La Serie B ci ha spesso regalato favole uniche nel panorama calcistico internazionale, storie di piccoli borghi destinati a prendersi le luci della ribalta e respirare quell’aria che molti capoluoghi di provincia vivono ogni domenica. Destinate spesso a brevi comparse prima di rientrare nei ranghi della Serie C, queste formazioni hanno vissuto un’epoca d’oro a cavallo fra gli Anni Ottanta e Novanta quando la provincia italiana iniziava ad alzare la testa e fare sempre più spesso capolino fra le big grazie all’investimento di rampanti imprenditori.
Fra le “promesse” di quel calcio dal sapore romantico si è preso senza dubbio un posto di rilievo il Licata, nota per esser stata la prima società a vivere a tutto tondo la rivoluzione zemania così come per aver centrato un clamoroso nono posto all’esordio sotto la guida di Giuseppe Papadopulo. La società agrigentina è ricordata anche per il calore del pubblico, sempre pronto a sostenere i giocatori fasciati dei colori della Svezia, patria di quei marinai che nel 1931 ispirarono i giovani fondatori del Licata.

Una tifoseria infuocata, in grado di riempire i dodicimila posti del “Dino Liotta”, impianto costruito nel 1932 a ridosso della foce del fiume Salso e divenuto tristemente protagonista il 26 novembre 1989, quattordicesima giornata del girone d’andata. In Sicilia arriva il Torino, retrocesso clamorosamente giusto qualche mese prima e pronto a prendere l’ascensore per tornare nel calcio che conta. Nei granata spiccano la presenza di giovani dal sicuro avvenire come Luca Marchegiani, Roberto Mussi, Dino Baggio e Gianluigi Lentini accompagnati dai più esperti Roberto Cravero e Francesco Romano oltre al brasiliano Müller, a caccia di un posto per Italia ’90.
Il Licata ci arriva invece dopo un inizio di stagione non all’altezza delle previsioni: quattro vittorie in tredici giornate non bastano per pensare di posizionarsi nuovamente nella parte sinistra della classifica, anzi è necessario tenere d’occhio alla zona retrocessione nonostante i roboanti successi sul Foggia dell’ex Zeman e sull’ormai consolidata Barletta. Non resta altro che affidarsi al bomber Francesco La Rosa, ma dopo soli quattordici minuti sono gli ospiti a passare in vantaggio con Roberto Policano.
Nonostante il risultato la tifoseria locale non smette di spingere la propria squadra e lo fa con una foga tanto potente che il “Dino Liotta” trema. Gli spalti sono stracolmi, oltre ogni limite, tanto che molti sono entrati senza biglietto, mentre tanti altri sono rimasti fuori dallo stadio trasferendosi al vicino palazzetto dello sport dove poter vedere almeno qualche brandello di campo. Lì sopra compare una tettoia che dà sullo stadio e in pochi minuti sono decine i tifosi gialloblù che la occupano, incuranti di ogni pericolo.

Il primo tempo si chiude sull’1-0 con il Licata che non vuole arrendersi e la conferma arriva poco dopo il rientro in campo, per la precisione alle 15.42 quando Pasquale Minuti realizza il gol del pareggio facendo impazzire i supporters siciliani. La folla è in delirio, le tribune vibrano nuovamente pericolosamente quando un boato avvolge improvvisamente il “Dino Liotta”. Poco fuori dallo stadio si alza una nuvola di polvere e eternit dalla quale poco dopo si scorge il palazzetto orfano della tettoia esterna.
Sugli spalti cala il silenzio, la gioia per il pareggio svanisce e lascia spazio alla preoccupazione per il destino di quei ragazzi che sino a qualche minuto prima occupavano abusivamente quella balaustra. Un medico aveva avvertito le forze dell’ordine del pericolo, tuttavia la sua telefonata non era stata presa in considerazione e ora non restava altro che cercare di soccorrere i feriti. Mentre l’arbitro Di Cola costringe i giocatori a proseguire mentre corrono le voci riguardanti le persone coinvolte.
Fra loro spicca il nome Franco Airò, ventiquattrenne giunto da Ribata a Licata per sostenere la propria squadra del cuore in uno dei big match di quella tragica stagione. All’arrivo dei soccorsi il ragazzo presenta un grave trauma cranico e risulta già in stato comatoso. Il ragazzo viene portato di corsa all’ospedale come le altre venti persone coinvolte, ma non c’è più nulla da fare. Morirà a causa delle ferite riportate nel crollo.
Gli highlights della sfida fra Licata e Torino del 26 novembre 1989
Una tragedia che lascerà il segno anche in Pasquale Minuti che alcuni anni dopo ricorderà quel gol che consegnerà sì il punto al Licata, ma che rappresenterà un peso da portarsi per sempre sulle spalle: “Quel giorno c’era quasi tutta Licata a vedere il Toro, lo stadio era bellissimo, pieno di tifosi. Del resto si giocava contro una grande città ed una grande squadra. La partita scorre via quasi banalmente, stavamo perdendo e riuscimmo a pareggiare con un mio gol addirittura di testa. Grande esultanza dei nostri tifosi ma purtroppo adiacente al campo c’era in costruzione una palestra dove i tifosi rimasti privi dell’introvabile biglietto erano assiepati e ci fu la tragedia. Posso dire con tutta onestà che è il gol che non avrei mai voluto segnare per le brutte conseguenze. È stato un gol che non voglio ricordare che cerco anche a distanza di tanti anni cancellarlo dalla mia memoria. Mi dispiace tanto, non si può morire per andare a vedere una partita di calcio”.
Il Licata finirà quell’anno al diciottesimo posto retrocedendo in C e iniziando un lungo calvario che lo condurrà addirittura al fallimento nel 2014, mentre per il Torino inizierà un periodo d’oro che lo riporterà in A, ma soprattutto gli consentirà di vincere la Mitropa Cup, la Coppa Italia e raggiungere la finale di Coppa Uefa. In mezzo quella tragedia che spezzerà prematuramente la vita di Franco Airò e una delle favole a cui la provincia degli Anni Ottanta si era abituata a vivere.