Attaccanti come Felice Borel nascono una volta ogni cent’anni. Ne sa qualcosa Carlo Carcano che gli offre la prima occasione alla Juventus consentendogli di entrare nella storia del calcio italiano; lo sa Vittorio Pozzo che, nonostante un attacco di prim’ordine, non se ne priva in occasione dei Mondiali casalinghi del 1934.
Felice nasce a Nizza nel 1914 da una famiglia di calciatori che può vantare il padre Ernesto, centravanti bianconero d’inizio secolo, e fratello minore di Aldo Giuseppe. Prima di seguire le orme paterne, Borel studia al liceo classico iniziando la carriera da calciatore fra le fila del Torino prima di avere la grande occasione a soli diciotto anni quando la Juventus decide di metterlo sotto contratto fiutando il suo grande senso del gol.

Felice debutta alla seconda giornata nella sconfitta con il Napoli, ma deve attendere il nono appuntamento del campionato per realizzare il primo gol contro la Lazio. Da quel momento il giovane piemontese è un rullo compressore segnando ventinove gol in ventotto partite disputate. E’ il capocannoniere più giovane della Serie A, diventando il primo a superare il numero di gol rispetto alle presenze raccolte; un primato eguagliato solo settant’anni dopo da Christian Vieri.
Borel non si ferma lì e la stagione successiva si conferma titolare inamovibile toccando quota trentadue reti in trentaquattro sfide disputate, un rullino di marcia che spinge Vittorio Pozzo a convocarlo in Nazionale. La prima occasione è la sfida di Coppa Internazionale in programma a Budapest il 22 novembre 1933 contro l’Ungheria. Il match è aspro, i magiari provano ad attaccare nelle prime fasi, tuttavia è proprio Borel a risolvere la questione: segna all’esordio in azzurro al 43’ e permette all’Italia di andare a riposo in vantaggio. Nel secondo tempo gli azzurri sfruttano un solido sbarramento a centrocampo e si porta a casa i due punti.
Dieci giorni dopo a Firenze Borel è ancora protagonista nell’incontro con la Svizzera previsto per il 3 dicembre. La situazione è diversa rispetto all’incontro con l’Ungheria visto che l’Italia dopo soli otto minuti trova il vantaggio con Giovanni Ferrari. E’ soltanto un fuoco di paglia perché gli elvetici reagiscono e colpiscono al 21’ con Giuseppe Bossi e al 38’ Leopold Kielholz. Guai a scatenare l’undici tricolore che termina il primo tempo sul 2-2 grazie alla rete di Mario Pizziolo al 44’. Nel secondo tempo salgono però in cattedra i big con Raimundo Orsi che riporta l’Italia in vantaggio al 49’ prima di dilagare con Giuseppe Meazza al 55’ e Luis Monti al 66’ concludendo la sfida sul 5-2.
A quel punto, considerato anche il secondo successo nella classifica dei cannonieri, il posto da titolare al Mondiale sarebbe quasi certo per Borel, eppure davanti a lui nelle gerarchie si trova alle spalle del bolognese Angelo Schiavio. Per lui non resta altro che l’onere di seguire i compagni di squadra dalla panchina cavalcare verso il titolo, ma un intoppo costringe Pozzo a schierarlo. Ai quarti di finale l’Italia si blocca con la Spagna pareggiando per 1-1 e dovendo così ricorrere alla ripetizione del match.
Il 1 giugno a Firenze l’eroe della sfida del giorno precedente, il portiere iberico Ricardo Zamora, non c’è. La tesi ufficiale parla di un infortunio, ma voci di corridoio sostengono che sia stato minacciato dal regime fascista con tanto di percosse subite poche ore prima della sfida. Zamora avrebbe chiesto alla Spagna di ritirarsi dal Mondiale in segno di protesta, ma in tutta risposta il commissario tecnico Garcia de Salazar lo avrebbe sostituito con Juan Jose Nogues. La disputa è dura, ma all’undicesimo Borel si procura un calcio d’angolo. Orsi pennella in area per la testa di Meazza e l’Italia passa in vantaggio.
Gli azzurri provano in tutti i modi a trovare il raddoppio nel corso dei primi quarantacinque minuti, ma la porta sembra stregata e la palla non entra. Nel secondo tempo gli uomini di Pozzo sono sfiniti, costretti a chiudersi nella propria area e affidarsi alle parate di Gianpiero Combi. La Spagna attacca sino allo sfinimento quando nel finale Martin Ventolra viene atterrato a pochi metri dall’area. Punizione battuta da Leonardo Cilaurren, miracolo di Combi che nella foga travolge Eduardo González Valiño, noto come Chacho. Sarebbe rigore, ma l’arbitro non vede e l’Italia vola in semifinale.
Gli highlights di Italia-Spagna del 1 giugno 1934
Borel non vedrà più il campo in quel Mondiale eppure il gol decisivo è frutto di una sua azione che condurrà l’Italia dritta dritta al titolo. Sembrerebbe l’inizio di una lunga carriera in azzurro, eppure Felice non vestirà mai più la maglia della Nazionale. Il destino crudele lo colpirà poco dopo con una serie di infortuni che ne limiteranno le presenze in bianconero dove rimarrà sino al 1941 prima di passare per un anno agli acerrimi rivali del Torino.
La parentesi granata dura il tempo di un giro di valzer che Borel torna in bianconero rimanendovi sino al 1946 quando, ormai ultratrentenne, deciderà di svernare prima ad Alessandria e poi a Napoli. E’ il canto del cigno di un giocatore che, proprio a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, era divenuto a tutti gli effetti un allenatore, disputando le sue ultime partite sedendo contemporaneamente in panchina e scoprendo talenti come Giampiero Boniperti. Borel vivrà la fase finale della sua vita accompagnando la Juventus come osservatore e dirigente, tuttavia per lui rimarrà il rimpianto di aver disputato soltanto un Mondiale, peraltro da fortuito protagonista.