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Alessandro Pittin è un’istituzione nel mondo della combinata nordica italiana. Per chi è appassionato di questo sport, il bronzo conquistato all’Olimpiade di Vancouver 2010 rappresenta un momento indimenticabile, da consegnare alle prossime generazioni dimostrando che a volte i sogni si possono realizzare.
Il 34enne di Cercivento non ha mai smesso di puntare alla rassegna a “cinque cerchi”, soprattutto una volta confermata l’assegnazione a Milano-Cortina della kermesse 2026. Nemmeno un grave infortunio patito il 26 agosto ha fermato il portacolori delle Fiamme Gialle che ora sta completando il percorso di riabilitazione per tornare a sognare.
Come sta dopo il grave infortunio patito lo scorso anno?
Sto abbastanza bene. Mi sto riprendendo quasi pienamente anche se il ginocchio non è ancora al 100%, ma si sapeva che sarebbe andata per le lunghe. L’importante che da circa un mese e mezzo sto svolgendo l’attività al completo ricominciando a saltare. Non ho avuto troppi fastidi all’articolazione per cui bene o male sta funzionando il tutto. Avendo ancora un po’ di spazio prima dell’inizio della stagione, penso di poter arrivare alle gare in condizioni migliori, magari avendo anche più mobilità nel ginocchio.
Cosa è accaduto circa un anno fa a Oberwiesenthal?
Era la prima tappa del Summer Grand Prix. Il giorno prima avevamo fatto dei salti in allenamento e tutto sembrava regolare se si eccettua qualche problema in atterraggio. Al posto della tradizionale erba, era stato inserito in fondo alla pista un tessuto sintetico che, facendo molto caldo, si è seccato rendendolo più scivoloso. In fase di frenata ho quindi avuto una banale caduta che mi ha però causato la frattura del crociato anteriore oltre a una lesione al menisco mediale. Di conseguenza ho dovuto sottopormi a un’operazione saltando così l’intera stagione.
Come ha affrontato il percorso di riabilitazione?
All’inizio il percorso è stato particolarmente lento visto che bisogna rispettare i vari step, anche se un po’ noiosi. Poi da lì ho iniziato con la parte di rafforzamento muscolare in palestra, riatletizzazione e il resto. Nel periodo invernale, mentre gli altri gareggiavano, ho ripreso pian piano a sciare con gli sci da fondo e successivamente ho affrontato un grosso carico in palestra per stabilizzare il ginocchio e iniziare così infine a saltare sul trampolino. Questo è stato l’ultimo passaggio, quello più critico dal punto di vista della preparazione, e avendo avuto un percorso lineare, non ho avuto così tanti problemi.
Dopo quell’infortunio non ha pensato di ritirarsi?
La mia idea da qualche anno, da quando è stata assegnata l’Olimpiade all’Italia, era di arrivare almeno fin lì. Poi ovviamente gli anni passano e di conseguenza il rendimento cambia, motivo per cui è necessario valutare stagione dopo stagione quanta voglia rimanga di gareggiare. Un infortunio a questa età ovviamente si fa sentire e quindi rientrare è stato più complicato che in passato dove mi ero ripreso velocemente. Nel frattempo, è arrivata una famiglia e quindi altre responsabilità, motivo per cui affrontare il periodo invernale senza gareggiare è stato difficile. Ora il momento più complicato è passato e quindi si tratta soltanto di riprendere il ritmo, Vedremo come riuscirò a rientrare nel circuito e se sarò ancora sufficientemente competitivo anche per arrivare fino a Milano-Cortina 2026.
Con l’addio di Samuel Costa, la Nazionale è composta da tantissimi giovani. Come si sente in un gruppo così “green”?
Samuel era l’ultimo rimasto del gruppo storico, con cui ho iniziato a livello senior. Adesso ci sono molti giovani in squadra, provenienti da un’altra generazione, ma ciò può essere un aiuto per me visto che portano freschezza in squadra. Penso di poter essere un punto di riferimento ed esser un atleta che può essere un aiuto in certe occasioni. Cerco di non essere solo un traino, ma anche un sostegno per trasmettere loro tutto quanto ho imparato in questi anni.
Da medagliato olimpico, c’è qualche consiglio che offre loro?
Non parliamo mai della medaglia olimpica anche perché non sono una persona che ama mettere in mostra quanto successo in passato. Siamo qui per dare il massimo ora. Io cerco di portare tutta l’esperienza raccolta, ma ogni stagione, ogni weekend, ogni allenamento è diverso. Se i ragazzi cercano di raccogliere qualcosa di positivo, è bello, ma io non cerco di capire direttamente se sono un riferimento o meno per loro. Vivo la mia esperienza e faccio sì che loro vivano la loro. Spero solo di esser un esempio e magari un “insegnante”.
Quanto è cambiata la combinata nordica da quel celebre bronzo a Vancouver 2010?
E’ cambiata quando ho iniziato io visto che ci sono stati una serie di cambi di regolamento, ma anche la comparsa di alcuni atleti come Jarl Magnus Riiber che hanno rivoluzionato questo sport e hanno alzato il livello, soprattutto nel salto. Ciò forse mi ha messo in difficoltà in certi momenti perché le mie caratteristiche erano altre rispetto a quanto ci si aspetta in questo momento, però noi cerchiamo di lavorare per raggiungere gli altri. Non è semplice perché chi c’è davanti sono nazioni molto forti, con risorse economiche, ma anche materia prima maggiore. Nonostante ciò vedo che i giovani vogliono provare a emergere e quindi è solo l’impegno e la passione che provano potrebbero consentirgli di giocarsi le chance con i più grandi.
Spesso l’abbiamo vista compiere grandi rimonte nel fondo. Non ha mai pensato di passare a quello sport?
In realtà no perché per tanti anni ho avuto dei grossi risultati in combinata e ho sempre avuto le possibilità di esprimermi al meglio in combinata oltre a giocarmela alla pari con i migliori. Penso di aver buone caratteristiche da fondista, ma non penso di esser mai stato al livello di Coppa del Mondo. Lasciare una disciplina in cui potevo rimanere spesso in top ten e passare al fondo, non valeva la pena visto che non avrei magari avuto un posto in Nazionale A. Quest’idea non mi ha quindi mai preso interamente, anche se non posso negare di averci pensato qualche volta. Nelle ultime stagioni il rendimento sul salto è stato più basso rispetto a quelle precedenti, però non c’erano più i presupposti per un cambio del genere.
Qual è la prospettiva per la combinata viste le voci di una possibile esclusione dal panorama olimpico?
Sicuramente non c’è un futuro roseo visto che il CIO sta spingendo per arrivare alla parità dei generi nel numero di partecipanti alle Olimpiadi e, visto che il settore femminile della combinata non è stato ancora inserito, c’è il rischio che si venga esclusi del tutto dal programma a cinque cerchi. La FIS sta lavorando per portare anche le ragazze alle Olimpiadi, però non si può far altro che incrociare le dita e che dall’edizione 2030 possano esserci anche loro.
Quali sono gli obiettivi per la sua stagione?
L’obiettivo primario è ritornare dove avevo lasciato, quindi esser ancora una volta competitivo e inserirmi fra i primi venti in Coppa del Mondo dopo una stagione intera fuori. Poi ci sono i Mondiali in Norvegia, a Trondheim, una località che mi piace e dove ho fatto delle buone gare. Ci terrei a qualificarmi e ben figurare. Sarebbe un ottimo test per capire se sarà la partecipazione a Milano-Cortina 2026.