Quando il gioco si fa duro, Lorenzo Previtali scende in pista e scatena tutti i propri cavalli. Il 19enne di Calusco d’Adda è uno dei rappresentanti della nuova generazione dello short track italiano, il nuovo che avanza e che ha conquistato un oro in staffetta agli Europei che mancava da quindici anni.
Insieme a Pietro Sighel, Thomas Nadalini e Luca Spechenhauser è pronto a far emozionare il pubblico presente al Forum di Assago per la tappa italiana del World Tour. Il tutto con due sogni ben fissati nella mente: partecipare all’Olimpiade di Milano-Cortina 2026 e allenarsi al fianco di Arianna Fontana.
Com’è nata la passione per lo short track?
In realtà la mia passione è stata indotta perché da piccolo ho praticato il pattinaggio a rotelle fino a 10/11 anni. Visto che diversi miei compagni si muovevano per lo short track, gli ho dato una possibilità provando un anno entrambe le specialità. Mi piaceva e, considerando che il pattinaggio a rotelle non è uno sport olimpico, ho deciso di trasferirmi sul ghiaccio. Da quel momento ho praticato soltanto lo short track.
Praticare entrambe le specialità sarebbe stato impossibile?
Volendo si poteva nel senso che in giro per l’Europa ci sono ragazzi che riescono a farlo. All’epoca però mi era stata richiesta la partecipazione ai Campionati Italiani di pattinaggio su rotelle a febbraio, in concomitanza con le gare di short track, motivo per cui ho dovuto declinare e per questo con la mia famiglia abbiamo deciso di concentrarci su questa disciplina.

Come vi allenate nella fase estiva?
La preparazione innanzitutto si basa su esercizi in bicicletta come ripetute da sette/otto minuti a cui si aggiungono sessioni di corsa e di palestra che teniamo tutto l’anno. Abbiamo infine sessioni di prestazione che vanno a replicare gli esercizi che facciamo sul ghiaccio come piegamenti specifici su una gamba, salti, traino attraverso una corda tenuta dal compagno per limitare la pressione che si va a mettere sul ghiaccio in inverno.
Ci sono difficoltà ad allenarsi in Italia?
Dal punto di vista di crescita dei giovani, è un bel problema. A differenza di altre nazioni europee, i numeri degli aderenti si stanno abbassando. Gli impianti sono molto limitati: ci sono operanti a Torino, a Bergamo dove però i numeri sono ormai molto ridotti, a Bormio, a Pinzolo, a Pergine Valsugana e a Baselga di Piné. Vivendo a Bormio, mi alleno sempre qua con la Nazionale quindi non ho problemi, anche perché la pista viene prenotata già inizio anno per il resto della stagione. Il problema si pone per quanto riguarda i giovani.
Quanto è stato importante l’apporto di Stelio Conti per la sua crescita?
E’ stato fondamentale perché Stelio mi ha sempre supportato da quando sono arrivato a undici anni e sono andato via che ne avevo diciotto. E’ sempre stato molto attento e corretto. Mi ha sempre seguito su tutti gli aspetti, dal tattico al tecnico passando per il fisico senza mai bruciare le tappe. Ai miei tempi c’erano ragazzi più grandi che davano una mano e quindi era stimolante aver qualcuno migliore di me. La Sport Evolution mi ha dato molto e spero di aver lasciato loro qualcosa, tanto che quando capita torno a Bergamo a pattinare.
Quanto è stato difficile lasciar la famiglia così giovane?
E’ il secondo anno che sono a Bormio e lo scorso anno ero in quinta superiore, per cui la scelta è stata ancor più complessa. Con i professori e la mia famiglia siamo riusciti a trovar un accordo per concludere il percorso, mentre l’università sto seguendo i corsi online. Resta comunque difficile perché torno a casa sì e no cinque giorni al mese e in quel periodo devi recuperare tutto quello che non puoi far prima, stando a casa con i tuoi parenti e godendoteli. Purtroppo per pattinare ad alti livelli in Italia non resta altro che trasferirsi qui e quindi bisogna prepararsi psicologicamente prima di muoversi.
In Nazionale ha trovato una seconda famiglia?
Assolutamente sì, con i ragazzi andiamo molto d’accordo. Sono sempre tutti disponibili ad aiutarmi e anche lo staff ci viene sempre incontro. A livello di relazioni personali siamo messi molto bene.
In staffetta siete tutti molto giovani. Quanto vi spinge verso il futuro?
E’ bellissimo condividere l’esperienza con ragazzi della mia età. Per il futuro sono più che contento che questa squadra sia giovane, anche se, oltre a noi, ci sono almeno un’altra decina di ragazzi fra i 20 e i 25 anni molto competitivi che si allenano con noi e che faranno di tutto per migliorarsi anche in vista dell’anno prossimo. Fa bene aver una squadra che ti sproni a migliorare, nonostante ci sono dei veterani come Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli che portano esperienza e ci consentono di scovare alcune tattiche che magari noi non notiamo.

Come si è sentito vincere l’oro agli Europei?
È stata una bella emozione anche perché era il mio obiettivo principale. A livello individuale ero schierato soltanto nei 500 metri, motivo per cui speranze di finali erano quasi nulle. Per ora con quelle gare di quel livello devo ancora prenderci la mano. In staffetta sapevamo che potevamo giocarci il titolo con l’Olanda e in finale è stata una bella battaglia. Ognuno ha fatto la sua parte e abbiamo ottenuto un titolo che abbiamo potuto condividere tutti assieme. Un’emozione indescrivibile.
Quali differenze ha notato nel passaggio da junior a senior?
Le strategie di gara sono completamente diverse. Vanno adattate delle furbizie che permettono di passare i turni poiché sono la sola forza per migliorarsi. Sto cercando di imparare il più possibile in vista dei prossimi anni ed è bello poter fare il salto fra i senior, anche se le gare junior danno tanto. Al giorno d’oggi ci sono ragazzi da tutto il mondo di livello altissimo, ma il mondo del World Tour ti sprona maggiormente.
C’è qualche curiosità in merito ai paesi che ha visitato sinora?
Per ora sono stato a Montreal che è una città europea in Nord America. È più un mix che apprendono dalle culture europee e le mettono assieme. Sono stato poi a Pechino e Seul e hanno modi di vivere completamente diversi. Nonostante abbiamo pochissimo tempo per visitare, in Cina abbiamo visto la Città Proibita ed è stata un’esperienza molto bella, facendoci spiegare anche dalla nostra allenatrice che è del posto.
Essendo straniera buona parte del settore tecnico, come vi comprendete?
Principalmente parliamo tutto in inglese. Il tecnico delle lame è bulgaro quindi, nonostante sia da quindici anni in Italia, cerchiamo di parlare tutto in inglese.
Come riuscite a compiere sorpassi senza farvi male?
Certe volte si riesce, altre no. Mi è capitato quest’anno di far un paio di sorpassi dove non ce l’avrei mai fatta e per questo sono caduto. Le protezioni che abbiamo al giorno d’oggi ci permettono però di sentirci più sicuri, nel senso che abbiamo tute antitaglio che vanno dal collo alle caviglie. I materassi sono morbidi quindi anche a livelli di fratture siamo tranquilli. Rimane comunque uno sport pericoloso come può accadere per un ciclista che affronta una discesa a oltre 100 chilometri orari. Speriamo di non cadere, anche se siamo protetti molto bene rispetto a dieci/quindici anni fa.

Quanto è importante avere al proprio fianco una fuoriclasse come Arianna Fontana?
Non ho mai fatto un allenamento con lei. Attualmente si allena a Salt Lake City negli Stati Uniti, per cui l’ho vista solo alle gare. Anche lì si fa vedere solo in occasione della riunione tecnica, per il resto si allena da sola. Poi chiaramente è bello vederla vincere, però purtroppo non ho mai avuto occasione di parlare con lei.
Qual è l’obiettivo di quest’anno?
Se è vero che il World Tour è importante, gli occhi sono puntati sui Mondiali Juniores visto che le occasioni individuali e in staffetta sono limitate. Un obiettivo concreto è di centrare una medaglia anche se nelle gare di short track è difficile porsi un traguardo se non per sé stessi. Fondamentale sarà essere nella condizione fisica migliore.
Per il World Tour a Milano cosa si aspetta?
Spero ci sia una bella atmosfera, tornando a gareggiare in Coppa del Mondo dopo molti anni. Immagino ci sarà una bella atmosfera anche perché il pubblico di casa fa sempre un certo effetto. Purtroppo non ho mai provato, anche perché lo short track non è uno degli sport più seguiti, ma penso che sarà una bella esperienza.
Cosa si aspetta dall’Olimpiade di Milano-Cortina 2026?
Non so se ci sarò, ma ci spero. Purtroppo con un anno d’anticipo far previsioni sulla partecipazione non ha senso. Siamo tanti ragazzi a un livello veramente alto e questo sarebbe il sogno di tutti. Fare un’Olimpiade in casa sarebbe un’esperienza incredibile, ma bisogna prima qualificarsi e vedere le gerarchie in squadra.