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Pallacanestro

Milano come Cleveland, ma chi sarà il suo LeBron?

Da Luca Chiabotti 11/05/2017

Partono i playoff della serie A, come i Cavs, l'EA7 campione in carica e favorita, ha finito la stagione regolare con risultati mediocri: riuscirà a ripartire nelle sfide scudetto dominando la scena come sta facendo la squadra di James? Attenti a Reggio Emilia, la finalista delle ultime due edizioni, solo sesta, ha una novità importante: Wright.

Qualcuno si ricorda di quando ho paragonato i Cleveland Cavaliers all’EA7 Milano? Forti, con un giocatore immarcabile, due stelle di prima grandezza ma anche poveri di gioco rispetto al talento e incappati in un finale di stagione regolare meno che mediocre? Confermo. E sono davvero curioso di vedere se l’Olimpia, nei playoff di serie A che iniziano, sarà capace di fare quello che i campioni in carica della Nba hanno mostrato quando sono cominciate le sfide per il titolo. E cioè di elevare il livello del gioco e della concentrazione sui due lati del campo, fino al dominio assoluto dimostrato nei primi due turni dove hanno letteralmente asfaltato prima Indiana, e ci può stare, poi Toronto, e la cosa era meno semplice pur con l’assist dell’assenza di Kyle Lowry nelle partite decisive in Canada. Certo, il primo turno di Milano, contro la brava ma ormai appagata e un po’ sfilacciata Capo d’Orlando, non sarà un test particolarmente significativo, e questo potrebbe essere un pericolo visto che l’EA7, in semifinale, potrebbe trovarsi davanti alle prime partite significative dalla finale di coppa Italia di metà febbraio ad oggi, tre mesi nei quali ha giocato con le scarpe mentali slacciate se non in un paio di occasioni, in casa contro Venezia e Reggio Emilia. Che erano però i soli due test significativi in vista dei playoff. Rispetto ai Cavs alcune “piccole” differenze: la prima è scoprire chi può essere il LeBron James dell’EA7, cioè l’uomo che ti fa vincere. Ovvio, nessuno è come lui, ma nei momenti chiave delle ultime stagioni è uscito come uomo immarcabile Rakim Sanders, che non è al meglio e non è James, ma è pur sempre l’unico giocatore capace di fare la vera differenza nel nostro campionato, quando sta bene. La seconda è più che altro una curiosità: cioè voglio vedere se anche nelle partite decisive, Milano, ma anche Venezia, esaspereranno il platoon system cioè adotteranno delle rotazioni vertiginose dalla panchina. Un sistema che non amo perché va contro l’indole e le aspirazioni dei giocatori più forti e i meccanismi più naturali del gioco di una squadra. In America, nei playoff le rotazioni si accorciano: LeBron sta giocando 42 minuti di media per partita e come tutti i big della Nba, sempre sopra i 35’, bisogna usare il fucile per farlo sedere in panchina. Anzi Tyrone Lue non ci prova nemmeno. E’ vero che nei playoff si gioca più di frequente e quindi la panchina lunga appare più importante, ma lo è anche il fatto che perdere una partita di playoff perché hai utilizzato i tuoi migliori solo 20’, come Sanders finora, è francamente un controsenso. In ogni caso, Rakim non è ancora al 100% e con capo d’Orlando sarà probabilmente risparmiato. Il terzo aspetto, e forse più importante, è che in Italia non esiste una Golden State forte almeno come i Cavs, che quindi potrà testare davvero le mirabilie che stanno facendo nei playoff. E neppure una Boston, una San Antonio o una Houston che, magari meno dotate, hanno comunque una identità di gioco fortissima.

Nelle ultime dieci edizioni dei playoff, in nove ha vinto la favorita, quando non ha stravinto, e solo in un caso, nel 2015, i pronostici sono stati ribaltati da Sassari, anche se la colpa è stata soprattutto di chi i pronostici, come me, li faceva ma non voleva dare credito al fatto che il Banco di Sardegna avesse già vinto Supercoppa e Coppa Italia, a fronte di una Milano solo molto più ricca. Ecco perché, diciamo la verità, l’eccitazione per le sfide scudetto in Italia stenta a decollare: niente a che vedere col decennio precedente, quando le campioni d’Italia furono 5 diverse in 10 anni. Oggi, sulla carta, la distanza tecnica tra l’EA7 e chi insegue è inferiore rispetto alle passate stagioni, ma come ho già scritto su Sportsenators, non c’è stato un momento in cui Venezia, Avellino, Sassari, Reggio Emilia hanno dato l’impressione di essere in grado, mentalmente e tecnicamente, a fronte di rosters competitivi, di essere una vera minaccia per l’Armani. La squadra che ci ha provato davvero è stata Trento, che è andata a vincere al Forum, ma nei playoff sarà probabilmente limitata dagli infortuni, anche se, sotto molti aspetti, è la squadra “migliore” tra chi insegue. Le sfide sono equilibrate e anche qui non è, in sé, un fattore di qualità come siamo abituati a sentirci dire: anche al minibasket possono esserci partite che finiscono 11-10… Alcuni dati: Venezia ha battuto Pistoia due volte nella stagione regolare, così come ha fatto Sassari con Trento. Avellino-Reggio Emilia sono 1-1 più la vittoria della squadra di Sacripanti nel paleolitico inferiore, nella semifinale di Supercoppa a inizio stagione. Quindi 2-1 Avellino. Ma Reggio Emilia, secondo me, è la squadra da tenere d’occhio nonostante il sesto posto: ha avuto problemi tecnici e personali tra italiani e stranieri, non ha mostrato coesione e preso sbandate epiche. Ma ha l’organico, l’esperienza di finali, s’è rinforzata con Julian Wright e in una classifica avulsa tra le 8 squadre dei playoff, è in testa con Milano con un bilancio di 9-5. Cioè, ha spesso giocato sottotono ma ha dato il meglio contro le squadre più forti. Cosa che invece non ha fatto Venezia, la seconda classificata, che è 7-7 e ha mostrato grandi limiti nei momenti decisivi anche nelle final four di Champions. La Reyer gioca al primo turno contro Pistoia, con la quale è 2-0 in stagione, ed è francamente favorita anche se la squadra di Enzo Esposito, meritato coach of the year, s’è costruita durante la stagione una identità importante, cosa che nei playoff conta. Ma è inferiore.

Avellino-Reggio Emilia è il quarto di finale più tosto: già detto dei finalisti delle ultime due stagioni, Avellino è potenzialmente la squadra che può dare più fastidio anche a Milano perché ha giocatori unici e particolari come Fesenko o Green, quello che è stato l’mvp della stagione, Ragland (piccola lezioncina da professorino: Marcus Landry di Brescia che ha vinto il premio ufficiale è un eccellente giocatore e ha disputato una grande stagione, ma se mvp è colui che ha maggiormente aiutato la sua squadra a vincere, non può essere assegnato a un giocatore che non ha neppure ottenuto il 50% di successi… altrimenti, come nei college, si vota il Mop, most outstanding player), è il peggior avversario da incontrare quando c’è un tiro che decide una gara, David Logan. Ma Ragland ha avuto problemi tutta la stagione ed è volato negli Usa dopo che suo fratello è stato ucciso per strada, Fesenko ha appena cominciato a allenarsi dopo un lungo infortunio e Avellino ha subito di fronte Reggio Emilia. Sarà dura.

Poi c’è Sassari, che ha il 2-0 in stagione contro Trento, e ha a favore la cabala (due anni fa iniziò proprio in Trentino, con una sonora sconfitta, l’incredibile volata verso il titolo), degli “accoppiamenti” favorevoli con gli avversari e gli infortuni che hanno accorciato le rotazioni della squadra di Buscaglia. Ma il Banco di Sardegna, che ha potenzialità notevoli, è stato spesso inconsistente soprattutto in trasferta (e non ha il fattore campo) e nei momenti decisivi: ha una grande occasione per conquistare la semifinale anche se poi, quest’anno, non è mai riuscita a competere davvero con Milano. Ma questo si vedrà. I playoff n.40 partono con una sola favorita e cercano chi potrà regalarci una finale degna di questo nome. Speriamo che in giro sia rimasta un po’ di sana ambizione: non ne posso più di sentire allenatori, giocatori e dirigenti che, dopo una sconfitta evitabile, dichiarano di essere molto orgogliosi della stagione disputata. Quelli di una volta erano incazzati neri.

Luca Chiabotti

Tags: Basket, Luca Chiabotti, ma chi sarà il suo LeBron?, Milano come Cleveland, Pallacanestro

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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