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Tennis

Federer-record: finale n. 11 a Wimbledon verso l’ottavo urrà. Quanto amore c’è fra il tennis e lui…

Da Vincenzo Martucci 15/07/2017

Roger doma un ottimo Berdych senza brillare, ma facendo le cose giuste al momento giusto. Nervoso, per la nuova occasione sul Centre Court, è accompagnato dalla gente con enorme passione e affetto. Ma l’ultimo ostacolo gli fa paura!

 Rieccolo, riabbracciamolo, riapplaudiamolo in finale a Wimbledon, la numero 11 (più di nessuno mai negli Slam), vicinissimo all’ottavo titolo, e quindi all’ennesimo record – da solo, nell’albo d’oro del torneo sportivo più famoso – per perfezionare il primato di 18 Majors. Se la vittoria è la sensazione più bella, la vittoria nella vittoria dev’essere stupenda, impareggiabile. E Roger Federer, mentre impone pian piano il bavaglio al potente Tomas Beredych e si aggiudica la semifinale ai Championships 2017 per 7-6 7-6 6-4, è così vicino a viverle entrambe che non può essere rilassato come negli altri giorni. Nemmeno lui che è un dio del tennis, e fa tutto con una facilità disarmamte. Perciò, stranamente, borbotta continuamente nel suo idioma natio, svizzero-tedesco, scuote la testa come un puledro che non sopporta le briglie, ributta di là del campo più Slazenger che mai ai raccattapalle dopo i punti, qualcuna addirittura la scalcia, qualcun’altra la alza a campanile. Il giudice di sedia, l’avversario, la folla, il mondo davanti alla tv sgranano gli occhi stupito: è la pressione bellezza, è la tensione di un quasi 36enne che molti davano finito già tre-quattro anni fa e che appena un anno fa, con un ginocchio dolorante, temeva davvero, dentro di sé “di aver più l’onore di giocare sul Centre Court”. E’ il nervosismo giusto, dice lui: “Perché vuol dire che ci tengo tanto, devo essere così, altrimenti sarebbe una orribile sensazione”.

   Contro Berdyc, Roger non è nemmeno in grande giornata, o almeno non lo è con continuità. Si distrae un po’ sul 4-2 del primo set che chiude al tie-break, non trova la quinta e la sesta marcia per sprintare nel secondo, ricorre ancora al tie-break, dove approfitta di un paio di regali del gigante ceco. Che è sempre bravo, bravissimo, coi colpi puliti, il repertorio completo, la tecnica e la potenza da ottimo giocatore, ma non possiede quel quid che dà le stimmate al campione. Quello che invece Roger mostra ancorata volta al mondo sul 2-3 quando cancella tre palle-break tutte con un ace centrale col quale simbolicamente, centrando in pieno le righe che si intersecano in mezzo al campo, mette una croce sulle speranze di Berdych. Per poi volar via con un passante di dritto di polso impossibile per chiunque altri e auto-promuoversi alla finale di domenica contro Marin Cilic.

“Sono in fiducia, resto calmo nel momento-chiave, lo so, lo vedo dai due tie-break che ho appena vinto, dalle palle-break che ho salvato, posso giocare meglio, ma con questo spirito posso girare le cose dalla mia parte”, dice Il Magnifico. Sapendo che l’ultimo ostacolo che lo separa dal sogno più bello non sarà facile. Così come non è stato facile il suo tabellone, compreso Berdych, che davvero, stavolta, non può rimproverarsi alcunché. Roger è 6-1 nei testa a testa contro Cilic che picchia duro, sempre, ma quell’unica sconfitta nella semifinali degli Us Open 2014 ancor gli brucia (“Mi impressionò veramente per come giocò e per la fiducia che aveva”), e la rimonta da due set a zero sotto che gli riuscì contro il gigante croato nei quarti dell’anno scorso qui a Wimbledon gli fa ancora paura, insieme ai tre match port che salvò al quarto set.

Ma Wimbledon è il suo giardino di casa, come lo è stato per Becker e per Sampras, e tutto gli sembra più facile. Infatti, per lui, sono stati piuttosto i primi 3-4 mesi “come un sogno, un po’ irreale”, cioè vincere Australian Open, Indian Wells e Miami. “Non potevo credere vdi poter sostenere quel livello dopo sei mesi di stop per il ginocchio”. Tutto era programmato “in funzione di Wimbledon, pesereste in buone condizioni proprio qui”. Eccoci, riabbracciamolo con affetto e devozione, come fa il Centre Court a ogni colpo, accompagnandolo con “Ohhh” di sorpresa e di amore.

Vincenzo Martucci

Tags: Federer-record: finale n. 12 a Wimbledon verso l’ottavo urrà. Quanto amore c’è fra il tennis e lui…, tennis, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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