Dopo lo sguardo perso sul campo, dopo l’annuncio che non avrebbe dormito tutta notte, dopo lo sfogo e le lacrime negli spogliatoi, dopo l’onestissima analisi del dopo partita (“Ho fallito troppe occasioni, non solo i tre match point del quarto set”), dopo la rabbia, dopo la fuga sui suoi monti da mamma, papà e amici, dopo l’attenta analisi coi coach rivedendo con attenzione la finale del Roland Garros, dopo aver curato le vesciche ai piedi ed aver calzato le scarpe da erba per Halle (dal 16 giugno), Jannik Sinner punterà ancor di più il mirino sull’unico avversario che lo batte: il terribile Carlos Alcaraz. Si leccherà le ferite dopo l’ottava sconfitta in dodici duelli, la quinta consecutiva, la prima sotto il traguardo Majors, sporcando il 3/3 nelle finali Slam e l’aura di numero 1 non solo di continuità, freddezza e classifica ATP, ma soprattutto di rendimento sotto pressione. Le montagne da scalare da Spiderman-Sinner contro l’erede di Rafa Nadal sono una vera e propria catena.
PROBLEMI
Sia nello scambio che nel match, il Profeta dai capelli rossi e il suo team hanno avuto la conferma che Carlitos accusa solo la velocità. Qualità che è alla base del gioco dell’altoatesino e che risulta decisiva con tutti gli altri avversari. Ma che, contro la tecnica e la fisicità dello spagnolo, presuppone uno sforzo atletico importante e una condizione fisica che, per Sinner, dopo i tre mesi di forzato stop, erano lacunosi. Tant’è che Jannik ha cominciato a mostrare la corda già al via di terzo set della finale, ha tenuto di nervi e di orgoglio, ma ha perso sempre più lucidità, sbagliando in modo anche eclatante, senza più le sue magnifiche gambe. Come s’è visto sul colpo più debole, il dritto, e anche sul servizio, che è andato a corrente alternata con la prima, con una media del 54% davvero troppo bassa per tenere lontano dal campo il toro scatenato Alcaraz in avvio di game.
MARATONE
E’ chiaro che il preparatore atletico Marco Panichi dovrà trovare il modo di irrobustire il telaio senza toccare il magico motore del primo italiano a salire al numero 1 del mondo che ha festeggiato ieri le 53 settimane in vetta. Secondo i rilievi ATP, la durata media di una partita del Grande Slam maschile è salita infatti dalle 2 ore e 21 minuti del 1999 alle 2 ore e 54 di quest’anno. Con un aumento medio di oltre mezz’ora per partita che, al Roland Garros, è cresciuto al 24,8% rispetto al 1999, con una durata media di 2 ore e 56’. Per lo spettacolo è sicuramente meglio, in termini di partite epiche e quindi di popolarità, dai Fab Four al duopolio Alcaraz-Sinner. Che, ricordiamolo s’è spartito gli ultimi 6 Slam: l’anno scorso, Melbourne e US Open di Sinner, Roland Garros e Wimbledon di Alcaraz, quest’anno, finora, Melbourne di Sinner e Parigi di Alcaraz. Pubblico e popolarità che, nel tennis, si conformano a una media di utenti di 61 anni, come da sondaggio del 2017.
CONFERME
Gestire Sinner in funzione di Alcaraz non è facile. Considerando che l’allievo di Juan Carlos Ferrero ha superato Jannik proprio durante il suo dominio, unico a riuscirci nelle ultime 49 partite, ritoccando il proprio straordinario bilancio (15/17) anche nei tie-break, dove invece in genere l’italiano domina, e mettendo in rilievo il fattore-5 set che un tempo penalizzava in modo evidente l’allievo della coppia Vagnozzi-Cahill. Battuto per la terza volta dopo un vantaggio di due set a zero, 8/8 quando le partite superano le 3 ore e 50. Insomma, meglio andar veloci e non entrare nel Guinness dei primati, esaltando Carlos, terzo era Open ad aggiudicarsi una finale Slam dopo aver salvato match point, dopo Gaston Gaudio contro Coria al Roland Garros 2004 e Novak Djokovic contro Federer a Wimbledon 2019. L’argentino e lo svizzero ne sono rimasti choccati, Sinner è sempre tornato più forte di prima. Anche dopo i due ko in 5 set con Alcaraz, agli US Open 2022 e al Roland Garros 2024.
Vincenzo Martucci (Tratto dla messaggero del 10 – 06- 2025)