarsi nell’esercito per combattere in Vietnam. Ha sempre messo la sua notorietà al servizio della lotta per i diritti civili dei neri, per la giustizia, contro il suprematismo “bianco”. Ma chi sono i martiri di oggi?”
LA VITTORIA DI SAMOTRACIA
Da questa riflessione che appare sempre più necessaria ancora oggi, a 56 anni da quel triste giorno dell’assassinio di Martin Luther King, si passa a un’altra grande opera, una delle due più famose del Louvre insieme alla “Gioconda” di Leonardo Da Vinci, “La vittoria di Samotracia”, che dà lo spunto per un altro pensiero “moderno” su cosa la vittoria, non solo sportiva, significhi per ogni essere umano. E’ ancora Lilian Thuram a esprimere pensieri che possono essere considerati “eterni”.
“Quale prezzo saresti disposto a pagare per essere dalla parte dei vincitori? Coloro che poi hanno tutti i diritti: ricchezza, potere, onori… Siamo affascinati da chi vince. La vittoria più grande, più bella, non è forse imparare a conoscere se stessi e imparare ad amare se stessi, in un mondo in cui ci sono così tante spinte a essere qualcosa di diverso da se stessi?”
E su Samotracia le testimonianze si arricchiscono con altri interventi, come quello di Matthieu Peché, cinque titoli mondiali nella canoa dal 2010 al 2017 e un bronzo olimpico nel 2016, che nel parallelo tra vittoria e sport introduce il desiderio inconscio di ogni persona. “Nike, dea della Vittoria, ha ispirato la creazione di un marchio diventato essenziale nel mondo dello sport. Quest’opera, scoperta in Samotracia, mi ricorda un simbolo di libertà. È uno dei miei preferiti al Museo del Louvre, sicuramente perché integra un elemento che mi sta a cuore come canoista: l’acqua. Inoltre, le sue ali le permettono di muoversi secondo i suoi desideri e questo ti fa sognare”.
Infine, il riferimento alla connessione più stretta fra quest’opera e la vittoria olimpica viene da Caroline Lopez, due ori mondiali nel tiro con l’arco. “Quando guardo la Vittoria di Samotracia, penso subito al rilievo sul retro delle medaglie olimpiche che rappresenta l’immagine di Nike, la dea greca della Vittoria. Dalla celebrazione di una vittoria navale a quella che corona una competizione olimpica… lo stesso simbolo nel tempo”.
IL DOLORE DI NIOBE
L’arco è uno strumento di morte nelle rappresentazioni delle antichità, come nel “Cratere dei Niobidi”, vaso greco del 450 avanti Cristo in cui viene raccontato il mito di Apollo e Artemide che uccidono i figli di Niobe per punirla della sua superbia. Ancora Caroline Lopez interviene e fa notare la perfetta rispondenza dei movimenti dei personaggi dipinti sul vaso con quelli dei moderni e innocenti arcieri. “La rappresentazione delle due divinità gemelle, Artemide e Apollo, mentre scoccano con i loro archi, è molto corretta e fedele alla tecnica utilizzata dall’arciere. La precisione dei gesti dei due personaggi per me è molto realistica”.
IL DISCOBOLO GRECO
Infine, sempre dall’antica Grecia, una piccola scultura, una statuetta rappresentante un lanciatore di disco, commentata da Emmeline Ndongue, argento a Londra 2012 nel basket. “L’arco, il disco in orizzontale, la flessione delle gambe, le fasce muscolari… Possiamo immaginare l’applicazione del lanciatore. Tuttavia, osservare la posizione delle mani solleva degli interrogativi. È l’inizio o la fine dello slancio? Ha appena preso il disco o lo rilascerà presto a tutta velocità? Cercare di lanciarsi in questa posizione non è un esercizio facile. Eppure puoi quasi vedere il disco volare via”L’arte e l’Olimpiade, una celebrazione che accomuna due nobiltà vere nello scenario più giusto, il Louvre a Parigi.
Dal nostro inviato a Parigi, Gennaro Bozza