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Tennis

Carlitos, il maratoneta stupefacente: troppo forte e troppo giovane

Da Vincenzo Martucci 12/09/2022

Quindici set in cinque giorni. Dopo il veterano Marin Cilic e dopo il rivale diretto Jannik Sinner, Carlos Alcaraz impone la sua legge – unico oggi a poter giocare con più potenza e più resistenza di tutti – e doma anche la fantasia offensiva di Frances Tiafoe sempre dopo una maratona, sempre trovando comunque, chissà dove, le forze per lo sprint decisivo, considerando che due giorni prima hja chiuso la indimenticabile battaglia contro Jannik alle 3 del mattino e fra un trattamento e le interviste sarà andato forse a letto alle 6.

Evidenziando anche doti di recupero eccezionali che gli vengono un po’ dalla imbattibile adrenalina che accompagna un atleta in una corsa così eclatante e un po’ dagli appena 19 anni. Che rifuggono ancor di più nella finale contro Ruud nella quale ha l’occasione di diventare il più giovane numero 1 del mondo. Curiosamente nella sfida contro un altro figlio di Spagna, non diretto come lui, che è nato a Murcia ma, pur nato a Oslo, in Norvegia, è stato allevato alla scuola iberica di zio Toni Nadal a Maiorca. Una sfida nella quale Carlitos parte favorito anche dai due precedenti, oltre che dalle importanti prive di forza di queste due settimane e dalle caratteristiche dei due contendenti.

ALCARAZ, FENOMENO PRECOCE
Di Carlitos si sente parlare da tanto, perché le sue doti fisiche e l’applicazione e l’abnegazione al lavoro sono stati eclatanti da subito, come anche i continui e velocissimi progressi. Così come le motivazioni.

Perché, da quando ha abbracciato la racchetta, a 4 anni, influenzato da papà Carlos, ex top 40 del paese, direttore tecnico del club locale, è rimasto rapito dalla super-coppia Rafa Nadal & Roger Federer, sognando solo e soltanto di salire sul trono della classifica ATP ed emulare i suoi eroi negli Slam.

A 15 anni si è trasferito stabilmente a Villena alla Equelite JC Ferrero Sport Academy, dell’ex numero 1 del mondo Juan Carlos Ferrero, due anni dopo, ha esordito fra i pro, dopo una fugace apparizione fra gli juniores.

A 17 era già top 35 come più giovane di sempre a qualificarsi agli Australian Open e, sempre nel segno della precocità, è stato il più giovane a vincere una match al torneo di Madrid, cominciando a battere i record del dio del tennis spagnolo, Rafa, che aveva compiuto la stessa impresa a 18 anni, per poi festeggiare il primo successo al Challenger de Oeiras 2001, in Portogallo, regalandosi per i 18 anni l’ingresso nei top 100.

SCALATA IMPRESSIONANTE

Alcaraz ha continuato così, di vittoria in vittoria, di record in record: più giovane finalista del circuito a Umago 2021, più giovane campione a Delray Beach, più giovane ai quarti degli Us Open, battendo peraltro al quinto set Tsitsipas, per poi chiudere l’anno aggiudicandosi le Next Gen Finals dei migliori under 21 del mondo al Palalido di Milano battendo sotto il traguardo Seb Korda.

Ha cominciato il 2022 ancora meglio: nella prima parte di stagione, ha infatti perso contro Berrettini al terzo turno degli Australian Open (ma al ti-break del quinto set), con Nadal nella finale di Indian Wells (ma costringendolo a uno sforzo così duro da incrinarsi due costole!), con Korda d’acchito a Montecarlo, vincendo Rio e Miami, Barcellona e Madrid, 4 titoli in 4 mesi, guadagnando la laurea, cioé l’ingresso fra i top ten, il 25 aprile a Barcellona, appena il primo teenager dopo Andy Murray nel 2007, il più giovane da Nadal, nel 2005, curiosamente sempre il 25 aprile e nello stesso torneo.

Tutto questo facendosi un regalo speciale, il giorno dopo i 19 anni che ha compiuto il 5 maggio, battendo l’idolo Nadal a Madrid, primo a riuscirci da così giovane, interrompendo l’impressionante serie di 25 successi di Rafa contro gli spagnoli. Per poi insistere con la sesta affermazione consecutiva contro i primi 10 della classifica superando anche il numero 1 del mondo, Novak Djokovic, ancora da più giovane di sempre. Indovinate un po’, dall’impresa di Rafa contro Federer a Miami 2004. Irresistibile, in finale ha domato anche il campione uscente, Zverev, griffando il suoi torneo da favola eliminando i primi 3 del tabellone in 3 giorni consecutivi.

ALCARAZ, FRENATA E DUBBI

Quando però è arrivato alla fase clou della stagione, Carlitos, ha accusato la pressione negli Slam dov’era più atteso: ha perso nei quarti con Zverev al Roland Garros e negli ottavi con Sinner a Wimbledon. Poi ha accusato talmente la sindrome degli italiani che, sulla terra rossa, ha ceduto a Musetti la finale di Amburgo e a Sinner quella di Umago.

Non ha brillato nei Masters 1000 sul cemento nordamericano, subito ko con Paul a Montreal e al terzo turno con Norrie a Cincinnati, ma agli US Open ha avuto conferma che i campi duri esaltano le sue caratteristiche, soprattutto come rimbalzi. Che era successo? Molti si sono posti i primi dubbi sul giovane fenomeno o spagnolo, evidenziando le prime pecche nell’esuberanza che a vuole sconfina in pericolosi e autolesionisti effetti.

In quei momenti, l’allievo di Ferrero tende a strafare, va fuori giri, e magari non si ritrova più. Insomma, vede rosso come un toro nell’arena. Un po’ com gli è successo contro Sinner a New York, nella indimenticabile battaglia dei quarti, che poteva chiudere in due set, ma che è arrivato a una solo punto da perdere. Col match point mancato da Jannik nel quarto set. Imponendosi però poi ancora di forza, da evoluzione della specie tennis, giocatore sempre più completo, sempre più da tutte le superfici, sempre più offensivo, sempre, anche quando è in difesa.

US OPEN, L’INCHINO DI TIAFOE

Anche lo straordinario Tiafoe che ha finalmente dimostrato di valere l’altissimo livello, s’inchina ad Alcaraz. Che, se non arriverà domani al numero 1, ce la farà comunque a breve: “Giocarci contro sarà molto dura per tutti, è uno dei migliori del mondo. E’ giovane, colpisce la palla sempre duro, sinceramente non ho mai affrontato qualcuno che si muove così bene. E’ arrivato su certe palle corte sulle quali non credevo potesse arrivare ed ha anche colpito bene. E’ incredibile la sua capacità di allungare lo scambio, è un diavolo di giocatore e sarà a lungo un problema per tutti. Mi tolgo il cappello e ho molto rispetto”.

Anche lui come tutti continua a interrogarsi sui quindici set in cinque giorni che super-Alcaraz ha volato in questi stupefacenti US Open. “Troppo forte e troppo giovane”.

Vincenzo Martucci (Testo e foto tratti da supertennis.tv)

Tags: Carlitos, il maratoneta stupefacente: troppo forte e troppo giovane

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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