La presentazione del torneo di Montecarlo è un po’ come la riunione di parenti e amici prima di Natale. Si fa a Milano perché, negli anni, il Masters 1000 che, geograficamente, è metà francese e metà monegasco, è diventato sempre più un torneo italiano col 30% di pubblico tricolore che continua a salire fino all’odierno 33%, con carovane di pullman ed un’allettante invasione a cavallo di Pasqua o proprio a Pasqua. Tanto che, nela, scorsa edizione, ha portato al tutto esaurito già da martedì, con un totale di 136.671 spettatori. Una cifra che impressiona, considerando che il centrale del famoso Country Club del Principato dispone di appena 10.100 posti. Ma, davanti a quell’impareggiabile cartolina col rettangolo di terra rossa delimitato dato colori delle tribune e con lo sfondo del mare, qualsiasi numero evapora nel cielo blu. Quello sempre più blu di Montecarlo, come intonava un popolare jingle radiofonico.
Così come non contano concretamente il montepremi – stranamente ancora ignoto per tutti i tornei AtpTour 2019 -, come anche i nomi dei partecipanti. “Ci saranno tutti i migliori, ma aspettiamo a vedere come stanno fisicamente. Dico sicuramente Rafa (Nadal), Novak (Djokovic) e Zverev (Sascha), direi anche Federer, ma ancora non ha deciso il programma del prossim’anno”, mormora senza enfasi, quasi con nonchalance Zeljko Franulovc, ex professionista croato, ora direttore del torneo, che può sorvolare sul fatto che dei Masters 1000 il suo è l’unico dove i primissimi delle classifica non sono obbligati a giocare, pena uno zero un classifica. A Montecarlo, nella capitale del lusso, quello che per gli altri appuntamenti tennistici è fondamentale, diventa relativo.
Anche in virtù della storia e quindi dell’edizione numero 113, dal 13 al 21 aprile, da salutare con un nuovo ristorante giocatori e una nuova sala interviste. La ricchezza non può essere nella quantità, nella città lillipuziana che si estende sempre più verso il mare, cioé dentro il mare, con enormi blocchi di cemento come pilastri. “Il cuore del torneo è il suo sito”, dice sempre Franulovic. “Non i 300 ettari di Indian Wells, noi offriamo la nostra qualità e la preserviamo questo spirito di accoglienza amichevole degli spettatori”.
La grande bellezza non si combatte. Così il torneo continuerà ad ignorare la sessione serale: “C’è umidità, tanta gente viene da altre nazioni, di mattina, e resta tutto il giorno. E’ bello così. Tutta la giornata diventerebbe troppo per le famiglie coi figli piccoli”. E non allargherà a un torneo femminile: “Le donne ci sono state in passato, ma il torneo si è fatto il suo nome con gli uomini. Dovremmo raddoppiare il montepremi, portarlo a dieci milioni di euro, con una prospettiva di maggior incasso non così elevato, quindi direi di no”. Il torneo vorrebbe mantenere anche un alto livello di tradizione, e quindi evitare questo tourbillon di nuove proposte nel calendario mondiale.
“Come ex giocatore direi che è bello avere tanti tornei, e sicuramente è positivo che ci siano nuovi investitori. Ma così si crea anche troppa confusione: pensiamo solo alla nuova cosa Davis che non ha una data, perché quella di novembre non è positiva, subito dopo il Masters e appena prima della World Team Cup. Il timore è che, con tutta questa offerta, si sentirà la mancanza dei grandi giocatori nei grandi tornei”, chiosa il gran cerimoniere del tennis nel Principato. Che più chiaro di così proprio non poteva in casa di Sergio Tacchini, lo sponsor dei raccattapalle, ancora italiano di nome, e di sede, in cerca di idee per riesplodere ancora.