Simon Talacci mantiene i piedi ben fissati al terreno. Non solo per affrontare al meglio le prove di Coppa del Mondo di sci alpino, ma anche per avvicinarsi con cautela all’Olimpiade di Milano-Cortina 2026. Un appuntamento importante per il 23enne di Livigno che, dopo esser cresciuto sulle nevi di casa, è esploso in Coppa Europa conquistando due podi. Rimanere a quel livello non è facile, ma il portacolori dell’Esercito punta a diventare il nuovo faro del gigante italiano.
Quest’estate è entrato nel team di Livigno. Cosa rappresenta per lei questo riconoscimento?
Poter rappresentare il mio comune a livello europeo e mondiale è sicuramente un traguardo importante. È il paese dove sono cresciuto ed è per me qualcosa di fantastico poterlo portare più in alto possibile.
Perché è passato dalla discesa libera al gigante dopo l’argento ai Mondiali Juniores 2020?
A esser sincero c’è da chiedersi come sia riuscito a ottenere quel risultato visto che nasco gigantista. La discesa libera di Narvik è stata la mia quarta discesa della carriera. Quel giorno le caratteristiche della pista e le condizioni del tracciato hanno fatto sì che sia riuscito a esprimermi al meglio in discesa libera. Per caratteristiche tecniche sono però più gigantista-supergigantista.
La vedremo ancora impegnato in velocità?
Il supergigante rimarrà nel mio programma, la discesa libera è un po’ un estremo come può essere lo slalom speciale. In un mondo così competitivo come quello dello sci maschile in questo momento, ci vuole tanta specializzazione. Ci potrebbero esser magari delle discese in cui potrei dire la mia, ma sono poche visto che sono poco scorrevole. La situazione potrebbe cambiare, ma per ora preferisco rimanere sul super-g. Lo scorso anno per questioni di calendario sono riuscito a farne pochi perché quelli di Coppa Europa erano in concomitanza con le tappe di Coppa del Mondo di gigante.
A gennaio si aspettava di esplodere in Coppa Europa?
Questi miglioramenti sono frutto di un lavoro partito molto tempo fa. È come se quel lavoro sia riuscito a cogliere i frutti nell’ultima stagione. In allenamento ogni atleta sa abbastanza bene quale sia il proprio potenziale, il difficile è metterlo in pratica. Il trucco sa nell’azzeccare una giornata dove esprimere il potenziale, poi diventa tutto molto più facile. Ho visto lo scorso anno ed è stato molto importante. Dopo aver faticato magari per tutta l’estate e l’autunno, è bastata una manche per stravolgere il tutto e sfruttare quel lavoro che aspettava solo di esser messo in pratica.
Com’è stato debuttare su una pista storica come Adelboden?
È stato speciale poterlo condividere con la mia famiglia che è venuta a vedermi. Ho questo ricordo di me bambino che, in compagnia di mio padre e mio fratello, andavamo a sciare al Mottolino, sopra Livigno, su una pista con molti dossi. Mio padre ci diceva che fare questa pista era come fare Adelboden, un luogo per i grandi, per i campioni. Sono cresciuto con il sogno di affrontare un giorno questa pista e lo scorso inverno ci sono riuscito, alla presenza di mio padre.
Quali differenze ha notato nel gareggiare in Coppa del Mondo?
Sono due mondi completamente diversi perché, paragonandolo al calcio, la Coppa del Mondo è la Serie A e la Coppa Europa la B. Per esempio, in quest’ultima la gara non ha un pubblico al traguardo che ti aspetta, non ci sono dirette televisive o spazio pubblicitari. Quando invece si passa allo step successivo si arriva in luoghi leggendari come Adelboden, Soelden, Schladming con 10/15.000 persone che sono lì per te. È un mondo diverso a cui è necessario abituarsi perché tradizionalmente non abbiamo un grande seguito in pista fino a quel momento e poi si viene sbalzati in uno stadio con 15.000 austriaci che urlano. È uno sbalzo pesante, ma piacevole.
Cos’è mancato per centrare il podio nella classifica finale di gigante in Coppa Europa?
Non è mancato perché ciò che si può controllare è la nostra prestazione, quel minuto a manche che affrontiamo. Non ho rimpianti perché abbiamo iniziato a giocarci la Coppa Europa di specialità nelle prime gare ed è stato un campionato a tutti gli effetti. Sono giunto all’ultima gara in seconda posizione e l’unica cosa che non doveva accadere era che il quarto e quinto in classifica facessero primo e secondo. Io alle Finali ho chiuso in quinta posizione, però i miei rivali sono arrivati proprio in quelle posizioni. Quella situazione non potevo controllarla, loro sono stati più bravi di me e per questo gli va dato merito. Ciò che è più bello è condividere, anche nella sconfitta, questa sfida con ragazzi svedesi, norvegesi e francesi. Siamo rivali, ma abbiamo anche legato e penso che questo sia l’insegnamento più bello che lo sport possa darci.
Come si è sentito quando è entrato nel gruppo di Coppa del Mondo?
Con il gruppo non è stato difficile perché già lo scorso anno ero aggregato alla squadra per le tappe di Coppa del Mondo che ho svolto. Facciamo parte tutti della stessa federazione per cui ci conosciamo. Per esempio, io e Filippo Della Vite siamo cresciuti insieme nel Comitato Alpi Centrali e anche con gli altri ci conosciamo da una vita. È stato sicuramente bello poter lavorare con questi professionisti e con l’intero staff. Ho imparato molto e ho moltissimo ancora da imparare quindi non mi voglio far sfuggire questa occasione.
Perché il gigante italiano non riesce da anni ad andare a podio in Coppa del Mondo?
Noi ce la mettiamo tutta, lavoriamo seriamente e professionalmente in ogni ambito possibile, ma il livello è altissimo. Alla prima gara di Coppa del Mondo a Soelden Vinatzer è arrivato quinto, abbiamo ottenuto parecchie top ten, però i posti sul podio sono solo tre per cui è necessario pedalare per arrivarci.
Quest’anno la vedremo ancora in Coppa Europa?
Sì, sarò al via sia della Coppa Europa che della Coppa del Mondo perché sarebbe troppo azzardato puntare solo su quest’ultima. Tutto per una questione di punteggi che vanno a comporre il ranking mondiale dove rimane davanti chi accumula meno punti. Se facessi solo Coppa del Mondo e facessi una gran stagione qualificandomi in alcune gare, ma non riuscissi a entrare nei primi trenta della classifica di specialità, dovrei sfruttare i punti FIS che vengono attribuiti a seconda del distacco che si accumula in gara. Non arrivando fra i primi in Coppa del Mondo, i punti FIS sarebbero maggiori, quando in Coppa Europa potrei ottenerne meno.
Come si vede a Milano-Cortina 2026?
È vicino, ma anche lontano, nello sport può succedere di tutto. Gareggiare nella nostra Valtellina sarebbe un sogno, è quasi strano svolgere delle Olimpiadi in casa. Non ci penso ancora assolutamente, ma vivo il momento puntando a fare del mio meglio. Io cerco di controllare la mia prestazione il più possibile e valutare dove mi possa portare.