Quando a Casale Monferrato citi il nome di Luigi Barbesino tutti si fermano per un istante. Il centrocampista piemontese ha rappresentato un’icona per il Casale Calcio che nel 1914 conquistò l’unico scudetto della sua storia, ma sarebbe troppo riduttivo definire Barbesino soltanto il capitano dei nero stellati. Luigi é stato molto di più, considerato soprattutto la misteriosa scomparsa.
Barbesino nasce nel 1894 fra le colline del Monferrato indirizzando ben presto il proprio destino verso il mondo del pallone. Inizia a giocare nel collegio civico di Ivrea dove completa gli studi prima di tornare a Casale a sedici anni. Proprio in quell’occasione il centrocampista inizia a vestire la maglia della squadra della sua città diventandone ben presto il capitano.
Rispetto ai coetanei Luigi é nettamente più alto, ma soprattutto possiede un tocco di palla invidiabile e un carisma impossibile da paragonare: tocca la palla meglio di tutti e ha anche una personalità più spiccata degli altri. Tutto ciò non passa inosservato agli occhi del commissario tecnico Vittorio Pozzo che lo convoca per le Olimpiadi Estive di Stoccolma 1912 facendolo esordire in azzurro a soli diciotto anni e due mesi. Barbesino diventa così il secondo giocatore più giovane a vestire la casacca della Nazionale dopo Renzo De Vecchi.
L’avventura dell’Italia finisce ben presto visto che la Finlandia si impone a sorpresa all’esordio per 3-2 dopo i tempi supplementari costringendo gli azzurri al torneo di consolazione. Ed è qui che entra in gioco Barbesino, costretto a vedere la disfatta dei compagni dalla panchina per via della concorrenza nel ruolo avanzata da Giuseppe Milano.
L’1 luglio 1912 l’Italia si trova davanti i padroni di casa della Svezia per il torneo di consolazione arriva il momento di Barbesino. L’azzurro vuole regalare dopo la sconfitta all’esordio e ci riesce grazie a un gol al 30’ di Franco Bontadini che garantisce il passaggio del turno agli uomini di Vittorio Pozzo. A quel punto arriva l’appuntamento con la corazzata Austria, una squadra decisamente troppo forte per un’Italia alle prime armi. Barbesino scende in campo, ma è una disfatta. Finisce 5-1 per l’Impero Austro-Ungarico che concede soltanto la rete della bandiera a Felice Berardo prima di imporre una severa lezione di calcio per Pozzo.

Per Barbesino non resta altro che tornare a Casale Monferrato e concentrarsi sul campionato. Il ragazzo ha stoffa e si vede nella stagione 1913-14 quando con profonda autorità guida i nero stellati sino alla finale scudetto. Non c’è storia: all’andata il Casale vince 7-1, al ritorno 2-0 e il titolo vola così in Piemonte. Barbesino torna così nel giro della Nazionale che nel frattempo si è rafforzata e disputa così tre amichevoli tra marzo e maggio. Con la Francia arriva un netto 2-0 a Torino, mentre a Genova gli azzurri sono frenati sull’1-1 dalla Svizzera. Poco male perché un mese dopo a Berna arriva un importante successo per 1-0 firmato proprio dal piemontese.
Sembra l’inizio di una grande carriera per Luigi in azzurro, ma la guerra ferma tutto. Il piemontese viene arruolato nella Regia Aviazione che lo impegna a lungo tanto da tornare in campo per un torneo nel 1917, questa volta con la maglia del Legnano. E’ solo una piccola parentesi perché il centrocampista torna con la maglia del Casale e non la lascerà mai più tanto da respingere nel 1920 le offerte di Milan e Inter. Piuttosto di lasciare il Monferrato, Barbesino decide di ritirarsi e darsi alla politica. Dal 6 maggio 1921 l’ex capitano del Casale diventa il segretario del Partito Fascista a Bolzano e nel settembre diventa uno degli organizzatori dell’occupazione della città altoatesina. Il suo rapporto con il Fascismo termina però due anni dopo quando, dopo aver preso parte alla Marcia su Roma, Luigi decide di lasciare il PNF a causa di dissidi con Achille Starace che porta all’espulsione dal partito.
Barbesino decide quindi di tornare al primo amore, il calcio, tanto da condurre nel 1930 il Legnano a una storica promozione nel massimo campionato. A quel punto il piemontese viene chiamato dalla Roma dove rimane dal 1933 al 1937 tanto da sfiorare lo scudetto nel 1935-36. Dopo una parentesi fra il 1937 e il 1938 con la Nazionale Universitaria, il tecnico alessandrino deve però scendere in Serie B dove viene ingaggiato dal Venezia in Serie B. Per Barbesino non è una bella esperienza visto che viene sostituito prima della conclusione del torneo da Giuseppe Girani e terminato con la promozione nella massima serie.

La guerra ormai è alle porte e Barbesino viene richiamato nuovamente in Aeronautica con il grado di ufficiale venendo assegnato alla 194ª squadriglia con missioni di bombardamento, ricognizione e scorta di convogli, un compito esposto ai pericoli che spesso si tramutano in dispersioni e abbattimenti come dimostra il diario di guerra del 30° stormo. Il 20 aprile 1941 ecco la tragica notizia: “Una sezione di 2 velivoli della 194ª Squadriglia effettua una scorta convoglio con partenza notturna sul percorso Sciacca – Kuriate – Kerkenna – Sciacca. Il gregario, causa le pessime condizioni atmosferiche rientra dopo un’ora alla base, mentre il velivolo capo formazione non fa più ritorno”.
Alla guida di quel veicolo c’è Luigi Barbesino il cui corpo non verrà mai ritrovato. Eppure sulla sua scomparsa permane un velo di mistero come riportato nel memoriale inedito del nipote Francesco Luigi Barbesino: “Ebbene un giorno in cui un suo equipaggio non era rientrato da una missione, non esitò, di sua iniziativa, a salire su di un aereo e andarsene (senza autorizzazione) alla loro ricerca malgrado il tempo fosse tempestoso. Sembra, cosi sentii spesso raccontare dalla nonna, dalle zie e da mio padre, che fosse partito con un ‘ricognitore‘ alla ricerca dei colleghi ‘accompagnato’ in questa sua impresa dal cappellano del Campo che assolutamente non volle lasciarlo andare solo. Non fecero più ritorno. Dati per dispersi, non potemmo mai sapere se lo zio fosse stato travolto da quel violento fortunale che era in corso oppure abbattuto da fuoco nemico…”.
Qual è stato il destino di Luigi Barbesino? Non lo sapremo mai, ciò di cui siamo convinti che il capitano del Casale non ha mai esitato di metter a disposizione la sua proverbiale generosità a favore dei compagni, che si trattasse di calciatori o militari.