Sono volate le 12 tappe del campionato delle derivate. Il Prometeon Spanish Round di questo weekend, a Jerez, chiuderà una stagione entusiasmante che tiene tutti con il fiato sospeso: chi vincerà il titolo tra Toprak Razgatlioglu e Nicolò Bulega?
Per l’ultima intervista dell’anno, però, abbiamo scelto Tarran MacKenzie. Perché è un ragazzo speciale: tra diversi ritiri e un infortunio pesantissimo (commozione cerebrale a Donington, con conseguente pausa forzata di due mesi) sulla CBR 100 RR-R del Petronas MIE Racing Honda Team non ha raccolto i risultati che il suo talento avrebbe meritato. Eppure non ha perso il sorriso e si definisce “positivo, felice e determinato. Mercoledì compirò 29 anni e l’obiettivo è fare questo mestiere a lungo. Tempo fa immaginavo di smettere a 32 o 33 anni, ora i miei riferimenti sono Jonathan Rea e Álvaro Bautista: non sono più dei ragazzini, ma sono in forma smagliante”.
Cosa farai lunedì?
“Mi rilasserò. Di solito il lunedì post gare mi stendo sul divano in pace, con un buon caffè e Netflix acceso”.
Ti mancherà stare lontano dalla pista?
“Cerco di stare in sella più che posso: supermoto, flat tack, trial ma, più passano le settimane, più mi verrà voglia di tornare in griglia. Succede sempre così”.
Dipende dal Dna? Tuo padre Niall ha corso anche nel Motomondiale.
“Di sicuro papà ha trasmesso a me e a mio fratello Taylor la passione. Senza spingerci a infilare il casco, però. Io ho cominciato perché vedevo Taylor, neanche 3 anni più di me, girare in moto: da fratello minore, lo copiavo praticamente in tutto. Entrambi abbiamo iniziato tardi a competere, io intorno ai 10 anni; anche per quanto riguardava le gare, papà non ci ha mai messo pressione. E non ci ha mai sgridati, parlo in generale”.
Che rapporto hai con tuo padre?
“Molto bello. Pensa che da piccolo mi dava un po’ fastidio la sua figura: mi imbarazzava e non lo ascoltavo molto. Con l’età mi sono reso conto di quello che aveva conquistato in carriera ed è diventato anche un amico. Parliamo tutti i giorni, è ancora un grande appassionato del nostro sport e lavora nell’ambiente della British Superbike (BSB, ndr)”.
Ti dà consigli?
“Sì, la sua esperienza è fondamentale per me e le sue parole sono sempre preziose, che si tratti di un contratto o di una gara. Soprattutto, mi aiuta molto a restare calmo e concentrato”.
Quando, per esempio?
“Nel 2021 ero impegnato nell’ultimo round di BSB e stavo per vincere. Grazie a lui ho mantenuto il controllo e ci sono riuscito. Anche prima di approdare in WorldSBK, nel 2022, mi sono confrontato tanto con lui: in BSB lavoravo da 5 anni con un team in maniera splendida, non è stato facile lasciare una realtà favorevole come quella e un titolo fresco in bacheca. In più il passaggio nel Mondiale è stato complicato, a cominciare dalla moto. Con papà ho affrontato la situazione con calma e la vittoria a Most nel 2023 nella World Supersport mi ha caricato. So di essere molto fortunato ad averlo accanto e gli sono grato”.
Di tuo fratello cosa ci racconti, invece?
“Ha abbandonato le gare proprio quando ho vinto la BSB. A causa di brutti infortuni, ma non solo: non era focalizzato al 100 per cento sulle gare, al contrario di me – a 16 anni ho lasciato la scuola e non ho mai dubito sul mio futuro – e non si divertiva più. Però è rimasto nel giro, segue me e il team e viene tutte a tutte le gare”.
Anche tuo padre ti segue?
“Appena può, con mia madre. Mi raggiungeranno qui e c’erano al debutto in Australia: secondo me prendono la scusa del figlio pilota per girare il mondo e andare in vacanza (ride, ndr)”.
Con tuo fratello hai mai gareggiato?
“Sì, da ragazzini vinceva lui, poi lo battevo io; forse ha chiuso con le corse per questo motivo (ride, ndr)”.
È vero che vivi ad Andorra come tanti tuoi colleghi?
“Vero, anche perché è in altura: è il posto ideale dove allenarsi. Spesso ci incontriamo per girare in bici, poi a me piacciono molto anche il padel e il golf, sono ottimi workout”.
Abiti da solo?
“Sì, senza troppe difficoltà. Non sono un cuoco, ma cucino e sbrigo le varie faccende, lavatrice inclusa. Ringrazio mia madre per avermi insegnato a cavarmela da solo, è stata proprio intelligente con la sua fermezza”.
In che senso?
“È stata molto tosta quando ero più giovane, ma le sue lezioni di vita sono state utilissime: anche quando abitavamo vicini, non le ho mai portato i panni da lavare, dovevo arrangiarmi”.
Non hai mai dubitato del tuo futuro, raccontavi. Hai sempre sognato di diventare pilota?
“Sì, per un attimo anche calciatore del Liverpool, di cui sono fan. Presto ho capito, però, che non ero abbastanza bravo e non ho più avuto esitazioni”.
Il tuo collega Nicolò Bulega ci ha detto che non esiste amicizia tra piloti. Sei d’accordo?
“No, Bradley Ray è un mio grandissimo amico e anche Garrett Gerloff. Certo, quando si spengono i semafori, siamo solo avversari. Se ti stai giocando il podio all’ultima curva, non lasci passare nessuno!”.