“Il rugby è uno sport da macellai giocato da gentiluomini, il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da macellai”.
Il calcio e il rugby sono come due cugini che non si sono mai amati. Anche la leggenda alimenta questa rivalità, col rugby che sarebbe nato nel 1823 nel college di Rugby (Warwickshire, a est di Birmingham), proprio durante una partita di calcio. Nel pieno del gioco, lo studente William Web Ellis avrebbe preso in mano il pallone correndo verso la linea di fondo avversaria, schiacciando in meta incurante dei presenti. Non contenti, i rugbisti hanno ovalizzato il pallone (più difficile da calciare ma più semplice da giocare con le mani) e soprattutto hanno sempre rivendicato una sorta di superiorità morale – un po’ come traspare dalla frase sopra – alla base del rispetto e dell’origine del terzo tempo: avversari solo fino all’ottantesimo minuto, dopo allegri compagni di bevute. I calciatori, dal canto loro, hanno sempre visto come snob i sostenitori della palla ovale, lasciandoli al loro mondo ovattato e presunto superiore. E pensare che i due cugini nemici hanno saputo ispirare un grande cantore – tra le altre – di storie ovali, Marco Paolini, che in uno dei suoi spettacoli raccontava come “il rugby sta al calcio come la Prima sta alla Seconda Guerra Mondiale: da una parte la conquista del terreno nemico, trincea dopo trincea, fino alla meta finale, dall’altra la guerra lampo, come un gol in rapido contropiede”.
PADRI E FIGLI
Succede così che se in famiglia il papà, grande calciatore dei tempi andati (almeno stando ai suoi racconti che ammorbavano i pranzi domenicali…), deve scoprire e assistere alla passione rugbistica del figlio, prima trasecola ma poi si riprende in tempi brevi, fiero del ragazzo e dei suoi valori. Se invece il padre rugbista, ancora più infervorato quando si tratta di decantare il suo glorioso passato a pranzo la domenica, si accorge che il figlio è uno dei macellai, un maledetto calciofilo, è una tragedia greca. “Ma come? Dopo tutto quello che ti ho insegnato! No, è inaccettabile, il mio sangue calciatore… Ma è vero che vi insegnano a simulare?” In Veneto, terra di nebbie, campagne e generazioni di rugbisti, una scena come questa troverebbe la sua ambientazione ideale. A livello amatoriale, perché ai grandi campioni questo non succede. Prendete Michael Lynagh, gigantesca colonna dell’Australia campione del mondo 1991. Il figlio Louis ha esordito con la maglia azzurra nell’ultimo Sei Nazioni. Protagonista dell’entusiasmante vittoria in casa contro la Scozia. Italiano in virtù di mamma Isabella e di Treviso, sua città natale. Oppure il neozelandese Kevin Barrett, giocatore degli Hurricanes, la squadra di Wellington, che ha visto i suoi tre figli Scott, Beauden e Jordie giocare la finale della Coppa del Mondo – la Web Ellis Cup, secondo la leggenda alle origini della palla ovale – tutti insieme negli All Blacks che hanno affrontato il Sudafrica. Perdendo, ma difficilmente quella sera di novembre del 2023 a Parigi poteva esserci qualcuno più felice di papà Barrett.
SIR JOHN
Un’altra leggenda è Sir John Kirwan, All Black campione del mondo al primo mondiale neozelandese del 1987 ed ex ct dell’Italia tra il 2002 e il 2005. Con gli azzurri Kirwan ha sfiorato i quarti di finale alla Coppa del Mondo australiana del 2003 e ha centrato due vittorie al Sei Nazioni (contro il Galles nel 2003, contro la Scozia l’anno dopo). John ha sposato due volte l’Italia, la prima con la palla ovale (a partire dal 1988, anno di arrivo alla Benetton Treviso) e la seconda da marito di Fiorella, pallavolista conosciuta alla Benetton. La coppia ha tre figli: Francesca, pallavolista come la mamma, e il giovane Luka, che può già vantare un’esperienza da cyclor di Luna Rossa (i motori umani che con la potenza delle gambe alimentano i sistemi idraulici alla base dei movimenti dello scafo). E poi c’è Niko, attuale capitano del Padova. No, non il Petrarca, storico club italiano della Serie A Elite. Il Padova, quello di calcio…
TU QUOQUE NIKO
Ebbene sì John, succede anche nelle migliori famiglie ovali. La mela marcia, la pecora nera dei Kirwan. Come hai potuto, Niko? Proprio tu, la faccia sputata di tuo padre. Primo figlio maschio di una leggenda, Cavaliere e Ufficiale dell’Ordine al merito della Nuova Zelanda? Inquinare la nobiltà sportiva della famiglia col tuo malefico calcio! Tra l’altro, cominciando in Italia per poi proseguire bel bello in Nuova Zelanda, con l’Auckland City, il Waitakere United e il Team Wellington. Prima di venire convocato dalla Nazionale dei kiwi, diventando così un All White: il colore è decisamente quello sbagliato… Poi il ritorno in Italia, Mestre, Reggina, Reggiana e dal 2021 il Padova, col quale il giovane Kirwan ha da poco raggiunto le 100 presenze ed è stato insignito dei gradi di capitano. Dal girone A della Serie C italiana alle sfide internazionali dell’Oceania Football Confederation. Per rimanere da noi, quest’anno il Padova sembra lanciato verso la serie B diretta, primo con 10 punti di vantaggio sul Vicenza secondo, a meno di non portare jella con questa ottimistica previsione…
Anzi no, la jella e la fortuna non esistono, roba da italioti… Eccolo il punto d’incontro dei Kirwan: dal pallone ovale a quello rotondo, ma senza sceneggiate all’italiana. Vinci se sei stato più bravo dell’avversario, non perché dalla tua c’è la fortuna e di là c’è la jella. Rispetta sempre l’avversario: sul campo l’esempio è neozelandese. Le radici italiane però ce le teniamo strette, ci servono perl’ironia con cui scherziamo sulla rivalità tra John e Niko, tra rugby e calcio. Un All Black e un All White, per virare entrambi sull’azzurro. A ben guardare, i colori sono perfetti.