Il Manchester City per cullare il sogno treble, i cugini dello United per dare un senso ad un’annata tormentata e deludente. Il prossimo 3 giugno gli occhi di tutti gli appassionati di calcio saranno puntati sulla splendida cornice di Wembley per la finale di FA Cup, un trofeo che è ormai una sorta di ultimo baluardo di un calcio romantico che non guarda in faccia il blasone, la potenza economica, il palmares e che mette faccia a faccia realtà milionarie con microscopici club avvolti dall’anonimato dell’uggiosa provincia britannica. Confronti dagli esiti mai scontati e che negli anni hanno regalato momenti indelebili e scritto all’ombra della Union Jack pagine di Storia del football inglese. Ripercorriamo, in questa prima parte, tre imprese della FA Cup del III millennio.
Marine AFC 1894 (2020/2021)
Il più grande dislivello mai registrato in 152 anni di storia della FA Cup. Il protagonista è il Marine AFC, squadra di Crosby, una cittadina a dieci chilometri da Anfield Road, fulcro della Liverpool cresciuta a birra e pallone. Nel 2021, i ragazzi del Marine giocano nell’anonimato dell’ottava serie del calcio inglese. Siamo in piena emergenza pandemica. Il campionato a questi livelli parte, si interrompe e non si sa mai se e quanto potrà durare. Intanto, i ragazzi allenati da Neil Young iniziano a mietere vittime in coppa sotto lo sguardo distratto dei media. In occasione del turno preliminare di settembre battono 2-1 il Barnoldswick Town, poi vittoria di misura sul campo del Frickley Athletic FC e l’avventura continua. Per arrivare al tabellone principale della FA Cup servono ben cinque partite. Affrontare una squadra di League Two, la quarta serie inglese, è già un’impresa titanica per il microscopico Marine. Arrivare a giocarsi il secondo turno, che per i ragazzi di mister Young è già la settima gara della competizione, ha il sapore di un vero e proprio appuntamento con la Storia. È un gol del navigato attaccante Niall Cummins nel pieno dei tempi supplementari contro l’Havant & Waterlooville ad aprire scenari fino ad allora inimmaginabili: il 10 gennaio 2021, il Tottenham di José Mourinho, allora in testa alla Premier League, è di visita al Rossett Park contro una squadra che non deve più pensare al campionato, sospeso ormai da due mesi a causa della pandemia.
La cornice che ospita il più grande mismatch della storia della FA Cup è un misto tra il comico e l’incredibile. Gli spogliatoi dello stadio del Marine sono troppo piccoli per poter rispettare le norme anti-Covid. Harry Kane e compagni, quindi, si devono cambiare nella sala congressi. Il piccolissimo stadio è poi circondato dai giardini e dai balconi delle case, con i numeri civici a caratteri cubitali ben visibili dalle tribune: così se il pallone finisce in casa di qualcuno, si sa a quale campanello si deve suonare. E siccome la partita va giocata a porte chiuse, sempre per motivi sanitari, i tifosi locali si radunano tutti nei giardini delle case attorno al campo. Fa capolino anche Jürgen Klopp, ovviamente non in carne ed ossa, ma sottoforma di un simpatico cartonato. Nel Marine giocano infermieri, maestri di scuola e anche un addetto alla nettezza urbana. Al minuto ’19 sta per succedere l’impossibile: sullo 0 a 0, l’attaccante classe 2000 Neil Kengni va alla conclusione da lontanissimo. Il tiro, che Joe Hart battezza fuori con un pizzico di sicumera, scheggia la traversa e fa correre più di qualche brivido lungo la schiena degli Spurs. L’equilibrio regna sovrano per ventiquattro minuti, poi ci pensa Carlos Vinicius a rompere l’incantesimo, 0-1 per il Tottenham. La storia la scrive anche un giocatore dei “Lilywhites”, il classe 2004 Alphie Devine, che a 16 anni e 163 giorni diventa il più giovane esordiente in maglia Spurs e, solamente dopo sei minuti dal suo ingresso in campo, anche il più giovane marcatore di sempre. Gli uomini di Mourinho vincono per 0-5, il Marine, però, vende 32.000 biglietti virtuali e incassa 300.000 sterline, cifra che permette l’apertura di un pub autonomamente gestito dal club di Crosby. Un nuovo inizio da cui ripartire per scrivere un’altra incredibile pagina di Storia.
Lincoln City FC (2016/17)
Quando è stata l’ultima volta che una squadra di National League ha raggiunto i quarti di finale? Citofonare al Lincoln City, l’ultima compagine di “non-league” ad essere arrivata tra le prime otto della coppa esistente più antica del mondo. La lunghissima strada del Lincoln parte ad ottobre 2016: poche centinaia di persone ad assistere al replay del turno preliminare in casa del Guiseley AFC. Il Lincoln passa bene i primi turni di coppa, ma gli occhi di stampa e tifosi sono tutti puntati sul campionato, dove i biancorossi stanno comandando in una classifica che vede tra i pretendenti al titolo anche il Forest Green Rovers FC, balzato agli onori della cronaca in quanto club più ecologico del mondo. I tifosi e giocatori del Lincoln vengono soprannominati “Imps”, ovvero i diavoletti tipici del folklore britannico. E questi ragazzi, proprio come un piccolo belzebù, spuntano nel tabellone principale della coppa, dove estromettono l’Ipswich Town e il Brighton, grazie anche ad un autogol di un giovanissimo Fikayo Tomori. Gli strateghi dell’impresa del Lincoln City sono i fratelli Danny e Nicky Cowley, una coppia di allenatori che ammette candidamente di aver tratto parte della loro esperienza giocando al popolarissimo Football Manager:
“È stata una palestra per il nostro lavoro nella vita reale”.
“Giant Killing”, questa è l’espressione che gli inglesi usano quando Davide batte Golia. E la sequela di risultati del Lincoln lascia presagire che l’impresa sia nel’aria. Nel febbraio 2017, al Turf Moor, i diavoletti sono ospiti del Burnley. Il perdurare del pareggio a reti bianche è messo a dura prova dai giocatori di casa. Va in scena, infatti, una di quelle battaglie fatte di contrasti, spallate e lanci lunghi. In mediana per il Burnley gioca un certo Joey Barton che, nel 2017, è senza dubbio uno dei giocatori più violenti della Premier League. Era stato espulso dalla rosa del Manchester City per un’aggressione ai danni di un compagno, episodio che gli costerà poi la galera. In buona sostanza, è una partita in cui la posta in palio e i protagonisti non aiutano certo il mantenimento del fair play in campo.
Tutto in equilibrio fino all’ottantanovesimo minuto: corner per il Lincoln, sponda per il difensore centrale Shawn Raggett, che di testa spinge la palla oltre la linea di porta quel tanto che basta per far squillare la goal line technology sul polso dell’arbitro. Il Lincoln si regala i quarti di finale all’Emirates di Londra, la casa dei “Gunners”. Anche se si può stentare a credere, sono più di novemila i tifosi in viaggio alla volta della capitale per tifare una squadra di National League. La leggenda degli “Imps” è resa ancora più pittoresca dal vedere sul prato ben rasato dell’Emirates Stadium “Big” Matt Rhead, attaccante dal fisico non proprio longilineo. Per un periodo della sua vita ha anche lavorato in una fabbrica di escavatori. Quando parla di sé alla stampa prova sempre un certo autocompiacimento nel definirsi giocatore sporco e agonisticamente “cattivo”:
“Mi piace quel lato fisico del gioco, che oggi non si vede molto tra i professionisti”.
All’Emirates Stadium, il Lincoln City resiste per quarantacinque minuti, prova anche a mettere in apprensione i tifosi gunners con Arnold, il barbiere di Lincoln, prima di soccombere sotto i colpi di Theo Walcott, Giroud, Alexis Sanchez e Ramsey. Il Lincoln si ferma ai quarti. Resta, in ogni caso, la squadra di “non-League” ad essersi spinta più avanti nella competizione. Un risultato niente male!
Wigan Athletic (2012/13)
Gioire nonostante una retrocessione? È successo anche questo. I protagonisti di questo paradosso sportivo sono i ragazzi del Wigan nell’annata 2012 – 2013. Una squadra progettata con un solo obiettivo: centrare l’ottava salvezza consecutiva in Premier League. Quando inizia il suo cammino in FA Cup, però, l’allarme rosso in campionato è già da tempo entrato in funzione. Siamo a gennaio e i “Latics” hanno conquistato solo cinque vittorie in ventuno giornate. Le uniche gioie provengono dalla coppa. Vero che sulla strada del Wigan non appare nessun club di Premier fin o ai quarti di finale, ma la squadra allenata dall’attuale CT del Portogallo Roberto Martinez e con una colonia iberica nello spogliatoio si è trovata davanti a situazioni ugualmente difficili: come spalare la neve sul campo del Macclesfield Town per evitare che la gara venisse rinviata e andasse ad intasare un calendario già stracolmo di impegni. L’idea che l’impresa in coppa sia possibile si concretizza il 9 marzo. Una settimana prima, la squadra di Martinez prende quattro schiaffi a domicilio dal Liverpool. Poi è il Wigan a ricambiare la visita a Liverpool, ma questa volta in casa dell’Everton. A Goodison Park bastano tre gol in quattro minuti per far fuggire dagli spalti i tifosi dei “Toffees” e dare un barlume di euforia alla difficile stagione del Wigan.
I biancoblù della città industriale di Wigan hanno già conquistato un primo grande e insperato obiettivo: volare a Wembley per la semifinale di FA Cup. Di fronte il Millwall che, parimenti, sta provando a scrivere la storia. Gioca in Championship ma negli ultimi anni ha un buon rapporto con la coppa nazionale. Mentre sul campo Shaun Maloney e McManaman fanno sognare il Wigan, fuori da Wembley i tifosi del Millwall si tengono impegnati in un duro scontro con le forze dell’ordine, una costante per una delle tifoserie più violente e temute d’Inghilterra. La notizia che viene battuta dalle agenzie a fine della serata è, dunque, un’altra: il Wigan è in finale di FA Cup per la prima volta nella sua storia. 11 maggio 2013, se per il Wigan è una prima assoluta, per il Manchester City si tratta già della decima volta. Storia, blasone e profondità della rosa portano tutte a puntare su un solo pronostico. Roberto Mancini, pur privo di Balotelli, passato al Milan a gennaio, non è poi messo così male: schiera un tridente offensivo composto da David Silva, Carlos Tevez e Sergio Aguero, con in panchina Edin Dzeko. Risponde il Wigan con il giovane Callum McManaman e l’ivoriano Koné. Non proprio la stessa potenza di fuoco.
È una partita speciale anche per Dave Whelan, il patron del Wigan, che da calciatore proprio in una finale di FA Cup con la maglia del Blackburn uscì dal campo in lacrime, con una gamba rotta e perdendo 4-0. Gli equilibri si incrinano quando a cinque dal novantesimo Zabaleta viene espulso, lasciando in dieci il City. E al novantunesimo, un colpo di testa di Ben Watson su corner manda in estasi l’intero popolo “Latics”. Alla vigilia della finale, il Wigan è sotto in classifica di ben quaranta punti rispetto al Man City ma al triplice fischio nessuno se lo ricorda più. Quella resta l’ultima partita di Roberto Mancini sulla panchina “Citizen”, mentre i biancoblù festeggiano con un bus scoperto per le vie della cittadina. Tre giorni dopo i ragazzi di Roberto Martinez non riusciranno a evitare la retrocessione, diventando la prima squadra a vincere la FA Cup e a scendere in Championship. Come andò l’anno dopo in Europa League? Un fiasco totale. Ultimo posto in un girone composto da Rubin Kazan, Maribor e Zulte Waregem. Non proprio delle corazzate alla Manchester City. Resta, però, la soddisfazione di aver girato l’Europa giocando in serie B. Una dolce anomalia.