Quando Giuseppe Furino ripensa al Messico, la reazione è la stessa del protagonista della celebre canzone di Enzo Jannacci. Un’irresistibile voglia di piangere, ricordando quel Mondiale vissuto fianco a fianco di Sandro Mazzola e Gianni Rivera, Ricky Albertosi e Gigi Riva, ma soprattutto a quei quarantacinque minuti giocati contro l’Uruguay, gli unici disputati dal centrocampista siciliano in una rassegna iridata.
La storia di Furino è in realtà quella di un “emigrante”, costretto a lasciare costantemente la propria casa seguendo in giro per l’Italia il padre, maresciallo della Guardia di Finanza. Da Palermo dove nasce, ad Avellino dove trascorre la sua infanzia, passando per Napoli, Agropoli e infine Torino dove arriva all’età di quindici anni trovando finalmente una sistemazione.
Lì incontra il suo primo grande amore, la Juventus, dove cresce sotto l’ala protettiva di Renato Cesarini che lo nota per la sua caparbietà e lo segue costantemente durante gli allenamenti: “Lui si metteva a bordo campo, mi incitava e mi suggeriva come giocare. Il guaio è che i suoi consigli erano del tutto contrari a ciò che mi veniva detto dagli allenatori. Ne veniva fuori un gran casino. Ma mi divertivo da morire ed ero orgoglioso di essere il suo pupillo” racconterà Furino in un’intervista al Guerin Sportivo.
La Juventus vuole provare a tutti gli effetti il ragazzo motivo per cui nel 1966 Giuseppe finisce in prestito al Savona con cui disputa un campionato di Serie B e uno di C formandosi professionalmente e diventando a tutti gli effetti quel mediano instancabile che decine di generazioni invidieranno. A quel punto nel 1968 Giuseppe finisce a Palermo in seguito a un giro di prestiti che lo porta a esordire in Serie A sotto la guida di Carmelo Di Bella venendo richiamato l’anno successivo a Torino complice la fine del ciclo di Heriberto Herrera.
Dopo una prima fase di rodaggio, nel 1970 si prende il comando del centrocampo bianconero trovando spazio sotto Armando Picchi, scomparso prematuramente a causa di una malattia, e poi Čestmír Vycpálek. Le prestazioni con la Juventus non passano inosservate agli occhi di Ferruccio Valcareggi che decide di chiamarlo per i Mondiali in Messico dove Giuseppe non trova molto spazio nelle rotazioni azzurre.
Il momento dell’esordio in occasione della sfida con l’Uruguay, in programma all’Estadio Cuauhtémoc. Una sfida decisiva per le ambizioni degli azzurri che, dopo aver sconfitto all’esordio la Svezia con un gol di Angelo Domenghini, trovano un “accordo” con la squadra avversaria. In caso di pareggio, entrambe le squadre supererebbero il turno, motivo per cui prima del match il capitano dei sudamericani intercetta Mazzola proponendogli un “patto di non belligeranza”.
Gli highlights di Italia-Uruguay del 6 giugno 1970
L’attaccante nerazzurro accetta e inizia così un incontro senza emozioni, in cui trovare spazio anche per l’esordio di Furino, subentrato al 46’ al posto di Domenghini. La situazione non cambia nel secondo tempo con Giuseppe che non sfigura, rientrando presto nei ranghi e vedendo dalla panchina i compagni infliggere lo storico 4-3 alla Germania nella “Partita del Secolo”.
Quando torna in Italia Giuseppe torna a essere un pilastro della Juventus che conquista scudetti a raffica, ma, a differenza dei compagni, non trova spazio in Nazionale. Per rivederlo in azzurro occorre attendere il 25 febbraio 1973 quando a Istanbul gioca la sfida di qualificazione ai Mondiali 1974 contro la Turchia. L’Italia vince e Furino gioca l’intera sfida colpendo anche Valcareggi che nel dopo-partita ammetterà di aver scovato l’uomo che cercava.
Una promessa che sa però di bugia come racconterà poi Furino: “La sola cosa che posso raccontare è che Valcareggi, dopo Italia-Turchia del 25 febbraio 1973 vinta per 1-0, dichiarò ai giornalisti nello spogliatoio: ‘Ho trovato finalmente il mediano per questa nazionale’. Ricordo che avevo a fianco Mazzola che mi disse: ‘Non gli credere’. Ebbe ragione lui. Non mi convocò più”.
Il mediano palermitano è quindi costretto a ingoiare l’ennesima delusione azzurra saltando la sciagurata trasferta in Germania e rientrando in Nazionale soltanto a fine anno, questa volta con Fulvio Bernardini alla guida. L’appuntamento è un’amichevole fra Italia e Bulgaria in programma a Genova il 29 dicembre con la formazione tricolore che presenta numerosi debuttanti.
E’ una squadra sperimentale, senza un vero piano di gioco, e ciò lo si vede sin dal primo tempo dove l’Italia attacca disordinata con Giancarlo Antognoni, Roberto Boninsegna e Luciano Chiarugi senza però che l’undici del Bel Paese riesca mai a impensierire la porta avversaria. Alla fine del primo tempo Furino lascia spazio a Luciano Re Cecconi e lì si conclude la sua esperienza in azzurro, con la Bulgaria che addirittura va vicina al gol nella ripresa.
Nel corso degli anni successivi Furino diventerà il capitano della Juventus con cui conquisterà otto scudetti, due Coppe Italia, una Coppa Uefa e una Coppa delle Coppe prima di ritirarsi nel 1984 al termine di un lustro trascorso in bianconero.
Tutti quei trofei consentiranno a molti suoi colleghi di conquistare un posto per il Mondiale in Argentina nel 1978, ma lui no, non verrà preso in considerazione da Enzo Bearzot. Motivo? “Non ci siamo mai amati, e non so il perché”.