San Marino è la nazionale che tutti amiamo, forse perché ci fa un po’ di tenerezza, forse perché ci ricorda che tutti ce la possiamo fare. Un solo giocatore professionista in rosa, una schiera di appassionati che vestono la maglia della repubblica più antica del mondo, ma che dopo una serie infinita di sconfitte, è riuscita a centrare il primo storico trionfo della pur giovane storia sportiva: conquistare la promozione in Lega C in Nations League.
Un traguardo raggiunto grazie al grande lavoro del commissario tecnico Roberto Cevoli che, in un’intervista rilasciata a Diretta/Flashscore, ha raccontato la corsa dei sammarinesi che potrebbe culminare con i play-off per l’accesso ai Mondiali.
A distanza di qualche giorno, a cosa non riesce a far a meno di pensare?
Alla grande emozione appena l’arbitro ha fischiato la fine della partita. È andata avanti per parecchi giorni. E poi abbiamo pensato a quello che è stato tutto il percorso fino a qua, le cose che ci eravamo detti col presidente, ai primi incontri, tutte queste situazioni che ti vengono in mente quando succedono questi miracoli. Sì, chiamiamoli miracoli.
Come ha convinto i ragazzi che non siete la nazionale più debole del mondo?
Dicendogli che avevo intravisto in loro delle qualità. Loro non sapevano di essere così bravi, secondo me lo sono e potrebbero militare in categorie diverse in Italia e, invece, rimangono tra i dilettanti e non si capisce il motivo. Probabilmente, perché i sammarinesi in Italia sono visti un po’ in maniera particolare e questo mi dispiace.
Per i suoi calciatori lei è un maestro, cosa ha imparato da loro?
Che con grande volontà si possono ottenere grandi risultati. Una cosa che avevo già imparato nella mia carriera da calciatore, però loro mi hanno solo confermato che quello che pensavo è vero: non ci si deve mai arrendere.
Quando ha capito che avrebbe potuto cambiare la storia di San Marino?
La sconfitta con la Slovacchia in un’amichevole disputata lo scorso giugno in Austria. Loro si stavano preparando agli Europei – che poi avrebbero giocato in maniera eccellente – e abbiamo perso 4-0, un risultato che avrebbe potuto essere considerato più che accettabile per San Marino. E, invece, a fine partita io, il mio staff e tutti i ragazzi eravamo arrabbiati, consapevoli che avrebbero potuto fare di più. Questo mi ha fatto capire che i ragazzi avevano voglia di fare qualcosa di importante.
Sin dall’inizio ha puntato sui giovani. Qualcuno di loro potrebbe giocare in Serie A?
Credo che ci siano dei giovani molto interessanti. Ci sono dei 2006, ragazzi di 17-18 anni, che hanno qualità incredibili. Non so se potranno arrivare a giocare in Serie A, però credo che possano tranquillamente ritagliarsi una carriera in categorie importanti in Italia, magari in Serie B, secondo me, ce ne sono tre o quattro che possono arrivarci e questo mi fa molto piacere e mi fa sperare che il futuro della nazionale di San Marino non è limitato a quello che abbiamo fatto, ma può essere ancora migliore. Ci sono dei grandi margini di crescita”.
Tra i più interessanti ci sono i gemelli Benvenuti che giocano nella Primavera del Sassuolo.
Esattamente. E aggiungo un’altra cosa: anche nelle categorie inferiori, nell’Under 17 e nell’Under 19 di San Marino ci sono giovani molto interessanti che stanno crescendo. Non ho dubbi che saranno loro i futuri giocatori della Nazionale.
Cosa significa esser commissario tecnico di una nazionale composta principalmente da dilettanti?
È sempre stato un mio obiettivo quello di allenare, un giorno, la nazionale di San Marino e, quindi, quando c’è stata la possibilità e mi hanno chiamato non ci ho pensato un minuto. Allenare la Nazionale del proprio paese credo che sia la cosa più bella che possa capitare a un allenatore e, quindi, ho colto al volo l’occasione.
Resilienza, entusiasmo, serietà, lavoro: c’è un po’ di tutto questo nella vostra impresa.
Sì e c’è anche il grande attaccamento dei ragazzi alla loro nazione, alla loro terra. Si mettono in gioco ogni volta e non è facile perché molti arrivano agli allenamenti dopo una giornata di lavoro. È un po’ complicato, ma ci hanno sempre messo tanta passione. Io e il mio staff alla fine di tutti gli allenamenti ci ritrovavamo nello spogliatoio e ci dicevamo sempre ‘mamma mia come si sono allenati anche stasera!’, perché si sono sempre allenati con grande voglia e con grande determinazione e questa è stata la loro forza.
C’è qualcuno in particolare che l’abbia sorpresa più degli altri per la forza di volontà?
No, faccio proprio fatica perché sono tutti così: dai più giovani ai più vecchi. Lavorano tutti con una grandissima intensità, con una grandissima attenzione, con una grandissima determinazione. Fanno di tutto, lavori normalissimi: c’è chi fa il grafico, chi il magazziniere, qualcuno studia all’Università, altri vanno ancora a scuola. Un po’ di tutto, come i ragazzi della loro età.
A questo punto l’asticella si alza. Qual è il prossimo traguardo da tagliare?
È chiaro che quando si ottengono questi risultati ci sono sempre delle aspettative più grandi, ma è giusto che sia così. Dopo quello che abbiamo fatto non vediamo l’ora di misurarci con le squadre un po’ più forti per capire a che livello siamo arrivati. Credo che questa sia una grande sfida.
In due mesi ha ottenuto più vittorie che in tutta la storia della nazionale di San Marino. E’ un genio lei o è stato poco attento chi l’ha preceduta?
Sicuramente io non sono un genio. Non so se è stato poco attento chi mi ha preceduto. Ora ci è capitato di vincere due partite in poco tempo, ma il merito va condiviso con tutti gli altri, perché si è partiti da lontano, da quando è arrivato il presidente Tura, quindi 6-7 anni fa. Hanno cambiato il modo di pensare di calcio, hanno sviluppato un’accademia importante per i giovani. Insomma, non è sicuramente solo merito mio. Prima di me, per esempio, c’è stato Franco Varrella, un allenatore che ho avuto la fortuna di avere quando giocavo in Serie B alla Reggiana e che, secondo me, è un maestro di calcio. E, quindi, anche lui ha dato il suo contributo per cambiare un po’ la mentalità di questa Nazionale.
E il suo maestro chi è?
Carlo Ancelotti. Mi ha insegnato un sacco di cose. Provo a imitarlo, ma non è che ci riesco sempre, anzi quasi mai! (ride, ndr) Lui mi ha insegnato un sacco di cose, soprattutto nella gestione del gruppo. Era un allenatore sopra le righe, lo si capiva subito e io ho avuto la fortuna di averlo all’inizio della sua carriera. Era al suo primo anno in una squadra di club, la Reggiana, e abbiamo vinto il campionato al primo colpo. Aveva un modo di gestire la squadra che poi non ho più ritrovato. Non è assolutamente un caso che abbia ottenuto tutto quello che ha ottenuto.