Peccato che i mondiali di atletica siano finiti. Essi hanno rappresentato a livello mondiale ed italiano una forma di catarsi utile a purificarsi delle scorie che molti dei nostri sport professionistici (calcio, ciclismo, basket, sport dei motori) ci lasciano quotidianamente sulla pelle. Fa bene Stefano Mei a dire che l’atletica è un “traino per lo sport italiano”.
Lui non ha dimenticato la ingiusta sberla ricevuta al momento delle elezioni, nello scorso fine giugno, della Giunta CONI, dove rimase fuori di un solo voto. Sintomatico il fatto che, in ordine alfabetico, Atletica, Nuoto, Pallavolo e Tennis – vale a dire gli sport più di successo di questa estate –, siano fuori dal governo dello sport italiano.
Sintomatico anche il fatto che i quotidiani sportivi dedichino due terzi del loro spazio proprio al Calcio, Ciclismo, Basket e Motori. Per questi sport la Gazzetta dello Sport è un vero quotidiano e racconta nel dettaglio ogni tipo di avvenimento, dalla sconfitta – più raramente le vittorie – ai calli ai piedi. Mentre per gli sport di successo la stessa Gazzetta più che un quotidiano è un settimanale, grandi eventi a parte. È la cultura di fondo che si ha dello sport nel nostro Paese.
Dicevamo delle giuste dichiarazioni di Stefano Mei a campionati conclusi. Un bottino di medaglie da record senza poter utilizzare delle cartucce importanti come Stano, Andy Diaz e Iapichino. Sul paragone con i Mondiali di Göteborg starei più attento. Campioni ed eventi non sono paragonabile a 30 e più anni di distanza. A Göteborg 1995 – con 5 gare da medaglia in meno – Russia e Bielorussia, assenti a Tokyo 2025, spazzolarono 20 medaglie. Persino impensabile un paragone con Roma 1987 dove l’Italia vinse 5 medaglie (di cui due d’oro) e dove GDR e URSS portarono a casa 56 medaglie! Questo a conferma che “uno non è eguale ad uno” e di quanto i paragoni siano spesso impropri soprattutto quando fatti da chi non conosce la “vera” storia dell’atletica.
La bellezza della nostra atletica è lo spirito che Stefano Mei ha saputo infondere nella nostra squadra di cui Battocletti e Furlani sono un fulgido esempio. L’occasione non deve però farci dimenticare la crisi che stanno passando due specialità che sono state a lungo il nostro migliore biglietto da visita: sprint e fondo (5000/10.000). Per non parlare dei lanci lunghi, nostro atavico handicap.
Fa bene la FIDAL a portare agli Europei ed ai Mondiali tutti quelli che hanno fatto il minimo. Sarei un attimo più selettivo al momento dei Giochi Olimpici – indipendentemente dai ranking di WA –, e mi aspetterei dal bravissimo DT La Torre un “momento” di coraggio. Esempio: preferire nel futuro uno come Barontini ad un impresentabile (come tattica di corsa e come dichiarazioni post-gara) Tecuceanu o Ferrara nel peso al posto del folklorico Ponzio. E poi è giusto prevedere per Sibilio, Crippa e Tortu un summit tecnico per non perdere tre campioni.
Più che apprezzabile lo sforzo fatto dalla RAI nel mandare in onda in mondiali in forma integrale. Ovviamente anche lì ci sono state delle lacune, d’altronde con tante ore di trasmissione questo è normale. Tenere in panchina Franco Bragagna mi pare un voluto masochismo. Rispetto Luca Di Bella, a cui farei fare un corso alla IBM per migliorare la sua capacità “monitoria”, dovunque si trovi, in qualsiasi avvenimento, la tecnologia non funziona mai. Ma una trasmissione dove gli atleti italiani sono protagonisti ha bisogno di un diverso tipo di “trasporto”. E questo sicuramente Bragagna lo garantiva.
Mascolo, Bonelli in regia, Gargiulo e gli altri al coordinamento giornalistico sono riusciti a farci vedere tutto. Solo un eccezione: quando è stato lasciato il microfono per circa dieci minuti alla famosa coppia Tavernini & Pieroni, privandoci dei lanci più importanti della finale del giavellotto maschile. Al microfono della paziente, e spesso troppo genuflessa Elisabetta Caporale, abbiamo dovuto sentire una delle due ringraziare il proprio “nutrizionista”, fondamentale per aver permesso loro di fare 1.83 in qualificazione, vale a dire 20 cm di meno di Antonietta Di Martino e Sara Simeoni ai loro tempi.
Altro discorso meritano i Campionati Mondiali stessi. E per questo ho scritto una lunga lettera al presidente della WA, e mio amico, Sebastian Coe. Al di là di alcune positive innovazioni tecniche, su cui evito di dilungarmi, il posizionamento dei Campionati Mondiali nella seconda parte di settembre è stato un grave errore. La WA deve decidere se è più importante la Diamond League (inguardabile fino a quando gli atleti gareggiano con magliette eguali e che non indicano
la propria nazione) o i Campionati del Mondo. In questo caso la WA ha privilegiato la DL e sacrificato i Campionati.
Non devo fare la lista di tutti, moltissimi, atleti che hanno gareggiato nella DL e sono arrivati ai Mondiali spenti e fuori forma. D’altronde non a caso nelle precedenti edizioni, tranne quella di Doha, i Mondiali sono sempre stati nel mese di agosto con i meeting di Bruxelles e Zurigo a seguire. Ciò permetteva un “traino” promozionale ai due meeting finali e la possibilità ai vincitori mondiali di “monetizzare” le vittorie ed agli sconfitti di cercare rivincite. E soprattutto permetteva di evitare la concomitanza con i Campionati Nazionali o le Coppe Europee di Calcio.
L’Europa è quella che ha pagato di più questo trend: 31,5% delle medaglie, il dato più basso di sempre. Eravamo partiti con il 71% di Helsinki 1983 e Roma 1987. Eravamo ancora al 40% a Mosca 2013 e poi il declino è stato continuo. Mentre alcuni Paesi (in testa Italia con Olanda, Svezia, Spagna e Portogallo) dimostrano di essere in grado di gestire il proprio patrimonio atletico, Gran Bretagna e Francia (ed in parte Germania) lo stanno sperperando con performances non a livello della loro tradizione e della loro potenzialità. Una delle cause è la maniera con cui snobbano la Coppa Europa, manifestazione che più di tutte allena la competitività necessaria per vincere medaglie.
Forse, cromaticamente, finire la stagione con la manifestazione più importante può sembrare una cosa buona. Ma non è una cosa onesta nei confronti degli atleti causando innumerevoli contro-performances e soprattutto (sul piano personale) impedendomi di azzeccare i pronostici nel famoso TOTOQUIZ di Frasca ed Aquari che è ormai alla 12a edizione.
Mi fa infine piacere sapere che ora la FIDAL, in maniera concreta e credibile, ha presentato una nuova candidatura per organizzare i Mondiali, si dice nel 2031, a Roma. A parte la possibilità di esserci (Inshallah! nel 2031 avrei 90 anni …) questa è l’occasione per fare tre operazioni di media/lunga scadenza una legata all’altra. Primo: pacificare il mondo dell’atletica; secondo: mettere in piedi le giuste operazioni per riempire gli stadi (si consiglia una visione su YouTube dell’ultimo giro di Francesco Panetta ai Mondiali del 1987); terzo: applicare un “grip” (leggi controllo) sull’attività degli atleti presenti e futuri, mai dimenticando che la maggioranza di loro veste la divisa militare ed a carico di tutti noi percepiscono stipendio e maturano pensione. Situazioni come quelle di Jacobs non sono più accettabili, così come, in senso opposto, non è più accettabile che Leo Fabbri faccia 27 gare di peso!
Per chi volesse proseguire la catarsi, da giovedì a domenica sintonizzatevi su RAI-Sport per le finali dei mondiali di … Canottaggio.
