Quando Edoardo Bove si è accasciato a terra al 17’ della sfida fra Fiorentina e Inter, Ciccio Graziani ha sentito un brivido correre lungo la schiena. Una sensazione che lo ha riportato indietro al novembre 1981 quando, durante un incontro con il Genoa, vide il compagno di squadra Giancarlo Antognoni cadere a terra esanime dopo uno scontro con il portiere avversario. Un momento che ha scosso l’ex attaccante, diviso come Bove fra Roma e Fiorentina, ma soprattutto preoccupato per il futuro del giocatore viola come spiegato in un’intervista a Diretta.it.
Cos’ha provato quando ha visto Bove accasciarsi?
Tanta commozione, tanta paura, mi sono ritornate in mente anche le immagini che ho vissuto con Giancarlo Antognoni. Io ero in campo in quel momento e, quindi, ho rivissuto un incubo. Per fortuna adesso le notizie sulla salute del ragazzo sono buone: è fuori pericolo di vita e questo è già il miracolo più bello. Poi, da quello che si dice, dovranno mettergli un defibrillatore e, se sarà così, lui in Italia non potrà più giocare al calcio.
E’ d’accordo sullo stop a chi viene impiantato un defibrillatore?
Non conosco la materia, quindi non so se siamo troppo pignoli. Evidentemente per noi italiani, per la medicina italiana, per i cardiologi più importanti che abbiamo in Italia, con quell’apparecchio si può anche giocare, ma c’è anche il rischio che si possa bloccare, si possa fermare, possa avere un black out, anche a causa di uno scontro di gioco. E non potrebbe giocare neanche in Nazionale…
Come avrebbe vissuto un trasferimento all’estero per continuare a giocare?
È una cosa che bisogna vivere sulla propria pelle, non lo so. Se ci penso mi vengono i brividi, anche perché sapendo di avere una macchina che mi regola il cuore nel caso in cui dovesse avere un problema, già partirei con un pensiero di condizionamento. Non sei più libero e, quindi, la paura, la preoccupazione c’è sempre. Poi i medici ti dicono che non rischi nulla, che non ti devi preoccupare e magari questo ti solleva un po’, ma ho l’impressione che mentalmente uno possa far fatica ad abituarsi a questa cosa. Hai sempre la percezione e la paura che in un momento di grande sforzo, di un contatto di gioco, possa succedere qualcosa. Solo a pensarci mi condiziona e mi dà tristezza, sarà il ragazzo a valutare. Eriksen per esempio ce l’ha fatta e credo che non sia l’unico. Non possiamo metterci nei panni di Edoardo.
Palladino ha trasformato la Fiorentina. Cosa le piace del suo gioco?
Che sta facendo giocare bene la squadra. Tra l’altro, era partito male con un modulo che, molto probabilmente, non si adattava bene alla squadra, ma lo ha cambiato, intelligentemente, e la squadra è migliorata, molto migliorata. Adesso la Fiorentina ha una sua identità, gioca bene al calcio, si muovono tutti in funzione di un sistema di gioco più appropriato alle loro qualità. Adesso, però, bisogna vedere quanto dura. Siamo alla quindicesima giornata e, quindi, ne possono succedere ancora tante, nel bene e nel male.
Dove troveremo la Fiorentina a fine stagione?
Io mi auguro, intanto, di migliorare la posizione dell’anno scorso, ma sarebbe stupendo se potesse lottare, non dico per la Champions, ma per un posto in Europa League, visto che non l’ha mai fatta e che giochiamo spesso in Conference. Vorrebbe dire giocare per la quinta e la sesta posizione.
Cosa manca a Kean per diventare il centravanti della Nazionale?
Intanto, in Nazionale c’è già. Ma siccome Spalletti gioca con una punta sola o gioca lui o gioca Retegui o, quando tornerà, Scamacca. Io in Moise ci ho sempre creduto. Per dire se sarà un grande campione, però, bisogna aspettare perché, purtroppo, in tanti altri momenti il ragazzo ci ha illuso. Se noi partiamo dal presupposto che l’anno scorso in 19 presenze con la Juventus non ha fatto neanche un gol, capiamo che parlare di grande campione è eccessivo, però ha le qualità per potersi affermare.
Ranieri può salvare la stagione della Roma?
Se arrivano i risultati sì, altrimenti ci va di mezzo anche Ranieri, il calcio è fatto dei risultati. Adesso la Roma ha un’opportunità importante perché gioca degli scontri salvezza. Perché oggi la Roma gioca per non retrocedere, la posizione in classifica è quella che è, in piena zona retrocessione. Dopo la partita con il Lecce va a Como in un altro scontro salvezza e, successivamente, ha il Parma in casa che è un altro scontro salvezza. Se fa sei punti in queste partite fa un salto di classifica, ma se ne fa meno e la situazione rimane esattamente quella attuale vorrà dire che anche la cura Ranieri non ha funzionato.
Giusto affidarsi a un traghettatore fino a fine stagione?
Assolutamente sì. In realtà, io avrei ripreso De Rossi, ma non c’è persona migliore di Ranieri per poter gestire la società e la squadra.
Quale idea si è fatto dell’esonero di De Rossi?
Sono stati molto precipitosi, una società di dilettanti perché tu non puoi rinnovare il contratto a un allenatore tre mesi prima per tre anni e poi, dopo quattro partite che sono nate male, lo mandi a casa. È un controsenso, però i soldi sono loro, facciano come gli pare, ma li stanno regalando. In questo momento, il vero problema della Roma, più della situazione di classifica, è che non c’è società. I Friedkin, padre e figlio, non si sa dove siano e abbiamo un direttore sportivo che parla solo francese e ogni tanto accenna qualcosa in italiano. Peggio del così la cosa non poteva andare.
E’ stato più doloroso perdere lo scudetto con il Lecce o la Coppa dei Campioni con il Liverpool?
Le sconfitte sono tutte dolorose. È chiaro che quella in Coppa dei Campioni brucia… La sconfitta con il Lecce ci può stare, non è la prima volta che succede che un grande club perde con una squadra retrocessa, ma quando perdi una Coppa dei Campioni e in più sbagli il calcio di rigore, è chiaro che il rammarico è molto più grande.
Perché le sconfitte più dolorose sono arrivate all’Olimpico?
È fantastico giocare a Roma, c’è un affetto, un entusiasmo incredibile e, quello romanista, è un popolo che spesso ti accusa solo se non ti impegni, altrimenti accettano tutto. Sono molto disponibili e competenti, i tifosi della Roma, e l’entusiasmo che c’è intorno a quella squadra è fantastico. Non c’è pressione, secondo me, è solo entusiasmo.