Un’altra reazione miracolosa, un’altra straordinaria prova di volontà, ma dopo un altro misterioso malessere. Melbourne e il mondo si interrogano sul black out psico-fisico del primo numero 1 del mondo italiano del tennis, Jannik Sinner: le gambe che improvvisamente traballano, l’occhio che si spegne, le mani che tremano in modo inquietante stringendo la borraccia mentre di disseta frenetico, il famoso computer iper-equilibrato e iper-reattivo che sbarella come se avesse fuso le batterie dopo un set e mezzo degli ottavi degli Australian Open contro Holger Rune. Il profeta dai Capelli Rossi dopo il 6-3 iniziale e, come un pugile colpito al mento, sembra in balìa dell’avversario, rischia il tracollo, concede il 6-3, ma pian pianino si riprende con l’aiutino di 11 minuti di time-out medico e rovescia la situazione col 6-3 6-2 che lo qualifica ai quarti di domani contro il beniamino di casa Alex Di Minaur, finora battuto 9 volte su 9. Che è successo? Il micidiale caldo-umido dell’estate australiana, la pressione? “Può essere, mi sentivo un po’ stordito”, concederà il 23enne altoatesino nascondendo quello che sembra il classico attacco di panico con paura di svenire. Un nemico oscuro che lo minaccia più della squalifica di 1/2 anni proposta dalla WADA per negligenza al doping indotto che verrà discussa nell’appello del 16-17 aprile a Losanna. Il fenomeno che il tennis ha strappato allo sci, col visino smunto e i pensieri altrove, alimenta il mistero: “Non voglio entrare in dettagli. Sono situazioni che mi sono già capitate, ora so come gestirle meglio, a differenza di Wimbledon. A volte in campo devo lottare anche contro me stesso oltre che contro l’avversario”.
SOGNI D’ORO
Stavolta non è colpa della notte insonne prima del match con Medvedev a Londra (e a Melbourne contro Giron): “Lì avevo dormito male, qui tantissimo, se non mettevo la sveglia rischiavo di andare lungo. Ho capito subito che non stavo bene, sono arrivato per ultimo al tennis e ho anche cambiato la routine pre-match. Di solito ne ho una fissa, ma devi saper improvvisare, anche se non credo che nessun tennista ne faccia una del genere, non mi sono nemmeno riscaldato. Ho anche fatto un piccolo check up con i medici, che mi ha aiutato”. Il campione che l’Italia del tennis non osava nemmeno sognare si salva d’istinto, di carattere, di resilienza, di sostanza contro “il nuovo Connors”, pericolosissimo coi cambi di ritmo e il repertorio completo, ma manca nei momenti topici e poi, frustrato, può solo schizzare veleno: “E’ giusto che Jannik si sia fatto controllare, anch’io stavo quasi morendo, col caldo-umido è stata una battaglia. Ma il break è stato troppo lungo, molto di più di quanto mi aspettassi, e brutale, avevo un bello slancio, avrei dovuto muovermi, la prossima volta sarò più intelligente. Mentre Jannik è tornato in campo benissimo, non so cosa gli abbiano fatto“.
REAZIONE
Il corpo l’aveva abbandonato ma la testa continuava a sfornare indicazioni: “Ho cercato di rimanere attaccato a Holger con il servizio (83% di punti con la prima), se mi avesse brekkato, se non avessi vinto quel punto – sull’1-1, 30-40, una volée dopo uno scambio interminabile – forse la partita sarebbe cambiata”. Merito dell’allenamento: “Non ho pensato solo ad altre partite così, ma anche ai momenti difficili della preparazione pre-season quando ho lavorato molto bene anche per essere sempre pronto se le cose non vanno bene. L’importante è crederci sempre”. Un altro aiutino gli è venuto dal net da aggiustare, con 21 minuti di riposino sotto coperta: “Mi ha aiutato. Ho messo dell’acqua fredda sulla testa. Ho avuto davvero fortuna. Sono contento di essere ancora nel torneo… Poteva finire in un altro modo”. Invece il campione in carica e favorito è ancora in corsa, imbattuto da 18 partite Slam sul cemento, ai decimi quarti Slam (co-record italiano con Pietrangeli), 15 consecutivi, con la media-record del 93% da numero 1.
Vincenzo Martucci (tratto dal messaggero del 21 – 1 – 2025)