In un’intervista esclusiva a diretta.it Ariedo Braida parla di passato, presente e futuro del suo Milan.
“Mi dicono che critico il Milan, ma credo di aver fatto qualcosina di interessante quando ero lì assieme al mio grande presidente Berlusconi e ad Adriano Galliani. Tuttavia, appena dico una cosa mi accusano: ‘Ah, critichi sempre il Milan‘. E, invece, no, io non critico, mi soffermo solo a guardare quello che tutti vedono”.
E lei cosa vede?
“Vedo una squadra senza identità, dove purtroppo mancano dei valori. Il calcio ha delle regole. Non è che tutti possono permettersi di fare calcio. E se poi parliamo esclusivamente di pallone, è chiaro che la squadra non riesce a trovare la strada maestra. Cioè: fa una buona partita, vedi il derby, e poi nella partita successiva non riesce a mantenere una continuità”.
Né di risultati né di idee
“Sì, vedo che vogliono cambiare tanti giocatori. Morata è stato appena preso e adesso leggo che lo vogliono dar via. Camarda prima era un fenomeno e adesso non lo è più, c’è troppa confusione”.
E tutti puntano il dito contro qualcuno: prima i giocatori contro Fonseca, ora Conceiçao contro i calciatori…
“Siamo alla continua ricerca dei colpevoli, ma i colpevoli cambiano perché manca la guida giusta: non c’è, non si vede, non si sente, non si avverte. Purtroppo, la mia è una famiglia di milanisti e i miei figli si lamentano. Mi dicono ‘papà, non si può fare qualcosa?’“.
E cosa si può fare?
“Stanno facendo l’impossibile, ma purtroppo le cose non funzionano”.
La società si sente solo quando alza la voce se le cose vanno male.
“È come se mancasse la guida. Manca il pilota. O, meglio, i piloti. Perché ce ne può essere più di uno. Manca il gruppo che si è preposto a guidare. Non ci sono valori, identità e dispiace perché il Milan è una grande società, con una grande storia”.
Ma quello è il passato. Il futuro qual è invece?
“Mi auguro che il Milan si riprenda, che ritorni ad essere il Milan che ha scritto pagine incredibili della storia del calcio”.
Sulla sponda opposta dei Navigli, invece, le cose funzionano.
“Sì. Diciamo di sì anche se, per esempio, il Milan aveva vinto il derby di campionato, prima, e di Supercoppa, poi, e sembrava che potesse così ritrovare la strada maestra. Ma non ce la fanno proprio… Si vince una partita e in quella successiva cadono di nuovo. C’è qualcosa che manca e bisognerà rivedere un po’ le posizioni, bisognerà un rivalutare e cercare di capire perché non funziona. E a farlo devono essere le persone che lo guidano, devono capire dove sono i problemi. Perché è chi vive da dentro una realtà che la conosce meglio di tutti. Quelle che ti danno tv e giornali sono sensazioni, ma quando una cosa la vivi direttamente capisci molto di più”.
E la sensazione è che l’enigma non sia di facile risoluzione.
“I giocatori hanno occhi e un cuore. Il calcio non è matematica, è fatto di numeri ma non è un fenomeno matematico. La matematica dice che 2 più 2 fa 4, ma nel calcio non è così. Alcune volte può fare più 4, altre meno. Qualche volta fa anche 4, ma bisogna considerare tante cose: gli aspetti esterni, i cambi di allenatore… Ci sono un’infinità di cose che vanno capite. Se prima c’era un sistema di gioco e poi arriva un tecnico con nuovo sistema, magari alcuni lo condividono e altri no. Alcune volte, poi, le cose vanno bene per magia, ma in questo caso la mancanza di valori è tale…”.
Quanto fa male ai milanisti vedere contemporaneamente, l’Inter così in alto?
“Il Milan, in questo momento, è tagliato fuori della lotta per vincere il campionato, è un po’ lontano dalla vetta. L’Inter invece è su. Il Milan non sta lottando per vincere e tutti ci auguriamo che ci provi, che funzioni, che cominci a vincere le partite, tutte. Sì, io mi auguro che il Milan le vinca tutte da qui alla fine. Solo così può cambiare tutto”.
Come può una squadra vincere tutte le partite quando il suo miglior calciatore, Rafa Leao, è considerato un problema piuttosto che una risorsa?
“Se il migliore è uno che non può essere il migliore, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. La squadra si esprime meglio se c’è armonia, se c’è fiducia. Se c’è rispetto nei confronti della società, dell’allenatore che li guida. È importante che i giocatori rispettino l’allenatore. Poi è chiaro che tutto viene determinato dai risultati. Se i risultati arrivano le cose vanno bene, tutto funziona. Se i risultati non arrivano, invece, è più complicato. E all’inizio tutti pensavano che il Milan potesse lottare per vincere o, quantomeno, per essere nelle prime posizioni”.
Da milanista sarebbe contento se l’Inter del suo amico Marotta riuscisse a vincere la Champions?
“Beh, diciamo che, visto che qualcuno deve vincerla, mi auguro che sia una italiana. A me piacerebbe che vincesse il Milan, ma questo non è possibile. Per il nostro calcio sarebbe sicuramente una buona notizia se la vincesse un’italiana perché restituirebbe alla Serie A quel prestigio che si sta cercando di recuperare da un po’ di tempo”.